Il terzo tempo – Lidia Ravera #lidiaravera #recensione #terzotempo

“Quando si è giovani, si è giovani, più o meno, tutti allo stesso modo. Vecchi, se si resta in vita abbastanza, lo si diventa ognuno a modo suo.”

Anno edizione:2017

Parafrasando il mitico incipit di Anna Karenina, Lidia Ravera, scrittrice-combattente dei ruggenti anni ’70, introduce la sua eroina Costanza alle prese con l’ingresso nel Terzo Tempo, che tutti ci coglie se abbiamo la fortuna di arrivarci. Ma come ci si arriva ? Da negazionisti ? La vecchiaia non esiste, basta ignorarla! Da nostalgici del passato? ah, ai miei tempi! Che idee, che valori, che azioni… E poi i revisionisti del presente, quelli che … gli anni sono quelli che si sentono dentro, nel cuore. E ancora i partigiani del rimpianto, inaciditi dalle sconfitte e dalle frustrazioni per le rinunce fatte.
La Ravera, la mitica Antonia che assieme al compagno Marco Lombardo Radice (Rocco) scrisse nel 1976 il best-seller socio-sessual-politico “Porci con le ali” che divenne fenomeno di costume e bandiera della ribellione giovanile al perbenismo borghese sussistente anche dopo il ’68, ha scritto ora un bel romanzo, non un capolavoro, ma ben espresso e interessante, che costituisce il controcanto di quel pamphlet ribelle.
In breve: la protagonista eredita da un padre antifascista e comunista “duro e puro” un pezzo di convento nello splendido borgo di Civita di Bagnoregio e, alle prese con una crisi di passaggio generazionale superati i sessant’anni, si immagina un possibile utilizzo intelligente del sito come ricovero amicale dei vecchi compagni della comune milanese da lei frequentata diciannovenne in fuga dalla famiglia opprimente. Non una idea particolarmente originale: molti sul viale del tramonto immaginano di stare con vecchi amici, allargare una famiglia che intanto non c’è più, recuperare vecchie sintonie, affinità, emozioni.
Il recupero di un passato che non può mai tornare, nella vita di Costanza si sviluppa intrecciandosi al rapporto con il figlio ormai adulto, e soprattutto con il marito Domenico, da cui lei si separa alla morte del padre.
Credibili e interessanti tutti gli attori dello psicodramma del reincontro, anche perché l’autrice ha fatto personalmente quelle esperienze giovanili rievocate vivacemente nei dialoghi e nei giudizi, anche pungenti, che vengono riservati a quei tempi acerbi e immaturi, ma tanto importanti e di crescita per quella generazione. E il ritratto più lusinghiero è riservato proprio al marito così diverso e distante da quei ragazzi non cresciuti mai definitivamente a cui l’autrice riserva molta tenerezza ma anche la giusta severità di giudizio.

Gli aggettivi usati per descrivere le donne, spesso, ricordano quelli riferiti agli ortaggi: si è ‘fresca’, ‘appassita’, ‘fertile’, ‘sterile’… Le persone invecchiando e acquisendo esperienza diventano più utili anche nella relazione, ma questo sembra valere solo per gli uomini, il cui fascino aumenta con l’età”.

Lidia Ravera

Il Terzo Tempo è anche un blog gestito dall’autrice, che “Aiuta ad invecchiare senza essere vecchi“:

(Insieme ad altro, naturalmente: consigli, decaloghi, rimedi materiali, disposizioni morali, segnalazioni culturali – libri e non solo –, denunce – il razzismo antietà va perseguito –, aneddoti, incontri, scontri, polemiche intergenerazionali, diete mentali e alimentari, trucchi psicologici e strategici, tattiche personali o generali eccetera eccetera eccetera)

A chi mi rivolgo?
Non soltanto ai baby boomers (i nati fra il 1946 e il 1964) che sono i miei fratelli e le mie sorelle.
Anche ai loro figli e nipoti.
E ai TQ ( trenta/quarantenni), così spaventati dall’idea di non essere più, neppure loro, ragazzini. E, perché no, ai millennials, così intelligenti così sfuggenti…

Sì, l’idea è parlare a tutte le generazioni.

Dietro la paura della vecchiaia, c’è la negazione della mortalità.
Ti può colpire come un fulmine anche a sei anni.
(a me è successo)

Renato Graziano

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Storia di un corpo – Daniel Pennac #DanielPennac #recensione

La nostra voce è la musica che fa il vento quando ci attraversa il corpo. (Be’, quando non esce da sotto.)

Spesso è difficile per un autore distaccarsi dai personaggi di una saga che ha avuto tanto successo e che è stata tanto amata ma qui Pennac ci è riuscito con risultati estremamente positivi.
Con uno stile più sobrio rispetto a quello utilizzato nella saga di Malaussene, ma sempre caratterizzato da un misto di delicata poesia e feroce ironia, l’autore riporta parte dei diari scritti lungo l’arco di una vita da un notabile della vita parigina, dalla pre-adolescenza, negli anni ’30, fino alla vecchiaia, negli anni ’10 del terzo millennio.


La cosa curiosa è che non si tratta di normali diari, l’autore di questi non era interessato a raccontare gli eventi e le emozioni provate durante le sue giornate. All’autore interessava analizzare le risposte del proprio corpo (ma occasionalmente anche degli altrui corpi) rispetto ai quotidiani stimoli che esso riceveva. Descrivere le reazioni del proprio corpo per poi descrivere la propria vita. Un diario che può essere il diario di chiunque con le goie, le paure, i dolori e la tristezza che suscita la malattia e la vecchiaia. Ovviamente, da questi racconti si viene a conoscere anche la storia di questo ragazzo, poi diventato adulto, sposato, i figli, i nipoti, gli amici, etc…

Pennac ci lascia in balìa di un racconto, di una storia, di un corpo che un giorno potrebbe essere il nostro, un poco di tristezza ma ci fornisce un efficace antidoto, che troviamo nelle ultime parole della più cara amica del protagonista, Fanché:
‘Non fare quella faccia, petardo, lo sai che prima o poi si finisce tutti nella maggioranza.” E anche: che senso dare ad una realtà che ha per tutti una data di scadenza?
La risposta è forse racchiusa nelle parole di tenerezza che il protagonista rivolge alla figlia, a cui il diario è affidato: “Oh! Mia Lison! La felicità senza alcun altro motivo che la felicità di esistere”.
Bello, consigliato a chi già apprezza Pennac ma anche a chi ancora non ha letto nulla di suo.

Massimo Arena