Per quanto mi riguarda, è il mio libro dell’anno.
RISVOLTO: Nel 1839 un’armata britannica di quasi ventimila uomini invade l’Afghanistan per insediare sul trono del paese un sovrano fantoccio, Shah Shuja, e contrastare così la temuta espansione russa in Asia Centrale: è l’inizio del Grande Gioco, la sanguinosa partita a scacchi tra potenze coloniali europee per il controllo della regione, immortalata da Kipling in Kim. Ma è anche il primo fallimentare coinvolgimento militare dell’Occidente in Afghanistan. Meno di tre anni dopo, il jihad delle tribù afghane guidate dal re spodestato, Dost Mohammad, costringe gli inglesi a una caotica ritirata invernale attraverso i gelidi passi dell’Hindu Kush. Soltanto una manciata di uomini e donne sopravvivrà al freddo, alla fame, e ai micidiali jezail afghani. L’impero più potente al mondo era stato umiliato. Dalrymple racconta una vicenda insieme drammatica e farsesca, popolata di personaggi affascinanti e crudeli, incompetenti e geniali, eroici e boriosi. E la racconta in maniera trascinante, senza tuttavia farci mai dimenticare quanto quegli eventi – le antiche rivalità tribali sullo sfondo di territori inaccessibili e inospitali, gli errori strategici che portarono al massacro dell’armata britannica – risuonino, ancora oggi, come un monito.
Questo fu il primo tentativo significativo da parte “Occidentale” (escludendo la spedizione di Alessandro Magno) di controllare, manipolare e stabilizzare l’eterogeneo, mutevole e instabile territorio afghano e, come quelli che lo seguiranno si concluse con un bilancio fortemente negativo e più precisamente, in quel caso, in un completo disastro politico e militare che portò al completo annientamento del corpo di spedizione britannico ed incrinò pesantemente l’immagine “vincente” della Compagnia delle Indie. Fu anche il primo vero terreno di confronto del “Grande Gioco” che lungamente contrappose gli interessi dell’impero russo a quello britannico.
L’autore scrive questo libro nel periodo dell’ultima invasione dell’Afghanistan, l’intento è anche dimostrare quanto i fallimenti recenti di Russia e forze occidentali non aggiungono niente di nuovo a quello che la storia ci aveva già tramandato. Il suo obiettivo è, secondo me, perfettamente riuscito e senza sforzo ci verrà naturale fare paragoni con l’epoca contemporanea più o meno recente.
Il libro è scritto in una forma eccellente, quasi da sembrare un romanzo più che un saggio storico, le citazioni si alternano al racconto, integrandolo in modo da far cadere il lettore in un viaggio spazio temporale.
Roberto Sensidoni