Edgar Snow: Stella Rossa sulla Cina

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A capodanno bisogna indossare qualcosa di “rosso”, e così ho chiuso il mio anno di letture in bellezza, con questo libro di storia contemporanea.
Il libro, secondo il mio modesto parere e quello del 99,9% della critica 🙂, è un capolavoro assoluto.
Io l’ho trovato superiore anche a I 10 giorni di che sconvolsero il mondo di John Reed.
Nell’estate del 1936 il giornalista statunitense Edgar Snow, da qualche anno inviato speciale nella Cina di Chiang Kai-shek, intraprese un viaggio che aveva già allora il sapore dell’epopea. Snow fu il primo occidentale a varcare il confine dei territori controllati dai rivoluzionari di Mao Zedong, incontrandoli da vicino, accolto come un amico nelle loro case-grotta dello Shaanxi settentrionale. Da quei nove formidabili mesi nacque un reportage definito all’epoca «lo scoop del secolo» e destinato a diventare celebre.
Il libro, che in lingua italiana è stato tradotto nel 1964, racconta da vicino tutti gli attori dell’epopea della grande marcia di Mao, inizia il racconto nel 1927 quando il partito comunista cinese viene definito fuori legge dal Kuomintang di Chiang Kai-shek e termina il racconto nel 1936 quando il Generalissimo viene arrestato dal suo maresciallo Zhang Xueliang. Il giornalista ha davvero avuto la fortuna di trovarsi al posto giusto nel momento giusto.
I fatti sono raccontati da vicino con le interviste a Mao, Chu En-lai, Lin Pao e gli altri leader del movimento. Si racconta come il movimento è evoluto, come ogni personaggio ha fatto il suo percorso, e come tutti insieme sono arrivati a cambiare il paese più popolato al mondo.
Tutto è molto interessante, perché perfettamente contestualizzato, e in grado di evidenziare le molteplici differenze che c’erano tra gli abitanti della varie regioni nella Cina dell’epoca.
Il libro si chiude con una serie di riflessioni fatte dall’autore nel 1944, quando la seconda guerra mondiale volgeva al termine, ma il partito comunista era ancora lontano dal prendere il potere. Le note, sono molto esaustive, e servono ad orientarsi in un mare di nomi che risulterebbero incomprensibili ai più, visti i vari modi di tradurli. A chi volesse avventurarsi: buon viaggio!!!

Roberto Sensidoni

DESCRIZIONE

Nell’estate del 1936 il giornalista statunitense Edgar Snow, da qualche anno inviato speciale nella Cina di Chiang Kai-shek, intraprese un viaggio che aveva già allora il sapore dell’epopea. Snow fu il primo occidentale a varcare il confine dei territori controllati dai rivoluzionari di Mao Zedong, incontrandoli da vicino, accolto come un amico nelle loro case-grotta dello Shaanxi settentrionale. Da quei nove formidabili mesi nacque un reportage definito all’epoca «lo scoop del secolo» e destinato a diventare celebre.
In Stella rossa sulla Cina parlano dirigenti comunisti e combattenti volontari, contadini beneficiati dalla ridistribuzione delle terre e giovani donne lavoratrici, che rivendicano il diritto all’autogoverno contro l’occupazione giapponese, lottando con uno spirito di comunità e una caparbietà travolgenti. E parla lo stesso Mao, che racconta a Snow le imprese dell’Armata rossa, le peripezie mitiche della «Lunga marcia», la rottura con i nazionalisti del Guomindang e i fraintendimenti con un lontanissimo Stalin, ma anche i drammatici problemi della società cinese, le letture, l’antica fascinazione per i pensatori occidentali, i dettagli della vita privata.
Calato nella quotidianità della rivoluzione, ammaliato dalla tempra morale dei suoi protagonisti, Snow riuscì a segnare il primo punto di contatto con una realtà antropologica, prima ancora che ideologica, rimasta fi no ad allora misteriosa. Riproposto dal Saggiatore con la preziosa curatela di Enrica Collotti Pischel, Stella rossa sulla Cina è una testimonianza insuperata della genesi della Cina di Mao, ai cui miti fondativi attinge ancora oggi il capitalismo di stato cinese; un classico della storia contemporanea, capace di illuminare l’essenza dei problemi in una prospettiva umana autentica, con una forza narrativa che ha sedotto intere generazioni.

Edgar Snow (1905-1972), giornalista statunitense, è vissuto in Cina per oltre tredici anni da inviato speciale. Durante la Seconda guerra mondiale, è stato corrispondente da Russia, Polonia, Germania, Inghilterra, Francia, Austria e India.

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La buona terra – Pearl S. Buck #recensione

Che cosa dobbiamo farcene di una donna bella? Una donna che curi la casa, e che procrei dei figli lavorando – ecco quel che ci occorre! Le donne belle non hanno altro pensiero che scegliersi vestiti che s’intonino con la loro faccia. Alla larga! Noi siamo contadini.

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Pearl S. Buck nacque in Virginia nel 1892 ma passò gran parte della sua vita in Cina al seguito dei suoi genitori, missionari presbiteriani. La Buck è stata una degli autori preferiti della mia adolescenza, chissà, mi pare che negli anni ’60 andasse di moda. Ne lessi diversi ai tempi e sarà colpa anche sua se mi sono appassionata alla lettura. Imperdonabile, ora lo so, non aver mai letto il suo capolavoro.
Era profonda conoscitrice dell’ambiente e del popolo cinese, nella cui terra visse per lunghissimi periodi.
La buona terra è un  romanzo ambientato a cavallo del ‘900, lambisce l’inizio della rivoluzione, una saga familiare che abbraccia quattro generazioni di poverissimi contadini cinesi.
Protagonista assoluta del romanzo è la terra; i personaggi sono tanti, ma i principali sono due: Wang Lung e sua moglie O-Lan i quali, lottando fianco fianco contro le carestie, la mala sorte, la miseria in nome della fedeltà alle tradizioni e alle proprie radici riescono a costruire la loro fortuna, a diventare una grande e potente famiglia ma, come sempre avviene nelle grandi saghe familiari, anche per la famiglia Wang arriverà il momento della crisi e della dissoluzione. La terra fa da elemento centrale attorno alla vita di Wang Lung e O-Lan, al loro duro lavoro, alla fatica, abnegazione e immani sacrifici, è sempre la terra che fa superare loro momenti difficili e gli dà stabilità. Tutto il loro futuro successo non sarebbe stato possibile per il protagonista se al suo fianco non avesse avuto la moglie O-Lan, ex schiava, magnifica figura di donna forte, generosa, quasi invisibile eppure vera colonna della famiglia. 
Veramente potenti le descrizioni che Pearl Buck fa di eventi terribili e catastrofici come carestie, inondazioni, la distruzione dei raccolti; terribilmente sincere le descrizioni della condizione delle donne che in qualunque posizione si trovino (mogli, concubine, figlie) ed a qualunque livello della scala sociale siano, sono sempre e soltanto puro oggetto alla mercè della volontà e dei capricci dell’uomo che su di esse esercita il potere assoluto. L’autrice descrive i parti, l’allevamento dei figli, i pesanti lavori cui sono costrette le donne con una grande sensibilità, scava in profondità nella condizione femminile in una società che non concede nessun diritto, in cui il neonato — se risulta essere una femmina — viene chiamato semplicemente “la schiava”, e non ha diritto nemmeno ad avere un nome. La terra è tanta, la famiglia è stabile; ma le nuove generazioni vogliono emanciparsi, istruirsi ed abbandonare i lavori di manovalanza. Con la ricchezza, portata da raccolti abbondanti ed una parsimoniosa gestione dell’economia famigliare, nascono altri problemi. L’invidia, l’avidità e la gelosia mineranno la stabilità di questa famiglia che prima poggiava le fondamenta del suo essere nella buona terra. E questo lo capisce Wang Lung quando nella sua vecchiaia farà ritorno ai propri campi per riassaporare le sensazioni vissute quando era giovane.

“Quando si comincia a vendere la terra è la fine di una famiglia. Dalla terra siamo venuti e alla terra dobbiamo tornare”. Così Wang Lung, protagonista maschile de La buona terra, ammonisce tra le lacrime i due figli maggiori quando, ormai giunto alla fine della vita, intuisce che progettano di vendere le terre che egli ha faticosamente messo insieme e difeso durante tutta la sua esistenza per costituire la fortuna della famiglia.

Libro che parla di una società molto vecchia, molto distante da quella di oggi, ma ne parla con un linguaggio molto realistico ed essenziale, dandone una descrizione potente ed efficace. Molto interessante anche la descrizione della nobiltà dell’epoca distrutta dal lassismo e dall’oppio.
Ora, dire che mi è piaciuto è riduttivo, mi ci sono tuffata a pesce e ne sono riemesa quando l’ho finito.
Buck ci vinse il Pulitzer nel 1931 e il Nobel nel 1938, con questa motivazione: “Per le opere notevoli che ha lasciato lungo il suo cammino che conduce verso la simpatia umana nei riguardi di popoli separati da noi da frontiere lontane, e per lo studio di ideali umani ai quali ella ha prestato la sua arte di descrivere così perfetta e viva, l’Accademia Svedese è cosciente di agire in armonia e d’accordo con i propositi che si era prefisso Alfred Nobel”..

Raffaella Giatti