*Un libro con un mestiere nel titolo
“Solo dopo aver indugiato a lungo in quello stato di euforia, riuscii finalmente a guardarmi indietro e a riconoscere quanto fosse stata desolata un tempo la mia esistenza. Non credo che nessuno di noi possa parlare del dolore finché non ne è fuori. Sono sicura che in caso contrario non avrei mai raccontato la mia storia.”
Sontuoso quadro d’epoca giapponese a cavallo della seconda guerra mondiale, Memorie di una geisha è un libro famosissimo che racconta piacevolmente e in modo armonico la storia e la vera natura delle geishe giapponesi, dipinte e narrate come “opere d’arte in movimento”.
La geisha è un’artista del mondo che fluttua: canta, danza, vi intrattiene; tutto quello che volete. Il resto è ombra. Il resto è silenzio.
So quanto sia stato contraddittorio e provocatorio questo romanzo e le storie che la stampa ha romanzato dietro gli alterchi legali dell’autore nei confronti della donna che ha ispirato le vicende qui narrate. Devo dire che in questo caso hanno poca importanza questi rumori di fondo, perché alla fine quello che conta è l’incantevole storia che viene narrata. La voce di Chiyo accompagna i miei pensieri lungo tutto il racconto, calma e paziente come l’acqua che scorre. L’intreccio è fluido e in parte è merito della maestria di Golden e in parte della strabiliante storia con cui Chiyo si presenta ed evolve nel corso della narrazione, che ha una straordinaria forza espressiva. Golden ha la capacità incredibile di evocare un mondo che è per la maggioranza di noi occidentali sconosciuto, incredibilmente affascinante nel suo mistero, entro il quale figure leggendarie e fuori del tempo come le Geishe si muovono leggiadre, i volti pallidi e l’andatura sensuale, custodi di una civiltà millenaria.
È proprio un buon romanzo per la sua qualità principale: quando narra la sua storia, Chiyo viene a fare letteralmente compagnia al lettore, intrattiene e tiene sospesi pagina dopo pagina, come sempre svolgendo il suo compito di geisha, cantando, danzando e raccontando il mondo.
“Il rimpianto è un tipo di dolore molto particolare; di fronte a esso siamo impotenti. E’ come una finestra che si apra di sua iniziativa: la stanza diventa gelida e noi non possiamo fare altro che rabbrividire.
Ma ogni volta si apre sempre un po’ meno, finché non arriva il giorno in cui ci chiediamo che fine abbia fatto”.
Un romanzo che resta sotto la pelle.
Stefano Lilliu