Sleeping beauties – Stephen King – Owen King #recensione #StephenKing

La morte ti cambia. A volte è un male. A volte un bene. In entrambi i casi, l’unica è mangiare una cazzo di braciola e tirare avanti.

“Due cuori son meglio di uno.” (Bruce Springsteen). Ma: due King sono meglio di uno solo (e che uno, il Re?) No.

Però. Due King sono meglio di niente King. E come diceva mia nonna, Pütost che nienta, l’è mei pütost.

Sleeping beauties è un buon libro, che mi è piaciuto anche se non l’ho amato di vero amore. Ha un messaggio molto importante che va letto e macinato, da tutti ma soprattutto dalle donne, e quindi lo consiglio e consiglierò a tutte, anche a quelle che hanno un poco paura di King perchè scrive cose horror (ma questo non è il caso).

Se l’avesse scritto da solo il King prima maniera, ma anche seconda o terza, sarebbe venuto fuori un capolavoro. Ma oggi abbiamo questo King qui, settantenne che ha scritto col figlio un libro da un’idea del figlio per una serie TV che a breve verrà prodotta (e d’altra parte quando non), e non si può cambiare. Non è un capolavoro, ma non è nemmeno lontanamente brutto come la trilogia di Mr. Mercedes, e per questo già andiamo ad accendere ceri alla Madonna.

Probabilmente un giorno lo rileggerò pure, questo Sleeping Beauties, perchè come ripeto, ha un messaggio importante e una serie di riflessioni sostanziose sulle quali voglio ritornare; purtroppo lo stile è a volte un po’ meh e l’esecuzione un poco mah, quindi non c’è da strapparsi i capelli gridando al miracolo, ma proprio penniente.

Quando si parla di un romanzo scritto a quattro mani, riferito a un autore che si ama molto, è normale chiedersi dove queste altre “due mani” saranno andate a finire, se sarà evidente cosa ha scritto King o se sarà tutto un colossale papacchione padre/figlio; con certezza, ovviamente, non è possibile dirlo. Però, so con certezza dove il Re è presente, perchè quando è lui è lui ed è lui: e quindi quando arrivano i topi, quando entriamo nell’Altro Mondo, quando una certa protagonista levita sulla branda con quel certo je ne sais quoi à la Randall Flagg. Questo è bello e soddisfacente, per la lettura; purtroppo non vedo il Re dove avrei voluto vederlo, per esempio nel momento in cui caratterizzare la miriade di personaggi che intasano il racconto.  Per me, il vero difetto di Sleeping beauties è che è troppo corto; è un libro di 700 pagine, ma per come avrebbe potuto scriverlo King, che parte pennellando persone e animali e poi mondi, galassie, universi, lasciandoti senza fiato, con le gambe che cedono, l’affanno, la tachicardia, la voglia di piangere per tanta bellezza, ti fa ridere e ti sbatte contro il muro, con la proprietà di linguaggio più affilata e puntuale dell’universo creato, eh, per quello, qui mancano almeno duecento pagine. Oppure, volendo, possiamo anche dire che è un libro troppo lungo, che non riesce comunque a caratterizzare bene come dovrebbe. Credo che sia l’unico libro di Stephen King, forse con l’eccezione di The dome, in cui c’è un elenco personaggi all’inizio; e questo, per un romanzo, vuol dire solo una cosa: se ci sono così tanti soggetti che ha bisogno di un indice, significa che l’editore stesso pensa che i lettori non sarebbero in grado di capire di chi si parla, chi fa cosa, chi ha detto quello e quando e a chi. Trame fitte di personaggi che sbucano da ogni dove non sono una novità, per King padre. Qui purtroppo il famoso indice serve eccome, e ahimè, rimane tutto un arrancare per la prima parte del parte del romanzo, fin verso la metà, senza avere idea di chi siano la maggior parte delle persone coinvolte, e quel che è peggio, molte le ritrovi verso la fine continuando a non avere idea di chi siano. Non ti rimangono in testa, non spiccano, non le riconosci, non ti parlano. E questo è un grande, brutto difetto di questo libro.

Detto ciò, tutta la negatività di cui dovevo parlarvi per Sleeping Beauties finisce qui, per fortuna. La storia prende, e ha un che di onirico surreale da fiaba nera: un virus pandemico nomato Aurora che si stende sul mondo un bel giorno, contagiando tutta la popolazione umana di genere femminile, che cade in un sonno profondo senza risveglio, come la principessa della fiaba. Non ci sono medicine, e non si risvegliano, anche se non sono morte. Gli uomini, i maschi, reagiscono come possono (generalmente male), scoppiano insurrezioni, disastri, scenari di guerriglia urbana. Nel frattempo le donne si risvegliano in un Altro Mondo, un aldilà, un mondo sottosopra, volendo, dove gli uomini non esistono, almeno finchè i bambini che alcune di loro portano in grembo non saranno nati, e scoprono di poter fare tante cose. Per esempio, creare un mondo migliore, allevando uomini migliori, meno ottusi, meno insensibili e grezzi a causa della società patriarcale che è stata l’unica organizzazione sociale che per millenni hanno avuto come riferimento, in cui il maschio domina, e la donna è proprietà. Proviamo, per esempio, putacaso, ad allevare per centinaia di anni dei maschi in un regime matriarcale. Vediamo che succede. Il tema fondamentale di Sleeping beauties è questo: tutti gli esseri umani sono fallaci e imperfetti. Ma qualcuno, per citare zio Orwell, è più imperfetto di altri, e se questo qualcuno ha i muscoli e per millenni è stato il genere dominante, ed è arrivato ai giorni nostri convinto che una sberla qui, un sopruso sessista là, e tutto è giusto e regolare nel mondo no, forse è meglio fermarci. Riproviamoci. Le donne, ci dice il dinamico duo king&King, non sono necessariamente senza peccato originale, ma il mondo dove vivono è violento e maschilista, si picchia, si uccide, si lascia governare il testosterone, forse è proprio da buttare. Lo buttiamo? Riproviamo nell’Altro Mondo, a fare qualcosa di meglio? O ci teniamo questo, e proviamo a cambiare qualcosa nella mentalità maschile? La scelta, in Sleeping beauties, viene fatta: quale sia, lo scoprirete a fine libro.

C’erano donne cattive e uomini cattivi; se esisteva qualcuno con il pieno diritto di affermarlo, quel qualcuno era Lila, che aveva arrestato parecchi di entrambi. Ma gli uomini si battevano e uccidevano di più. Ecco perché non c’era mai stata parità. I due sessi non erano pericolosi allo stesso modo.

Sleeping Beauties è un romanzo poco horror e un po’ supernatural, con qualche ammazzamento violento e un racconto un poco dark, un ibrido tra un romanzo apocalittico e una puntata di Ai confini della realtà. I King lo usano per veicolare una serie di loro opinioni e riflessioni politiche; questo ha creato nei fan americani una serie di scenari brutti di indigniazione che non sia mai che uno scrittore si metta a criticare nel suo libro la grande madre amerika. A me non ha dato fastidio: oltre a quello femminista, Sleeping beauties affronta su diversi piani e con una serie di riferimenti e battute molti aspetti dell’America di oggi: innanzitutto Donaldone Trump, poi le fake news (ribattezzate “false” news), la diffusione incontrollata di armi, e anche la questione della violenza razziale, più una serie di problemi sociali, che vanno dal bullismo a scuola alla dipendenza da droghe, dalla violenza domestica all’alcolismo in zone rurali disagiate e impoverite.

Lo consiglio, in sostanza? Sì. Se non avete mai letto il Re, però, ovviamente, non cominciate da qui. E’ come ascoltare Dylan per la prima volta partendo dall’album di Natale (che, per carità).

Baci.

Lorenza Inquisition

Sono un perdente, pensò. Beck deve avere composto la sua famosa canzone con me in testa. Eravamo tre contro uno, ma in ogni caso sono il re degli sfigati. Cominciò a zoppicare verso casa, perché la casa è il posto dove ritorni quando sei ferito e malconcio.

Una stanza tutta per sè – Virginia Woolf #VirginiaWoolf #femminismo #letteratura

“Se guarderemo in faccia il fatto – perché è un fatto – che non c’è neanche un braccio al quale dobbiamo appoggiarci ma che dobbiamo camminare da sole e dobbiamo entrare in rapporto con il mondo della realtà e non soltanto con il mondo degli uomini e delle donne, allora si presenterà l’opportunità”.

Una stanza tutta per sè – Virginia Woolf

Editore: FELTRINELLI

Collana: Universale Economica I Classici

Traduttore: Livio Bacchi Wilcock Prefazione: Marisa Bulgheroni

Scritto nel 1929 e tratto da un discorso tenuto in due diversi college femminili sul rapporto tra le donne e il romanzo, questo saggio affronta la relazione delle donne con la scrittura, della loro vita con la scrittura e della loro scrittura in quanto appartenenti al sesso femminile, ed è storicamente considerato il primo saggio moderno della letteratura femminista.
Quello che colpisce innanzitutto è la visione della Woolf, che abbraccia il passato e vede il futuro: la Storia per la Woolf deve essere letta attraverso le sue mancanze, non solo attraverso i successi, in qualsivoglia campo, e per questo decide di raccontare la storia dell’assenza, abitata dai fantasmi delle donne nella Storia. Con tono ironico tratteggia la cruda realtà, e dice semplicemente che il presupposto per cui possa accadere che una donna sia libera di dedicarsi alla letterataura è  che sia benestante, e che possieda una stanza tutta per sé. Il denaro per essere indipendente, ovvio; e la stanza per avere un luogo in cui possa creare senza essere continuamente interrotta dalle necessità familiari.
Queste sono condizioni necessarie perchè si sviluppino tecnica e talento; e l’assenza basilare di queste condizioni ha determinato in tutta la letteratura dell’Ottocento la prevalenza assoluta e quasi totalitaria di autori maschili.
A leggerla oggi pare dica una banalità, in fondo; eppure io credo sia una questione attualissima, seppur cambiata. Credo realmente vi siano molte donne che ancora fatichino ad avere quella stanza.

ho trovato anche interessante la descrizione in cui l’autrice ricerca per la conferenza titoli di libri sulle donne. Trova moltissimi testi, tutti scritti da uomini, ‘senza alcuna riconoscibile qualifica eccetto il fatto di non essere donne’. E considera anche alcune partciolari ingiusitizie, per esempio lei stessa è in difficoltà rispetto a qualsiasi uomo incontri anche solo per il fatto che lei, non avendo potuto frequentare l’università in quanto donna, manca di metodo nel condurre una ricerca di tipo scientifico. I titoli dei libri che alla fine spesso dispregiativi per il sesso femminile, diminutivi, a volte satirici: Ridotte dimensioni celebrali delle donne, Inconscio più profondo delle donne, Amore per i bambini nelle donne. Insomma,  libri prodotti in un intero sistema culturale che vedeva la donna costretta a mansioni meno importanti o comunque non “socialmente riconosciute o valide”, dove se pure qualche coraggiosa in passato avesse trovato il coraggio di affrontare i pregiudizi del proprio tempo, di esprimere pensieri e sentimenti tramite qualche forma d’arte, sarebbe stata sminuita e osteggiata dalla società… persino dalle altre donne.

” Per secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi dal potere magico e delizioso di riflettere la figura dell’uomo ingrandita fino a due volte le sue dimensioni reali. E’ questa la ragione per la quale sia Napoleone che Mussolini insistono con tanta enfasi sulla inferiorità delle donne, perchè se queste non fossero inferiori, verrebbe meno la loro capacità di ingrandire. Ciò serve a spiegare in parte la necessità che tanto spesso gli uomini hanno delle donne. E serve anche a spiegare perchè gli uomini diventano così inquieti quando vengono criticati da una donna; e come sia possibile per una donna dire loro questo libro è brutto, questo dipinto è brutto, questo dipinto è debole, senza procuragli molto più dolore e suscitare molta più rabbia di quanta non ne susciterebbe un uomo che facesse la stessa critica. Perchè se lei comincia a dire la verità la figura nello specchio si rimpicciolisce.”

Il ruolo subordinato della donna, secondo la Woolf, ha condizionato tutta la letteratura femminile, corrompendo l’integrità della figura del romanziere. Alcune scrittrici hanno dovuto usare uno pseudonimo maschile per essere pubblicate (George Sand), altre riuscivano ad astrarsi nel salotto di casa e nascondevano i loro scritti per evitare contaminazioni esterne (Jane Austen), altre, tante, troppe hanno sviluppato un’ansia di rivincita accompagnata al contempo dalla preoccupazione del giudizio degli uomini. In pratica non sono mai state libere di scrivere realmente ciò che volevano scrivere.
E qui interviene con un consiglio/intuizione a mio avviso davvero affascinante: la letteratura femminile dovrebbe essere una letteratura androgina per poter essere davvero libera. Sarebbe un errore creare una letteratura speculare a quella dominante maschile, perchè avrebbe gli stessi difetti di questa. La nuova letteratura dovrebbe essere caratterizzata dalla collaborazione tra elementi maschile e femminile che sono presenti in ogni essere umano.

Leggere queste riflessioni per me è stato arrivare a comprendere un modo di esistere basato sull’esigenza di stare a stretto contatto con la realtà per osservare le cose come sono, e per scriverle slegate da concetti di struttura pre-esistenti.
Un modo di vivere che pone in risalto l’esperienza personale al di sopra di ogni altra forma.

Quando leggo di una strega gettata nel fiume, di una donna posseduta dai diavoli, di una levatrice esperta di erbe, o perfino dell’esistenza della madre di qualche uomo notevole, penso che siamo sulle tracce di un romanziere perduto, di un poeta costretto al silenzio, di qualche muta e ingloriosa Jane Austen, di qualche Emily Bronte che si sarà fracassata il cervello fra le brughiere, oppure avrà vagato gemendo per le strade, resa pazza dalla tortura inflittale dal proprio talento. Infatti sarei capace di scommettere che Anonimo, il quale scrisse tante poesie senza firmarle, spesso era una donna. E’ stata una donna, suggerisce Edward Fizgerald, credo, a comporre le ballate e i canti popolari, accordandoli al ritmo della culla, oppure per ingannare il tempo mentre filava, durante le lunghe sere d’inverno.

Egle Spanò