Lo Sconsiglio

Il mistero di Abbacuada, Gavino Zucca

Premesso che i gusti sono gusti, ecc ecc, blablà, ho finito con grande fatica questo primo romanzo giallo di Gavino Zucca del ciclo del commissario Roversi. Dire che ho penato è dir poco, ho tirato fuori un cilicio per non addormentarmi, troppo banale, semplice, molto ingenuo, scontato, e per niente coinvolgente. E non sono neanche masochista, di mio, di solito a metà di un libro così rinuncio e lo scaglio contro il muro. Ho perseverato perchè qua nel gruppo ci sono fan della serie e speravo in un “dietro l’angolo la svolta”. Che non c’è stata. Essendo che è il primo di un giallista, che a volte iniziano mosci e poi si riprendono, trovano una via e la voce nei libri successivi, stavo valutando il secondo e trovo una recensione che lo giudica “In leggero calo rispetto al primo”, NOPE NOPE NOOOOOPE.

Ragazze fan, voi continuate, io mi spiaggio.

Lorenza Inquisition

di Gavino Zucca (Autore) Newton Compton Editori, 2017

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LA SOTTILE ARTE DI FARE QUELLO CHE C***O TI PARE – Mark Manson #markmanson #recensione

 

Traduttore: M. Cerato
Collana: Grandi manuali Newton
Anno edizione:2017
Il metodo scorretto (ma efficace) per liberarsi da persone irritanti, falsi problemi e rotture di ogni giorno e vivere felici.

Questo libro mi è piaciuto perché riflette un po’ il mio modo di fare e vedere la Cultura, che consiste nell’informarsi esattamente di quello che ti pare e piace, e di scriverne con altrettanta libertà. Senza vincoli e stronzate accademiche. È stato bellissimo scorrere con le dita su questa carta grezza, olivastra, mangiando le parole nere con gli occhi e sentendo quasi il sapore di questo stile corposo, schietto, onesto e ricco. Una prosa che si dipana snodandosi con una scorrevolezza che non vedevo dai tempi di Stevenson, quando divoravo la Freccia Nera ed ero talmente concentrata che i miei mi ritrovavano a gambe incrociate, sul materasso, nella stessa posizione ieratica di tre ore prima. Quando uno scrittore scrive così è un po’ come Piperno, gli puoi persino perdonare l’assenza totale dei contenuti. Ma è qui il bello. I contenuti ci sono eccome. In un mix di “onesta espressione”, un po’ come i peni che Picasso scarabocchiava sul tovagliolo di un bar da vecchio, Manson ci trasporta in un viaggio psicologico e filosofico alla ricerca di cosa vuol dire avere dei valori sani e vivere una vita felice. Le idee non sono mai noiose e banali, gli spunti di riflessione sono infiniti e ci sono una serie di frasi antologiche che andrebbero scritte a caratteri di fuoco sullo specchio, in modo da potersele rileggere ad ogni amaro risveglio. Come se non bastasse, a impreziosire il tutto ci sono i tasselli memorabili delle biografie di personaggi che hanno segnato il pensiero o la storia occidentale, scritte talmente bene che ci si immerge completamente nelle fatiche, nelle lotte e nella redenzione di personaggi che, con le loro stesse vite, hanno dimostrato cosa volesse dire Rivoluzione. Il tenente Honoda, rannicchiato nel cuore della giungla di Lubang per più di trent’anni, continuando a combattere per il senso di lealtà ad un Impero ormai morto; il patto di responsabilità che il giovane William James fece con sè stesso, dopo l’ennesimo fallimento e il rischio di perdere la vita nella foresta pluviale amazzonica; la rabbia furiosa di Dave Mustaine, che fece della vendetta la sua Musa e fondò a colpi di chitarra i Megadeth; la rinascita di Pete Best, che dopo la cacciata dai Beatles e un periodo di depressione nera, scoprì che le soddisfazioni della vita non hanno nulla a che fare con tutta l’adulazione e il successo del mondo; la storia di Ernest Becker, che dopo essere stato espulso dal mondo accademico e confinato sul letto di morte, scrisse una delle opere più influenti degli anni a venire, parlando del progetto di immortalità di ogni uomo e dell’antidoto amaro che dobbiamo ingerire tutti, se vogliamo dare un significato alle cose che contano davvero.

L’unica penalità in tutta questa storia è il fatto che la Newton Compton abbia deciso di confezionare il libro con una copertina di cartone bianco soffice e bombata, un titolo scritto a caratteri cubitali come gli schiaffi ( ca**o è scritto in rosso… ), e dentro l’inchiostro che sbiadisce e si scioglie sotto la pressione delle dita, manco fosse la carta straccia dei giornali che il giorno dopo serve solo ad incartare il pesce – e pace all’anima di nonno. Insomma uno scarpone in una pozzanghera. Se sopportate tutto questo, e se sopportate uno stile che vi prende a colpi di lucida intelligenza, parolacce e onestà, questo libro fa sicuramente per voi.

Giulia Casini