joe baker
Avevo letto “Ai piani bassi” per prepararmi alla visione di Downton Abbey, serie di cui poi mi sono innammorata perdutamente e irrevocabilmente e Ai piani bassi racconta la vita della servitù nella magione che poi sarebbe diventata in tv Downton. Bè vabbè eqquindi?
Eqquindi questo Longbourn House anche racconta le condizioni di vita della servitù di una casa molto più piccola della summenzionata Downton ma paradossalmente ancor più amata, adorata, venerata, oserei dire.
La casa in questione si chiama come il titolo del romanzo e… vi dice qualcosa? E’ abitata da una certa famiglia…BENNET…
E perciò sta Jo (che nome evocativo, peraltro…) cusa l’è che fa? Lei ci descrive la vita dei domestici della casa, nell’arco temporale in cui in QUELL’ALTRO ROMANZO (quello che abbiamo letto circa millantamilioni di volte e di cui abbiamo visto riduzioni cinematografiche, serie tv, di cui abbiamo anche quel tot di gadget e inzomma su, chevvelodicoaffà???) si svolge e nel tempo in cui gli stranoti, amatissimi avvenimenti accadono, sfiorandoli con grazia.
Noi SAPPIAMO tutto ciò che avviene ai piani nobili della casa, incontriamo Mr. e Mrs. Bennet, le sorelle, incrociamo anche tutti gli altri personaggi ma di striscio, di sguincio. Perchè qua i protagonisti sono i servi. La governante Mrs Hill e suo marito, le due servette Sarah e Polly (il suo nome vero è Mary, ma capirete, di Mary ce n’è già una in casa…), il valletto James. Noi, qua, teniamo i padroni sullo sfondo, pur conoscendoli mooooolto a fondo, e prepariamo pranzi, colazioni, cene, facciamo bucati, puliamo pavimenti, strigliamo cavalli, conduciamo carrozze, prepariamo il sapone, prendiamo l’acqua al pozzo, facciamo commissioni (noi andiamo a comprare i nastri per le sorelle, e le rose per le scarpe), noi perlopiù qua ci si fa un culo (oddio, si può dire culo?) che metà basta. Non lasciamoci fuorviare dal CAPOLAVORO ASSOLUTO (no, non grido, enfatizzo soltanto) e non compariamolo nella maniera più assoluta. Pensiamo soltanto che lo sfondo lo conosciamo e adoriamo e immergiamoci nelle storie di Mr & Mrs Hill, Sarah, James, Polly. Storie che camminano benissimo su questo sfondo, con le loro gambette. Facciamo il morto a galla e lasciamoci trasportare dalla corrente di queste vicende. Ci sballottolano dolcemente, ci fanno vedere il cielo, il mare, la spiaggia da un altro punto di vista, e non ci spaventiamo e non sputiamo acqua salata pensando all'”altro Tomo”. No, guardiamo quel paesaggio, quella campagna, quelle nebbie, quei crochi, quei cavalli, quelle trine, quei nastri, quei cappellini con altri occhi, viviamo la fatica (taaaanta) e le (poche) speranze, insediamoci per un po’ nella testa e nei cuori di Sarah, di Polly serva bambina e degli altri, e questo Longbourn House non ci deluderà e anzi ci garberà assai.
“If Elizabeth Bennet had the washing of her own petticoats, Sarah often thought, she’d most likely be a sight more careful with them”
(ho fatto la strafigacciona ma mica l’ho letto in original, madechè…)
Lazzìa

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