Tredici – Jay Asher #Tredici #Th1rteenR3asonsWhy #recensione

Tredici – Jay Asher

Editore: Mondadori
Anno edizione:2013

Cari amici, per “lavoro” ho letto questo libro perchè, dopo un articolo di Giusi Marchetta, una scrittrice-insegnante che stimo molto, mi sono convinta che sarebbe potuto essere un bel romanzo da consigliare ai miei ragazzi.
Non avevo visto la serie Netflix e – indovinate – non la vedrò. Piuttosto, faccio il milionesimo rewatch della Signora in Giallo! Evviva Jessica!
Tredici di Jay Asher, da dieci anni nella classifica dei best seller del New York Times, è una truffa. Mi dispiace dirlo, perché mi ci ero accostata senza pregiudizi, ma ho fatto una fatica enorme a finirlo e ora mi domando a chi chiedere indietro il tempo e il denaro speso. Ehi, Jay, visto che ormai sarai miliardario, ti faccio causa per due milioni di dollari!
Vorrebbe essere un libro che affronta seriamente il problema del bullismo tra adolescenti, senza edulcorare nulla, dato che fin dall’inizio sappiamo che l’odiosa Hannah Baker si è suicidata. Credo che un Harmony avrebbe personaggi più spessi e sfaccettati di questi adolescenti di provincia che hanno un lato solo, un solo carattere, come le maschere della Commedia dell’arte. C’è il sessuomane, l’invidiosa, l’angelo purissimo, lo stalker… e poi c’è lei, Hannah, che, ben lontana dal convincerci delle sue TH1RTEEN R3ASONS WHY, non riesce mai a esprimere una stilla di quel dolore, di quella rabbia, di quella disperazione necessarie a un suicida.
E le tredici ragioni sono di quanto più infantile, futile e innocuo l’autore potesse immaginare. Sembra un adulto mai stato ragazzo che cerchi di inventarsi degli adolescenti. Mi ricorda Federico Moccia, per quello che avevo letto nel defunto e rimpianto blog Le malvestite (sono andata a cercare l’articolo, ma non c’è più, sob).
Per di più, l’autore infierisce su di noi con un meccanismo narrativo veramente irritante: in corsivo le parole che Hannah ha registrato su dei nastri (!) e che poi ha inviato ai suoi nemici prima di compiere il fatale gesto, in tondo i pensieri e i dialoghi di uno dei malcapitati che li hanno ricevuti, Clay, che li ascolta tutti insieme in una lunga notte. Dunque, non esiste trama, e tutto quello che succede ce lo racconta Hannah! L’unica spiegazione che sono riuscita a darmi per questa soporifera maniera di raccontare, è che l’amico Jay Asher abbia rovesciato il famoso consiglio delle scuole di scrittura e abbia messo in pratica un suo personalissimo e unico (speriamo) “Tell, don’t show“.
Insomma, se volete leggere un vero libro sul bullismo, pieno di emozioni e di rabbia e di veri motivi per ribellarsi, rivolgetevi a Carrie di Stephen King, un libro del 1974, e non sbaglierete.

(Mi siete mancati).

Daniela Quartu

Descrizione
Clay torna da scuola e fuori dalla porta trova ad aspettarlo una pessima sorpresa: sette audiocassette numerate con dello smalto blu. Ascoltandole, scopre che a registrarle è stata Hannah, la ragazza per cui si è preso una cotta. La stessa ragazza che si è suicidata due settimane prima. Quelle cassette sono il suo modo per avere l’ultima parola sulle vicende che, secondo lei, l’hanno portata alla morte: facendole scorrere, Clay scopre che il destinatario del pacchetto deve ascoltarle e poi passarle al successivo di una lista. Nelle cassette, 13 storie: ognuna legata a una persona che ha dato ad Hannah una ragione per togliersi la vita. Seppur sconvolto, non può resistere alla tentazione di esplorare a fondo la storia che lo riguarda e, guidato dalla voce di lei, visiterà i luoghi che lei vuole mostrargli.

L’airone – Giorgio Bassani #giorgiobassani #recensione

“Come diventava stupida, ridicola, grottesca, la vita, la famosa vita…E come ci si sentiva bene, immediatamente, al solo pensiero di piantarla con tutto quel monotono su e giù di mangiare e defecare, di bere e orinare, di dormire e vegliare, di andare in giro e stare, in cui la vita consisteva!”

L’ airone – Giorgio Bassani

Editore: Feltrinelli

Credo sia impossibile parlare di questo libro tacendo la fine che pur se intuita già dalle prime pagine, diventa segno e significato di tutta l’opera.
Si narra una giornata, l’ultima (forse), di Edgardo Limentani, un proprietario terriero -ebreo- ferrarese, disorientato dall’essere sopravvissuto in un tempo in cui quelli come lui dovevano morire, annoiato dalla vita familiare, che gioisce anche per un sol giorno non trascorso in quella quotidianità. Per quel giorno ha organizzato una battuta di caccia in “botte “sulle rive di un fiume e tutte le azioni compiute e gli incontri avvenuti nell’arco di quelle ore, non sono altro che conferme della mancanza di senso che ormai pervade la sua vita. Solo l’idea di cristallizzare definitivamente la sua vita (come quella degli aironi impagliati nella vetrina di Codigoro) lo porta a provare sollievo.

L’ambigua realtà del presente, l’opportunismo politico, i tradimenti coniugali, la cupidigia economica da cui si vede assediato vengono osservati dal protagonista come attraverso una spessa lastra di vetro, che lo difende e insieme lo separa da tutto. La sua inestinguibile malinconia raccontata senza l’enfasi di gesti rabbiosi o disperati, senza fughe lontano o scelte di rottura, solo un giorno e una notte di allontanamento dal consorzio umano, spingendosi nelle nebbie familiari del delta del Po.

Come erano tranquilli e beati gli altri, tutti gli altri! – tornava a ripetersi, riabbassata la testa sul piatto –. Come erano bravi a godersi la vita! La sua pasta si vede era diversa, inguaribilmente diversa, da quella della gente normale che una volta mangiato e bevuto non bada che a digerire. Accanirsi a mangiare e a bere a lui non sarebbe servito, no. Quando dopo l’antipasto avesse trangugiato anche il resto, il rombo lesso, il gorgonzola, l’arancia, il caffè, sarebbe ricascato in pieno a ruminare sulle sue solite cose, le vecchie e le nuove. Le sentiva in agguato, già pronte a saltargli addosso come prima, come sempre: e tutte quante insieme.

L’idea di questo romanzo a Bassani era venuta nell’immediato dopoguerra, a seguito del suicidio di un suo amico. Fu pubblicato nel 1968, e durante questo periodo Bassani maturò una forte apatia per un mondo che era cambiato e in cui, finiti gli ideali, si sentiva perduto nell’oggettività dei significati che toglieva valore all’individuo e alla parola stessa.
Più che essere un romanzo di denuncia sociale e politica, “L’airone” è un romanzo esistenzialista e autobiografico, con cui l’autore riesce a riappropriarsi della coscienza e risolvere letterariamente il suo reale.
L’agonia dell’airone ucciso è metafora della banale esistenza di Edgardo e l’incapacità di sparare un colpo nell’intera battuta di caccia è specchio della sua incapacità di vivere.
Ma non è un romanzo triste, a volte riesce ad essere ironico e beffardo e la bellezza contenuta in certi brani descrittivi ha l’ampiezza delle ali di un airone.

“…gli riusciva anche più facile immedesimarsi negli animali imbalsamati…Come diventava stupida, ridicola, grottesca la vita, la famosa vita, a guardarla dall’interno di una vetrina di imbalsamatore! E come ci si sentiva bene, immediatamente, al solo pensiero di piantarla con tutto quel monotono su e giù di magiare e defecare, di bere e orinare, di dormire e vegliare, di andare in giro e stare, in cui la vita consisteva.”

Premio Campiello 1969

Egle Spanò