Michael Zadoorian, In viaggio contromano

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In viaggio contromano – Michael Zadoorian

Beh, mi sono commosso. E tanto. Me ne frego del sembrare il solito frignone, così è andata e così è, senza timori. Tantissime emozioni, tantissimi pensieri. Io sto invecchiando, non sono ancora decrepito, ma sto invecchiando. Forse lo avessi letto 30 anni fa non avrei provato quello che provo ora, anzi togliamolo pure, sto forse. Fatto sta che mi ha fatto tanto pensare, questa storia. Una storia sicuramente difficile da riscontrare nella realtà, per tanti motivi, tra cui la voglia di sognare e di vivere che spesso, dopo tanti anni di vita, ci viene a mancare. Ci adagiamo in attesa, non siamo protagonisti.Ella e John, invece, vogliono esserlo, fino alla fine. Questo libro è tante cose, è un viaggio, un racconto brillante, comico, ma anche un racconto triste, e anche drammatico. Ma è soprattutto una storia d’amore.Ella, malata di tumore terminale, e John, malato di Alzheimer, ottantenni, che decidono di fare una bella “fuga”, di concedersi un ultimo viaggio insieme, in memoria dei vecchi tempi da giovani camperisti e per concludere la loro vita, sempre insieme, rifiutando un finale scritto, una morte in casa di riposo o in ospedale, magari da soli, con uno dei due che se ne va per primo, lasciando l’altro in vita, ma una vita che sarebbe solo battito di cuore e basta, senza più uno scopo e senza più un senso. Si ribellano, vogliono scriverlo loro, il finale. E scappano, da Chicago a Disneyland, Los Angeles, attraverso la vecchia Route 66, quasi un coast to coast classico, sul loro vecchio camperino, il Leisure Seeker. Una scrittura semplice, liscia, narrata da Ella in prima persona, che parla per lei ma anche per lui, che non può farlo, a causa della sua malattia. Un viaggio pieno di sorprese, di imprevisti, di avvenimenti lieti e anche di drammatici, di incontri con persone belle e con gente da dimenticare, un on the road con paesaggi mozzafiato e altri che fanno star male. Come la loro vita. Una vita normale, ma che hanno vissuto al massimo, una bella vita, con figli e nipoti tirati su alla grande, di cui esser fieri, figli e nipoti che li seguono ansiosi e preoccupati, che cercano in ogni modo di riportarli a casa. Una preoccupazione che comprendo, da un lato volevo tornassero anch’io, dall’altro ho fatto il tifo affinchè fossero fuggiaschi per sempre. Un viaggio da soli, solo loro due, il camper, le loro malattie e le loro diapositive…in ogni campeggio nel quale sostano, montano proiettore e telo e si guardano su tutte le diapositive della loro vita passata, dei loro momenti belli . Ed è vero che John si dimentica anche il nome di sua moglie ma si ricorda momenti, istanti, insoliti, in apparenza senza alcuna importanza.Un viaggio pieno di amore. Avvenimenti buffi, teneri, drammatici. Ma l’amore li tiene in vita, sempre, anche quando le cose sembrano precipitare, quando le difficoltà che un viaggio del genere può provocare ad una donna con un tumore e ad un uomo che non si ricorda nemmeno il nome della moglie saltano fuori con drammaticità. Perchè non sanno cosa li attende, dopo la morte. Ma sanno una cosa, che vogliono affrontarla ancora insieme, ancora uniti, come in questa vita. Ella, ad un certo punto, dice che i momenti perfetti non arrivano mai, nella vita. Ma soprattutto non arrivano perché noi smettiamo di cercarli. Che faccio, il filosofo romanticone fino alla fine? Mi sento magari Marzullo, o non so chi….ma mi viene sinceramente da dire che auguro a chiunque di vivere così, di avere la fortuna di poter sempre girarsi di lato e trovare uno sguardo complice, un sorriso o un ciao amore. Un punto fermo. Fermo magari anche dopo la morte. Mi sono segnato cento frasi, ne posto solo alcune, luccicano gli occhi. Ma sono allergico, sarà questo.

«Peccato che io sia a pezzi e John ricordi a stento il suo nome. Non importa. Me lo ricordo io. Messi insieme, facciamo una persona intera»

«Nessuno di noi parla. John di tanto in tanto si limita ad emettere un grugnito compiaciuto. E’ bello, così, è bello tacere. Parlare rovinerebbe tutto. Per un attimo, potrei piangere dalla felicità. E’ per momenti come questo, che amo tanto viaggiare, la ragione per cui ho sfidato tutti. Noi due insieme, come siamo sempre stati, senza parlare, senza fare niente di speciale, semplicemente in vacanza. Lo so che niente dura, ma anche quando ti rendi conto che qualcosa sta per finire, puoi sempre voltarti indietro e prendertene ancora un po’ senza che nessuno se ne accorga»

«Nessuno dice più niente per una ventina di chilometri. Poi John si volta verso di me e sorride. “Ciao piccola” fa, posandomi una mano sul ginocchio. Questo è sempre stato il nostro messaggio intimo, l’equivalente di “sono contento che ci sei”, “Mi stai a cuore”, o qualcosa di simile. »

«”John. Mi ami?” Strabuzza gli occhi. “Ma che domanda è? Certo che ti amo”. Viene più vicino e mi bacia. Sento il suo odore. Non sa proprio di buono, ma è pur sempre l’odore di mio marito.“Lo so”, gli spiego. “Volevo sentirmelo dire da te. Non me lo dici più molto spesso”.“Me lo dimentico, Ella” Me lo dimentico, Ella. La mia angoscia.Porto l’altra mano sul suo viso. Bacio mio marito. Lo stringo a me e non aggiungo altro. Passano i minuti, e la notte sospesa si riprende i suoi occhi. »

“John smette di masticare. Posa l’hamburger, si pulisce la bocca con il tovagliolo, mi mette una mano sulla coscia. «Ciao, amore» mi dice, completamente dimentico di quel che è successo nel frattempo.Sa chi sono. Sa che sono la donna che ama, che ha sempre amato. Non c’è malattia, non c’è persona che te lo possa togliere, questo.”

Carlo Mars

altra recensione: https://cinquantalibri.wordpress.com/2014/11/23/michael-zadoorian-in-viaggio-contromano/

Michael Zadoorian, In viaggio contromano

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Ho finito anche io il libro immortalato nelle nostri menti ricettive da Carlo Mars: The Leisure Seeker di Michael Zadoorian, tradotto come In viaggio contromano (che non è neanche malissimo).

(recensione di Carlo qui: https://cinquantalibri.wordpress.com/2014/11/26/in-viaggio-contromano-michael-zadoorian/ )
Mi è piaciuto, e mi sono emozionata pure io. Mi sono piaciuti tanto l’inizio e la fine, anche se in qualche momento nel mezzo mi ha un po’ persa. Forse è perchè è la storia di due vecchietti che non hanno più molte speranze, forse perchè è l’ultimo viaggio di due sposi ottantenni con tutti i loro acciacchi infiniti, e il viaggio a volte annega nei loro problemi fisici. Percorrono la Route 66, e rivedere il viaggio che anche io ho fatto dagli occhi di due americani decrepiti è straniante: tutto quello che per me era esaltante per loro è un po’ finto, tutto quello che io volevo vedere con ansia per loro è già visto e usuale. Ma anche questo è viaggiare, in fondo: vedere con gli occhi altrui. Discorso a parte meritano i paesaggi di quel grande Paese, ovviamente: nessuno, giovane o vecchierello, può percorrerli senza emozionarsi.

Naturalmente, alla fine questo non è il racconto di un viaggio sulla Mother Road: è la storia del viaggio di una vita, percorsa insieme. Cinquant’anni di quotidianità, viaggi, vacanze, lavoro, pasti, figli, decisioni su mutui, scuole, college, debiti, carriere. E alla fine la decisione di come finirla, o poterla finire, insieme. Quindi partono da Chicago a Los Angeles con il loro ultimo camper in ordine cronologico, e alla sera fermi nel camping se la salute glielo permette guardano le vecchie diapositive dei loro viaggi coi bambini. Ripercorrono la loro strada, e ci si emoziona con loro. Sono fortunati, questi due, anche con la calvizie, il cancro, la senilità, gli acciacchi. Sono molto fortunati, perchè non sono soli.

Non dico altro perchè rivelerei troppo. Il libro è bello, e lo consiglio. E questa idea di finire il proprio viaggio terreno con un viaggio, a me ha conquistato. Ricordo che alla fine della Route, noi siamo andati a Redondo Beach (perchè vabbè), a Disneyland (perchè chiaro!) e poi su su via per la Monument Valley. Nei grandi parchi dell’ovest americano non c’è molta ricezione, ma prima di entrare ho trovato una tacchetta sul cellulare, e ho scritto a un mio amico rockenrollo a casa, perchè credo fermamente nel dividere momenti di viaggio con le persone care. E la Monument Valley non la capiscono tutti: devi essere cresciuto a John Wayne, John Ford, e Tex Willer. Quindi gli ho detto Sono qui, stiamo entrando. E lui mi ha risposto Buon viaggio: quando arriverai alla North Window, ricordati che quando sarò in punto di morte mi dovrai portare lì, perchè è l’ultima cosa che voglio vedere su questa terra.

E quindi, In viaggio contromano riassume molto bene questo concetto, per me. E anche tante altre note, che scoprirete man mano. E buon viaggio a voi.

Lorenza Inquisition

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