Numero Primo è il nome scelto per sé da uno strano bambino, che irrompe nella vita di Ettore, fotoreporter di guerra che a quasi sessant’anni si ritrova a fargli da padre. È stato desiderato e pensato da una madre scienziata, ma concepito e messo al mondo da un’intelligenza artificiale avanzatissima, tanto da aver sviluppato una coscienza. Non è una creatura uguale alle altre, non conosce quasi niente, tutto gli appare nuovo, bello; possiede il dono di trovare la magia nelle cose piú comuni e, quando non la trova, di crearla. Ettore e Numero sono costretti a fuggire e a nascondersi, perchè la particolarità del bambino fa gola a molti. Ad aiutarli, una folla di personaggi bizzarri: scienziati rasta in grado di salvare Venezia dall’acqua alta, parcheggiatori abusivi che gestiscono nuove forme di ospitalità diffusa, commercianti sardo-cinesi, giostrai con il cuore grande e una lunga storia di resistenza.
«La tecnologia è un campionario di magie quotidiane e noi siamo sempre più stupiti, come fossimo nel paese dei balocchi». Così Marco Paolini inizia la riflessione sul suo nuovo spettacolo «Le avventure di Numero Primo» scritto (così come il libro omonimo edito da Einaudi) dallo stesso Paolini insieme a Gianfranco Bettin.
Un romanzo distopico
Un romanzo saggio a tesi
Un romanzo on the road
Un romanzo su padre e figlio
Un romanzo di fantascienza
Un romanzo per ragazzi
Un romanzo per adulti.
Troppi generi? Forse.
Ma la storia di Nicola Numero primo prende, eccome. Il piccolo immenso campione di empatia, che sbuca da una grotta del Sorapiss per incantarci e farci riflettere ed emozionare, è un personaggio indimenticabile.
La voce ci porta per un Veneto dei nostri incubi, e ci fa vedere come potrebbe essere, come forse è già. E si sente l’angoscia di Paolini, uomo dei monti, che teme per la sua terra e per la Terra, e ci consegna materiale su cui pensare. Forse troppo. Forse l’ultima parte, con quel lungo flash back, è squilibrata rispetto alla suspense precedente.
Ma, in mezzo a tanti romanzetti ombelicali, questa storia vola alta, e ci fa respirare.
Non esiste un’ecologia del mondo artificiale che stiamo costruendo e che tanta parte occupa della nostra vita. Tutti, tranne Trump, abbiamo capito che dobbiamo darci dei limiti per la salute del pianeta, ma non ne poniamo agli orizzonti tecnologici: siamo troppo affascinati dalle grandi possibilità che essi ci prospettano. Non voglio sembrare apocalittico: solo vorrei dare un peso al presente nel decidere il futuro.
Lalab Bianchi