La decima carta – Davide De Lucca #DavideDeLucca #Digressionieditore

Una “parabola Verdone-Morandi-Black Mirror” dice l’introduzione alla storia di Fabio Galli, conduttore televisivo degli anni 90, la cui vita di successi ed eccessi è improvvisamente agitata da alcuni scandali. Lasciato dalla famiglia, senza veri amici, compie vendette puerili, cerca riscatto con un film e fabbrica un caso giornalistico. Intanto, un bambino che lo imita e lo idolatra, provoca un incidente. Ironico, sarcastico e spietato, ricco di trovate comiche, con un protagonista bugiardo ed egoista, “La decima carta” è una farsa sul mondo dello spettacolo con le sue distorsioni e illusioni.

Siamo nel 1992 e La decima carta è il titolo di uno dei programmi di punta, un quiz, della televisione italiana. Fabio Galli, il conduttore, è un idolo del pubblico e, seppur in epoca pre social, ha tanti fans che lo fermano ovunque e a cui dedica, svogliatamente, poca attenzione. In realtà dedica poca attenzione a chiunque, moglie, figlio e amante compresi, attento esclusivamente a se stesso e alle proprie voglie, alcool, droghe, sesso e puerili vendette nei confronti di chi può offuscare la sua luce. Ha raramente momenti di rivelazione sull’inutilità della sua vita, ma passano in fretta. Finchè non arriva l’inevitabile inciampo che lo scaraventa nel fango e che potrebbe essere la sua salvezza. Parallelamente, Matteo un giovanissimo fan di Galli cerca di seguire le sue orme e, soprattutto, di incontrarlo.

Fabio Galli è un personaggio inventato ma la sua storia è abbastanza verosimile, come assolutamente reale è il contesto storico in cui si svolge. Piacevole la scrittura e interessante lo svolgimento, anche se inevitabilmente ci sono dei richiami, reali, letterari e cinematografici. Il mio primo incontro con una giovane casa editrice indipendente che avrà sicuramente un seguito.

Rosangela Usai

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The dirt – Mötley Crüe. Confessioni della band più oltraggiosa del rock – Neil Strauss #MotleyCrue #Rock

Sesso, droga e rock ‘n’ roll. Forse i Motley Crue non hanno fatto tutte e tre le cose meglio di altri, ma di sicuro le hanno fatte più di tutti gli altri.

Riletto in vista del film (attualmente in lavorazione) prodotto da Netflix e ispirato a questa fortunatissima autobiografia.
Niente di così eccezionale ma è una lettura frizzante e per nulla autoindulgente, che spinge alla curiosità morbosa: uno sguardo dalla serratura nelle vite drogate, degradate, eccessive e completamente caotiche di 4 ragazzi che una trentina di anni fa erano delle rockstar planetarie suonando, come ha sempre proclamato Nikki Sixx, “musica da idioti”.

Questo è quello che mi è sempre piaciuto dei Crue: non si sono mai presi sul serio. Un buon bassista (Nikki Sixx), un discreto batterista (Tommy Lee), un ottimo chitarrista (Mick Mars) e un cantante al limite dell’ascoltabile (Vince Neil). Ma, incredibilmente, questa combinazione avvia la scintilla per un successo di proporzioni immense, dando addirittura il via a una vera e propria scena (lo Street Metal o Glam Metal della Hollywood anni 80). The dirt, con uno stile diretto e piuttosto brillante, ci catapulta nella vita della band attraverso interviste, ricordi e fotografie, un vero e proprio trip di più di 400 pagine, narrandoci la storia di quattro giovanotti che, un po’ per caso, un po’ per fortuna, un po’ per le vie misteriose del destino, hanno dato vita a un grosso capitolo della storia musicale.
Ma, come spesso capita, è capitato, e capiterà, il successo è la scintilla che fa deflagrare le dipendenze insite dei nostri: cocaina, alcool, eroina, pastiglie, crack, e via così di deriva in deriva.
Nikki Sixx è quello messo peggio e infatti il culmine della narrazione è senza dubbio la cronaca della propria morte: infatti il 23 dicembre dell’87 Nikki Sixx fu dichiarato morto per overdose per circa due/tre minuti, salvo poi tornare nell’aldiqua, congedarsi da ospedale e medici, tornare a casa e farsi un’altra pera.
Poi dai vari rehab si passa alle mogli fighe e succhiasoldi: Pamela Anderson, Donna D’Errico, Heather Locklear e via dicendo, ma questo è il passaggio meno interessante.
Il libro contiene anche momenti abbastanza duri: su tutti la cronaca, cruda e umanissima, della malattia e poi della morte della figlia di 4 anni di Vince Neil, un pugno in faccia e un evento che comunque non è mai stato superato nè metabolizzato dal frontman.

Un libro intenso e coinvolgente, schietto e senza panegirici, che non ha parti noiose, e che può divertire anche chi non si interessa particolarmente di Rock e relative band.
In ogni caso: io i dischi dei Crue me li sono sempre ascoltati alla grande (anzi, dr.feelgood fu uno dei primi miei in assoluto), il libro merita e il film che uscirà su Netflix sarà da guardare per forza.

Alessandro Dalla Cort