Smile – Roddy Doyle #RoddyDoyle

Dublino, giorni nostri. Victor Forde, 54 anni, è da poco tornato a vivere nel quartiere popolare della sua infanzia. Alle spalle, un matrimonio fallito e una carriera di giornalista che non è mai decollata veramente. Ogni sera Victor affoga l’amarezza della sua vita al pub Donnelly’s, dove incontra Ed Fitzpatrick, che sostiene di essere un suo vecchio compagno di scuola. Victor non riesce a ricordare di averlo frequentato, i suoi modi rozzi e sfacciati lo infastidiscono, ma qualcosa in lui lo attira. Lo strano legame che si instaura tra Victor e Ed è l’occasione per raccontarsi il passato, vecchi episodi di quando frequentavano una scuola cattolica nella quale Victor, timido e introverso, era oggetto degli scherzi crudeli dei compagni e forse anche di qualcosa di peggio.

Di questo romanzo qualcuno ha già scritto tempo fa e mi resta perciò solo una piccola e precisa urgenza. Roddy Doyle è un autore che venero (sì, sì, non è che mi piace molto: lo venero proprio!) e ogni volta, ogni santissima volta, da decenni ormai, la sua lettura rappresenta per me un piacere, un privilegio, un’esperienza letteraria a trecentosessanta gradi e anche qualcosa di più, per varie ragioni non tutte pertinenti.
Ma stavolta, per un lungo tratto (metà romanzo, grosso modo, perché poi la storia va da un’altra parte) mi ha scalpellato addosso, dando una caratterizzazione del protagonista che, per tanti, troppi tratti, mi ha ricordato me stesso, molti miei limiti, certi miei difetti, alcune vulnerabilità. Il tutto scritto e descritto come scrive e descrive Doyle. Cioè in modo dolorosamente vero. E un certo dolore di fondo ho provato, in effetti. Finché, come detto, la vicenda prende poi altre direzioni e sono potuto tornare alla realtà, la mia soltanto.
Comunque, sentirsi il personaggio principale di un libro di Doyle, anche solo (per fortuna) fino a un certo punto e per aspetti piuttosto criticabili, credetemi, non ha prezzo…

“mi hanno davvero spaventato perché, a seconda di come le cose cambiavano, una parola sbagliata, una maglia sbagliata, il gruppo sbagliato o un sorriso irresistibile, potevano distruggerti.

Iuri Toffanin

Pubblicità

The Commitments, Roddy Doyle

Della serie riletture, stavolta è toccata a “The Commitments” di Roddy Doyle.
Beh, il libro è scritto un po’ così così, tutto dialoghi.
Buona l’idea di raccontare di ragazzi di Dublino degli anni ’80 che vogliono mettere su una band che suona cover soul e rythm and blues ispirandosi a James Brown e Otis Redding.
La band si forma e poco dopo finisce fra ingenuità, gelosie, malumori e cazzotti.
Lettura abbastanza piacevole, scrittura, insomma.
Non ho visto il film che ne ha tratto Alan Parker, ma il libro sembra già una sceneggiatura.

L’ho riletto perché ovviamente dopo 20 anni non lo ricordavo, come mi succede quasi sempre. Il film lo vedrei volentieri. Mi son fatta l’idea che il libro possa aver avuto successo perché all’epoca tutto quello che era irlandese era buono, la scrittura però per il mio sentire difetta molto.

Lorenza Inquisition Allora. Io pure li ho letti quando sono usciti, metà anni novanta, onestamente non mi ricordo molto però mi ricordo che questo dei tre mi era piaciuto meno di tutti. Gli altri due libri, quello della figlia rimasta incinta e del van per vendere cibo me li ricordo solo come divertenti. Il film penso piaccia per la colonna sonora, soprattutto.

10420157_10203624478828288_1429771706959229267_n