La bolla d’oro – Sergio Valzania #sergiovalzania #sellerio

Il professor Bosconi, specialista di cose bizantine, svanisce nel nulla, nelle tappe di una trasferta negli archivi dei monasteri ortodossi del Monte Athos. Si stava occupando di verificare l’autenticità di una preziosa crisobolla, sigillo aureo dell’impero bizantino, per conto di un grosso istituto bancario. L’intraprendente Teresa Nitti, «una che risolve problemi», affida al suo vecchio compagno di studi Carlo Donna l’incarico di ritrovarlo. Inizia così il viaggio-ricerca di Carlo alla scoperta dell’universo chiuso e infinito dei monaci barbuti che abitano quei luoghi.
 

L’autore è un poliedrico uomo di cultura dalle molteplici professioni (storico, giornalista, autore radiotelevisivo e a lungo direttore della benemerita RADIORAI, così migliore a parer mio della RAI televisiva degli ultimi anni).

E’ anche un grande viaggiatore e questo piccolo libro SELLERIO nasce da una sua visita al monte Athos in Grecia. Il libro si apre con la notizia che un istituto bancario ha deciso per i suoi investimenti l’acquisto della Bolla d’oro di Alessio Comneno III, uno di quei documenti con cui, nell’antica Bisanzio, la Cancelleria trasmetteva, con l’aureo sigillo, i decreti imperiali. Sorge, naturalmente, una questione di autenticità, perché queste carte erano nell’Ottocento facilmente falsificate, e la perizia è affidata ai due massimi esperti del settore, il professor Celletti e il timido Bosconi, suo allievo. I due danno pareri opposti e, a complicare l’operazione, il secondo dei due svanisce nel nulla, nelle tappe di una trasferta negli archivi dei monasteri ortodossi del Monte Athos. L’intraprendente Teresa Nitti, donna d’affari che si autodefinisce «una che risolve problemi», è incaricata della ricerca; la signora si rivolge, perché indaghi nelle tracce della scomparsa, al suo vecchio compagno di studi Carlo Donna, che sarà il protagonista della vicenda (alter-ego dell’autore).

L’espediente narrativo consente un vagabondaggio di 5 giorni su e giù per le pendici del monte sacro, tra i monasteri ortodossi incasellati nella magnifica natura e nei colori del mare greco. Le note di viaggio nascono dagli incontri con i monaci, con leggende, tradizioni, reliquie e riti che conferiscono un fascino particolare al resoconto, arricchito da alcune litografie dei monasteri più importanti che sono inserite nel testo, il fascino di luoghi che portano incisa nella materia una spiritualità altrove perduta.

Alla fine, dietro al mistero, si svelerà una truce cospirazione ma il romanzo ha anche una trama più profonda da comunicare: il viaggio-ricerca di Carlo, la sua scoperta dell’universo chiuso e infinito dei monaci barbuti che abitano i luoghi a precipizio sul mare protetti dai millenni. Insomma, per me che sono un fan della casa editrice siciliana un altro gioiellino da gustare come un cannolo!!!

Renato Graziano

Morte di un uomo felice – Giorgio Fontana #recensione #giorgiofontana

mortediunuomofelice

Siamo nell’estate afosa del 1981 a Milano, nell’epoca del terrorismo rosso e nero che colpisce a ripetizione; cadono uomini senza colpe dirette, ma eletti a simbolo dello Stato oppressore da chi pensa che la morte sia l’unica risposta allo stragismo che rimane senza colpevoli, da Piazza Fontana a Piazza della Loggia all’Italicus e via via sommando sempre nuove vittime. Giacomo Colnaghi, il protagonista di questa storia dall’esito ineluttabile già dal titolo, è un sostituto procuratore che crede nella legge e nella giustizia degli uomini onesti ma non cessa di interrogarsi sulle motivazioni profonde e sulle scelte assurde di giovani che, come lui nati e cresciuti nella cultura cattolica e in un credo politico egualitario di sinistra, hanno trovato strade opposte alla sua nelle bande armate. E’ un uomo apparentemente sereno e felice, Giacomo, dalla vita monotona e perfino banale: vive da solo a Milano tornando in famiglia solo per il week-end e sembra privilegiare il lavoro alla famiglia, e forse così felice non è se lui e la moglie non fanno all’amore da sette mesi. E’ poi tormentato dalla consapevolezza che la sua giustizia non sembra dare risposte adeguate ai parenti delle vittime.
Il racconto privilegia le atmosfere cittadine di quegli anni, pesanti di una cupezza presaga del peggio, e all’azione del magistrato antepone gli incontri casuali o con vecchi amici o con i terroristi catturati. Il libraio Mario, il parroco don Luciano, il collega magistrato Doni, sono persone con le quali il protagonista si confronta e scontra sul senso del suo impegno, sulla sua convinzione fervidamente cattolica e soprattutto sul sacrificio a cui obbliga la propria famiglia. In questo andamento pacato e dolente sta il pregio e forse anche un limite del libro che ricorre a qualche stereotipo o a immagini a volte leziose che rubano spazio a un approfondimento più incisivo del tema trattato, forse impossibile all’autore nonostante l’ampia documentazione a cui si è alimentato, non essendo testimone diretto di quell’epoca. Ma Fontana sembra volere mettere una sua radice anche qui, in questa epoca, investigandola, come fa fare al suo protagonista, rimasto orfano appena nato perché il padre Ernesto, la cui storia viene raccontata in parallelo allo svolgimento della vicenda principale, è morto giustiziato dai tedeschi durante la lotta partigiana ma è diventato così la stella polare di un impegno inderogabile. Un magistrato cattolico al lavoro durante gli anni di piombo, un operaio comunista in fabbrica durante la seconda guerra mondiale, un padre e un figlio diversi ma uniti dallo stesso destino, due vite spese con impegno alla ricerca della giustizia, libertà e verità.
Non mancano i passaggi incisivi e interessanti (vedasi l’incontro a una conferenza in cui è praticamente l’unico partecipante con la relatrice con la quale si trova a dibattere il tema del diverso significato della giustizia divina e della giustizia degli uomini e nel quale la sintesi suggerita è un bellissimo verso di Dylan Thomas: “And all your deeds and words, /each truth, each lie, / Die in injudging love” (E tutte le tue azioni e le tue parole, ogni verità, ogni bugia, muoiono nell’amore che non giudica).
Questo libro ha vinto, a sorpresa, il Campiello 2014: non è un libro perfetto, ma molto interessante e pregevole perché la memoria degli anni bui del terrorismo politico dovrebbe bricordarci che abbiamo passato momenti molto complessi e sarebbe molto importante capire perché ci si è arrivati e perché sarebbe tanto meglio non ricapitarci dentro.

Renato Graziano