L’estate muore giovane – Mirko Sabatino #MirkoSabatino #recensione

Editore: Nottetempo
Collana: Narrativa

*Pensai che l’infelicità fosse una condanna a cui non si poteva sfuggire, e che aveva una capacità di adattamento infallibile. Aderiva alla vita delle persone senza lasciare vuoti, e nessuno poteva dirsene al sicuro*

Anno domini 1963. Tre amici dodicenni, bambini i cui “corpi non andavano molto oltre la maglietta e pantaloncini” con cui erano vestiti. Primo, Mimmo e Damiano. Un paese (piccolissimo), l’estate feroce (atrocemente), l’incoscienza (per un poco ancora) senza peso, la fedeltà l’unica strada senza polvere, la bellezza il senso, la purezza (nel bene e nel male) una mano che tiene insieme i pezzi.
Alcuni padri mancano, ognuno per una ragione precisa, e la loro mancanza è dolore, rabbia, stoicismo, direzione, scopo, letteratura, fame.
Le donne sono semplicemente e meravigliosamente donne, minuscole trasgressioni alla volgarità del tempo che scorre, dee, ciascuna con il proprio nodo d’ossa appiccicato all’ombra che fanno, pregando o resistendo o tenendo ferme le cose perché il caos, almeno lui, le risparmi.
La violenza è nuda e cruda, senza fronzoli. La carne scorre prima del sangue, come tutto ciò che cresce, sta per esplodere e l’intelligenza – ancora – lo tratteggia, lo tiene, lo scava. Le cose accadono, con straordinaria semplicità: il gioco, il lutto, il desiderio, le atrocità, il patto, gli inizi e la fine.

“Le sue mani erano ruvide e sapevano di candeggina. Sapevano sempre di candeggina, le mani di mia nonna. Non ho mai dimenticato quell’odore. Per me è l’odore che ha la dolcezza.”

Non è una storia leggera, quella di Primo, Mimmo e Damiano. Non è un caldo rassicurante quello dell’estate del ’63. Eppure dalle pagine, insieme a un male sordo che cova allo stomaco, traspira grazia, una delicatezza difficile da fermare a chiacchiere, l’ingombrante, straordinaria bellezza dei sentimenti nudi e crudi, prima che il compromesso li insudici (il compromesso, non la vendetta), ben prima che la stanchezza li sotterri, nel momento esatto in cui la memoria li vorrebbe fermati, salvati, messi al sicuro.
Un piccolo gioiello di realismo e polvere, brutalità e romanticismo, ossa e poesia – quella del mare, quella della pelle e del colore che prende quando lì vicino c’è il mare.
Consigliatissimo.

“La vita è ciò che ti capita tra la nascita e la morte. Tu scegli poco. Le persone e gli avvenimenti ti si impigliano addosso, ciechi, tenaci, e durante il percorso qualcosa resta, qualcosa si aggiunge, molto si perde, poi tutto.”

Rob Pulce Molteni

DESCRIZIONE

Estate del 1963. I Beatles hanno da poco registrato il loro primo disco, Martin Luther King annuncia il suo sogno all’America e in un paesino del Gargano tre ragazzini, Primo, Damiano e Mimmo, trascorrono le lunghe e afose giornate tra la piazza, i vicoli e il loro rifugio segreto sulla scogliera. Amici per la pelle come si può essere solo a dodici anni, condividono tempo e segreti.

Un giorno, un gruppo di teppistelli si accanisce su Mimmo e i ragazzini decidono di suggellare un patto di alleanza: quando uno di loro o della loro famiglia sarà vittima di un sopruso, i tre risponderanno con una vendetta proporzionale all’affronto. Ma gli eventi di quell’estate sonnolenta sterzeranno verso traiettorie brutali e inaspettate, e il patto verrà rispettato in modo sempre piú drammatico e disperato.

Smile – Roddy Doyle #RoddyDoyle

Dublino, giorni nostri. Victor Forde, 54 anni, è da poco tornato a vivere nel quartiere popolare della sua infanzia. Alle spalle, un matrimonio fallito e una carriera di giornalista che non è mai decollata veramente. Ogni sera Victor affoga l’amarezza della sua vita al pub Donnelly’s, dove incontra Ed Fitzpatrick, che sostiene di essere un suo vecchio compagno di scuola. Victor non riesce a ricordare di averlo frequentato, i suoi modi rozzi e sfacciati lo infastidiscono, ma qualcosa in lui lo attira. Lo strano legame che si instaura tra Victor e Ed è l’occasione per raccontarsi il passato, vecchi episodi di quando frequentavano una scuola cattolica nella quale Victor, timido e introverso, era oggetto degli scherzi crudeli dei compagni e forse anche di qualcosa di peggio.

Di questo romanzo qualcuno ha già scritto tempo fa e mi resta perciò solo una piccola e precisa urgenza. Roddy Doyle è un autore che venero (sì, sì, non è che mi piace molto: lo venero proprio!) e ogni volta, ogni santissima volta, da decenni ormai, la sua lettura rappresenta per me un piacere, un privilegio, un’esperienza letteraria a trecentosessanta gradi e anche qualcosa di più, per varie ragioni non tutte pertinenti.
Ma stavolta, per un lungo tratto (metà romanzo, grosso modo, perché poi la storia va da un’altra parte) mi ha scalpellato addosso, dando una caratterizzazione del protagonista che, per tanti, troppi tratti, mi ha ricordato me stesso, molti miei limiti, certi miei difetti, alcune vulnerabilità. Il tutto scritto e descritto come scrive e descrive Doyle. Cioè in modo dolorosamente vero. E un certo dolore di fondo ho provato, in effetti. Finché, come detto, la vicenda prende poi altre direzioni e sono potuto tornare alla realtà, la mia soltanto.
Comunque, sentirsi il personaggio principale di un libro di Doyle, anche solo (per fortuna) fino a un certo punto e per aspetti piuttosto criticabili, credetemi, non ha prezzo…

“mi hanno davvero spaventato perché, a seconda di come le cose cambiavano, una parola sbagliata, una maglia sbagliata, il gruppo sbagliato o un sorriso irresistibile, potevano distruggerti.

Iuri Toffanin