L’ablazione – Tahar Ben Jelloun #recensione #TaharBenJelloun

Nato nel Marocco francesce nel 1944, Tahar Ben Jelloun trascorre l’adolescenza a Tangeri e a Rabat completa i suoi studi filosofici dedicandosi poi all’insegnamento. A causa dell’”arabizzazione delle docenze”, è costretto a emigrare a Parigi dove consegue il dottorato in Psichiatria Sociale. Autore di numerosi libri, vince nel 1987 il Premio Goncourt con “La notte fatale”, edito in Italia da Einaudi.
“L’ablazione” pubblicato nel 2014 da Bompiani, è un lungo viaggio all’interno dell’intimità di un uomo che sta per subire una prostatectomia radicale a causa di un cancro che non può essere combattuto altrimenti.

“Devo continuare a vivere e riuscire non pensare più a ciò che mi manca. Fare in modo che questo senso di mancanza sparisca per sempre. Il tempo sarà mio amico, mio compagno. Io sarò clemente con lui. Mi resterà la memoria, piena di buchi e di immagini, tessuta di un ordito solido e fragile, elastico e vago, fatto in gran parte di oblio.”

E’ comune dire che quando si perde qualcosa, se ne acquisisce un’altra, perché quello spazio non può rimanere vuoto. Spesso ce lo diciamo per trovare consolazione.
Ma forse dietro quel conforto c’è la presa di coscienza definitiva di cosa significhi per noi quello che ora non è più, e l’accettazione del tempo che passa, e di essere noi legati al tempo/mutamento indissolubilmente.
Questo è il tema principale de L’ablazione.
Un professore di matematica, quasi sessantenne, scopre di avere un cancro alla prostata, di doversi sottoporre alla sua asportazione per continuare a vivere, e che una delle conseguenza è che probabilmente la sua vita sessuale finisce qui.

“ Ablazione, s.f- Asportazione chirurgica parziale o completa di un organo… Togliere, tirar fuori, al fine di eliminare la malignità del male, curare e godere delle conseguenze. Dopo sarò un uomo senza qualcosa. Un uomo un po’, un pochino ridotto.”

Lui, seduttore impenitente, si trova costretto a cercare di capire cosa significasse per lui il sesso, la sua virilità, con la quale si è sempre identificato totalmente.
Si trova a dover capire che significato attribuire alla vita, ora che i ricordi sono motivo di dolore, e di confronto con una vita che non gli sembra più valga la pena di vivere.
Ed ecco che la perdita (=ablazione) diventa un motivo di ricerca di una nuova identità che saprà esprimere se stessa in altro modo.
Anche qui, come in altri libri letti ultimamente, ritrovo il senso del limite e l’accettazione di esso.
Il linguaggio è senza filtri, colmo di informazioni cliniche, diretto e sincero, ma non vittimistico. Ci porta a mettere a nudo anche la nostra anima, con tutti i limiti carnali e spirituali, l’onnipotenza che viene sostituita dal senso di finitezza.

Un libro di grande spessore psicologico, un tema delicatissimo affrontato con alto stile letterario, un lungo sentiero doloroso che conduce al feroce scontro con la malattia per riappropriarsi della vita perché, anche perdendo una parte importante di sé, la vita è sempre vita, diversa certo, ma vita: irrinunciabile, primaria, sempre degna di essere vissuta in ogni sua forma.

Egle Spanò

Rachel Joyce – L’Imprevedibile Viaggio di Harold Fry #RachelJoyce

“Non finisco mai di stupirmi di quanto siano difficili le cose che in realtà dovrebbero risultare naturali.” Si inumidì il labbro inferiore con la lingua, in attesa di trovare altre parole. “Mangiare, per esempio” aggiunse. “C’è gente che ha reali difficoltà a farlo. E parlare, anche. Persino amare. Possono essere tutte cose difficili.” Non guardava Harold, ma il giardino.

“Dormire” continuò lui. Lei si voltò. “Lei non dorme?” “Non sempre”.

LIMP

Harold Fry è da poco andato in pensione quando riceve la lettera di una vecchia collega che gli annuncia di avere un cancro allo stadio terminale. Harold Fry non è molto bravo ad esternare i propri sentimenti, è molto british in questo e d’acchito scrive un breve messaggio di risposta e si reca ad imbucarlo. Il breve cammino inizia a farlo pensare, così decide di andare alla buca successiva, poi all’ufficio postale, dopodichè decide semplicemente che la cosa migliore è camminare fino alla casa di cura…a 800km da casa sua.
Un road book piuttosto insolito, Harold nel suo viaggio incontrerà diverse umanità che gli daranno la forza di continuare e che lo incoraggeranno a non mollare per una volta nella sua vita. Mi è piaciuto molto, anche se inizialmente pensavo fosse un po’ più ironico e divertente invece è fondamentalmente una storia triste.

Massimo Arena

DESCRIZIONE

Quando viene a sapere che una vecchia amica sta morendo in un paesino ai confini con la Scozia, Harold Fry, tranquillo pensionato inglese, esce di casa per spedirle una lettera. Ma poi, arrivato alla prima buca, comincia a camminare. Forse perché ha con la sua amica un antico debito di riconoscenza, o forse perché la vita non è stata gentile con lui, Harold cammina, incurante della stanchezza e delle scarpe troppo leggere. Ha deciso: finché lui camminerà, la sua amica continuerà a vivere. Inizia così per Harold un imprevedibile viaggio dal sud al nord dell’Inghilterra, ma anche dentro se stesso: mille chilometri di strada e di incontri con tante persone, che Harold illuminerà con la forza del suo ottimismo. Finalista al Booker Prize, un romanzo toccante e commovente che ha scalato le classifiche in Italia, Inghilterra, Stati Uniti e Germania. La più bella celebrazione dell’amicizia, dell’amore e dei sogni che vi capiterà di leggere per molto, molto tempo.

limprevedibile-viaggio-di-harold-fry_cronacaqui-08112012_scacc