Ottavio di Saint-Vincent – Tommaso Landolfi #TommasoLandolfi #recensione

“Si può anche, sissignori, voler perdere, lo scopro ora; non per disperazione, per brutale desiderio del proprio male o di male, ma quasi quasi a ragion veduta. Poiché invero tra il tutto o perfino il qualcosa e il nulla è sempre meglio il nulla, così come tra il fare e il non fare, questo la vince in opportunità. Il nulla non è soltanto meno impegnativo, esso è una condizione naturale, anzi la condizione naturale per eccellenza; la realtà certo non è fatta di tutto, se mai piuttosto di nulla, e se ne potrebbe giungere a dire che il nulla è lo stato naturale del tutto…”

 

Ottavio di Saint-Vincent – Tommaso Landolfi

Ah, che sguardo lucido che ha quest’uomo! E che giocoliere delle parole e della narrazione!
I suoi personaggi non sono per niente accattivanti; si tormentano nel dubbio di aver trovato le parole esatte per esprimere quel vuoto esistenziale e quella nascosta speranza di vivere… ancora solo per un giorno, quello in cui potrebbe accadere qualcosa.
Landolfi destruttura la vita quotidiana e la trasforma in una fiaba la cui inverosimiglianza la rende ancor più vera della realtà.
D’altronde credo sia l’unico modo che abbia trovato possibile, da scrittore che dice di odiare la scrittura, quello di scrivere senza ingannare il lettore.
La schizofrenia che abita i suoi personaggi ci conduce a visitare i “fantasmi” della nostra vita e a rendere ancora più vivo il palcoscenico delle nostre azioni.

“Ah, come non vedete che noi tutti veniamo dalla stessa noia e andiamo verso lo stesso nulla?”

Ottavio è un poeta a corto di denaro e decisamente annoiato dalla vita, che si presta a un gioco beffardo, volto ad esaudire il desiderio di una duchessa che vorrebbe adottare un “barbone” ed esibirlo a palazzo come intrattenimento per lo spasso degli altri aristocratici.
Il poeta entra senza fatica nella parte del marito della duchessa, beffa alla quale si prestano anche alcuni suoi ospiti, tre dei quali interessati alla signora, per amore o per convenienza.
La falsità e la noia di quell’ambiente non tarderanno a manifestarsi, e Ottavio tornerà a sperare, come un tempo, di avere solo un altro giorno in cui potrà sfamarsi nell’ebrezza di una baldoria serale.
Il racconto assomiglia molto ad un gioco d’azzardo, di cui si parla ampiamente nel libro con insofferenza, insieme alla condizione della miseria. Un gioco in cui le vincite iniziali diventano motivo di momentanea gioia per poi rivelarsi effimere, un gioco che assomiglia alla vita.

“Parigi taceva, a quell’ora notturna. Un giovane veniva innanzi passo passo per una strada qualunque, soffermandosi ogni poco.
‘Ahimè,’ pensava il giovane Ottavio di Saint-Vincent ‘ahimè che io son davvero giunto allo stremo: è tempo di prendere una decisione. Bravo, e quale? Porre fine ai propri giorni o, dicendolo più volgarmente, uccidersi? Eh sì, uccidersi, oppure…Non c’è oppure che tenga, o almeno nessun oppure è da prendere in considerazione. Diavolo, uccidersi nel fiore dell’età, punto sgraziato della persona e neanche, al postutto, sciocco più del necessario? Uccidersi ancora così ricco di speranze? Ah no, ecco dove il tristo esercizio della poesia d’occasione mi tradisce: le speranze sono in vece cadute ad una ad una fino all’ultima. E non dimeno pare io sia tale che, se anche tutte le speranze mi abbandonano, mi rimanga pur sempre la speranza. Insomma, senza voler dibattere di questo punto, uccidermi non mi andrebbe; ma mi si mostri un’altra soluzione. Ah, se soltanto potessi… se soltanto qualcuno o qualcosa… Ma a che serva fantasticare? “

Egle Spanò

Le cose che non facciamo – Andrés Neuman #AndresNeuman

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Per chi ama i racconti, e chi è aperto anche al surreale.
Andrés Neuman, argentino, classe 1977. Direi un mago dei racconti brevi, anzi i racconti flash. Spesso sono lunghi una mezza pagina. Inizio e fine in un lampo. In pochi paragrafi ci si parano innanzi personaggi di ogni tipo, mariti e mogli, amanti, poeti, aspiranti suicidi, genitori e figli, l’attimo iniziale e quello finale di una vita.
I temi universali, che Neuman affronta con diverse maniere, con il surreale, l’ironia, la poesia, con la crudezza ma anche con una grande umanità, descrivendo sentimenti che sono comuni a tutti noi.
E spesso è un lampo di genio. Non tutti i racconti sono allo stesso livello, ma ce ne sono di straordinari.
A volte sono puri esperimenti letterari, ghirighori divertenti. A volte sono fotografie rubate, attimi, frammenti, ma precisissimi. A volte divertentissimi, ironici, come il primo racconto, spettacolare.
Descrizione di rapporti umani, dei rapporti di coppia, molto spesso. La felicità, sempre cercata, la tensione, la ricerca del rapporto ideale, la presa d’atto dell’insofferenza, del volere di più.
Una riga tracciata sulla sabbia da una donna, che vieta al compagno di oltrepassarla, fotografia dell’attimo davvero finale di un rapporto, perché è una presa d’atto senza ritorno.

“Io? Se mi contraddico? Se mi rendo conto di fare sempre gli stessi errori? Spesso. Spessissimo. Cosa credi. Tanto per cominciare, sono una stupida. E una fifona. E una rinunciataria. E fingo che potrei vivere una vita che non avrò mai. Pensandoci bene, non so cosa sia più grave: non accorgersi di cere cose o accorgersene e non fare niente. Proprio per questo, capisci, ho tirato quella riga. Sì. E’ infantile. E’ brutta e piccolina. Ed è la cosa più importante che io abbia fatto quest’estate.”

Un uomo che partorisce suo figlio, in un ininterrotto e febbrile flusso di coscienza senza interpunzioni. Difficile da leggere, ma indimenticabile.
Una coppia perfettamente speculare, e per questo condannata all’incomunicabilità. Siamo talmente uguali che non ci capiamo nemmeno quando uno lascia l’altro.
Una madre e un figlio in ospedale, nel momento che segna il distacco.
Il suicida che fallisce il suo intento.
Surreali racconti, contenenti però precise metafore, lucidissime, molte volte, sulla realtà. Quello stare in equilibrio tra irreale e irreale, tra impossibile e possibile. L’ironia non significa essere lontani dalla realtà, qui. Neuman ti colpisce all’improvviso, magari mentre stai sorridendo ti spedisce al tappeto. Specialmente quando parla d’amore. Anche se polemizza simpaticamente con Cortazar:
“E’ molto più urgente svegliare un lettore che metterlo k.o”…

Illuminazioni che durano un istante, perché, come scrive nei quattro dodecaloghi finali:

“I personaggi appaiono nel racconto come per caso, passano oltre e continuano la loro vita”

“Nel racconto, un minuto può essere eterno e l’eternità durare lo spazio di un minuto.”

“Ci sono racconti che meriterebbero di finire con un punto e virgola;”

E forse le cose più belle sono proprio quelle che non facciamo, e che non faremo:

“Mi piace che non facciamo le cose che non facciamo. Mi piacciono i nostri progetti al risveglio, quando il giorno sale sul nostro letto come un gatto di luce, e che non realizziamo perché ci alziamo tardi per esserceli immaginati tanto.(…)
Mi piacciono tutti i propositi, dichiarati e segreti, che disattendiamo insieme. È questo che preferisco della vita a due. La meraviglia aperta sull’altrove. Le cose che non facciamo.”

Musica: My Ever Changing Moods – The Style Council
https://www.youtube.com/watch?v=f9x-JlyfVRs

Carlo Mars

DESCRIZIONE

Una coppia in lite, amici che diventano amanti e al tempo stesso traditori, relazioni così armoniche e simmetriche da sembrare fasulle, la confusione che può generare la nascita di un figlio, lo smarrimento e l’impotenza di quando un genitore se ne va. Sono solo alcune delle scene dipinte dallo scrittore argentino Andrés Neuman in questa raccolta. Storie quotidiane, apparentemente semplici e infinitamente complesse come tutto ciò che è noto, dalle quali emerge, potentissima, la realtà che ci circonda. La prosa di Neuman trova nella forma racconto la sua maggiore compiutezza: questa raccolta è un vero e proprio omaggio alla brevità, che pur permette all’autore di disegnare personaggi a tutto tondo e di dar vita a un’opera di ampio respiro, onesta e mai scontata.