Il collezionista di tempo – Marino Magliani

“Anche i giorni, se potessero parlarci, ci racconterebbero che sono stanchi di morire”

marino

Alla fine l’aver incontrato Gregorio ti mette in pace con alcuni dei temporali emotivi che ti si accovacciano nella pancia dall’adolescenza a dove ti ritrovi e ai quali spesso eviti di dare nome, che certi nomi è meglio non farli, si sa, che si ha sempre paura di dirli male o approssimativamente. Non ti fa urlare al miracolo, no, ma la sua umanità sghemba ha qualcosa di così palpabile da avere a che fare con i sapori e gli odori, non solo con l’eco delle sensazioni che poi ti lasciano.
Dire la solitudine non è così semplice. Farlo nominandola il meno possibile e strappandosela di dosso è da fuoriclasse.
Insomma, potrebbe valerne la pena, poi fate voi.

(Questo libro me lo consigliò Germana, ‪#‎laragazzadeicolori‬. Lo scrivo perché a Lalab farà sorridere saperlo. E mentre leggevo di Cobre, il cane portato a perdere dal suo padrone, e del poeta e del molo, tanti dei nostri discorsi sulla bellezza mi sono tornati in mente.)

[Questo romanzo è la storia di Gregorio, narrata in tre momenti cruciali: quasi un film in tre tempi, ma tutti collegati all’unico spazio della terra natale, la Liguria, dalla quale il protagonista ogni volta si allontana e alla quale ogni volta ritorna, come tratto da un incoercibile destino.
Nel primo “tempo” Gregorio è ragazzino in collegio, nel secondo un giovane appena congedato dalla leva militare, nel terzo è ormai adulto, esiliato in Olanda.
Da sempre, fin dal collegio, Gregorio ode nella sua mente alcune “voci” misteriose, che gli parlano e che guidano le sue scelte, ma di cui lui non sa capire la provenienza. Fin che, durante il suo soggiorno in Olanda, una di queste voci prende una forma meno sfuggente: attraverso una corrispondenza via e-mail Gregorio viene contattato da un uomo che vive nel futuro. Scoprirà così che il suo destino e quello del suo corrispondente sono drammaticamente legati e che solo un suo ultimo decisivo ritorno a casa potrà salvare la vita di entrambi…
ed. Sironi, 2007, collana Spore]

rob pulce molteni

La tentazione di essere felici – Lorenzo Marone

“Mi piace chi ama per primo” (cit. Cesare Annunziata)

marone

Cesare è una meraviglia, occorre dirlo. Una meraviglia di personaggio. Non fosse eticamente poco consono vi direi di iniziare ad averci a che fare dall’ultimo capitolo, sunto straordinario di una poesia umanissima di cui, maledetta me, scopro di avere sempre più bisogno. Poi occorre anche altro perché un libro ti risuoni fra le scapole, ma la poesia umanissima del r-esistere al mondo amandone le sfumature è proprio bella musica per fare la giusta compagnia al tuo bislacco diario di minuti in quei momenti in cui, c’è poco da fare, senti di avere le saccocce del tempo bucate. Antipatico come un dito in un occhio e poi adorabile, irritante e simpaticissimo, ironico, pungente, verissimo. Settantasette anni, vedovo, due figli, padre imperfetto, compagno di vita rattoppato, insoddisfatto eppure fedele, in qualche modo fedele, a cosa poi lo scoprirete un pezzo alla volta.
Una Napoli che non mi riesce di smettere di amare è il polmone in cui gira l’ossigeno della storia di Cesare e lui la indossa con disincanto e profonda affezione.
Immediato, coinvolgente, ben scritto, violento e delicato come solo i corpi riescono ad essere, con i loro segni, i loro vizi, quella finitezza assodata e imbarazzante, stimolante e dura e commovente.
Niente male, insomma. Lo finisci e ti viene voglia di organizzare una cena per portatele in casa le anime che hai incontrato, cosa che non accade sempre e quando accade è bello.

Rob Pulce Molteni