Prima del fuoco – Gaute Heivoll #recensione

Romanzo molto intenso e cupo, difficile da classificare. Giallo, Mistery, Romanzo psicologico? Siamo nella Norvegia degli anni 70, in un piccolo paese di campagna dove tutti si conoscono da sempre e il vicino di casa è considerato una persona di famiglia. Ci si fida l’uno dell’altro, ci si aiuta vicendevolmente, i giovani del posto sono tutti bravi ragazzi. Il male sembra non far parte di questo piccolo nucleo abitato, fino a quando qualcosa di terribile comincia ad alimentare il panico nel paese e la paura si insidia giorno dopo giorno nella tranquilla quotidianità dei suoi abitanti: un piromane sta devastando la campagna circostante dando fuoco alle fattorie nei dintorni, arrivando fino alle abitazioni del paese. Tutti conoscono le vittime, è impensabile che sia qualcuno della comunità. Il figlio del capo dei pompieri è sempre stato un ragazzo serio e diligente, ma la sua mente è preda di qualcosa di oscuro che nemmeno la madre riesce ad afferrare. Solo lei ha capito chi è il folle piromane, ma non riesce ad accettarlo. Perché ad un certo punto certe menti diventano criminali? Perché un bravo ragazzo di periferia con una solida famiglia alle spalle, che ha come esempio quotidiano due genitori onesti ed amorevoli piano piano viene attratto dalle tenebre? Anni dopo, un giovane scrittore che all’epoca dei fatti era appena venuto al mondo, cerca di trovare una risposta attraverso il racconto di ciò che accadde. Anche lui ha sperimentato la sofferenza interiore e quella sensazione di smarrimento ed inutilità che spesso accompagna il difficile percorso verso l’età adulta. Anche lui sa bene che esiste un lato oscuro in ognuno di noi: l’ha visto, l’ha toccato. Ma poi qualcosa l’ha tratto in salvo. Forse la risposta è proprio questa: qualcuno, semplicemente, non riesce a salvarsi dalle proprie tenebre.

La giustapposizione della storia del piromane e dello scrittore non funziona proprio sempre e forse un po’ ripetitiva. Bella e tristissima la storia marginale del giovane Kåre. Un romanzo stilisticamente molto ben scritto, anche profondo nella descrizione dei personaggi.

Paola Castelli

John Steinbeck – La luna è tramontata #JohnSteinbeck

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“Alle dieci e 45 tutto era finito. La città era occupata, i difensori abbattuti e la guerra finita. L’invasore s’era preparato per questa campagna con la stessa cura che per altre di maggior ampiezza”.
Dall’incipit si percepisce subito che “La luna è tramontata” è una storia di guerra: l’invasione lampo di una città militarmente poco difesa sulla costa norvegese da parte delle truppe tedesche, durante la seconda guerra mondiale.
In poche ore una cittadina viene conquistata e i suoi abitanti rassegnati si assoggettano al volere nazista, cominciano a lavorare per loro. Lo scopo di questa conquista, strategica per i tedeschi, è il carbone.
Può capitare però, che anche se un popolo si dimostra passivo ed è militarmente inferiore agli invasori, abbia un moto di orgoglio e facendo leva sulla propria dignità, può capitare che si ribelli.
Un episodio solo, di un uomo che non vuole padroni può bastare a scuotere le coscienze, l’anima degli oppressi e fomentare la rivolta.
La luna è tramontata è un storia di libertà e ribellione, ma anche se nel suo complesso la storia ha coraggio e fierezza per me resta un occasione mancata per l’autore di Uomini e topi di farne l’ennesimo capolavoro. Avrebbe potuto caratterizzare meglio i personaggi e rendere più strutturata la storia, 150 pagine sono davvero poche per raccontare le vicende contenute.
” Gli uomini liberi non possono scatenare una guerra, ma una volta che questa sia cominciata possono continuare a combattere nella sconfitta.
Gli uomini-gregge, seguaci di un capo, non possono farlo, ed ecco perché sono sempre gli uomini-gregge che vincono le battaglie e gli uomini liberi che vincono le guerre”.

Daniele Bartolucci