Storie della tua vita – Ted Chiang #recensione

Raccolta di racconti.

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Vincitore dei premi Hugo, Sidewise, Locus e Nebula per i suoi lavori, Ted Chiang è una scoperta che ammalia in sette degli otto racconti che compongono questo volume (uno non mi è proprio andato giù).
Nel narrare Chiang toglie la terra da sotto i piedi al lettore letteralmente e metafisicamente: non esiste più un sopra un sotto, un prima e un dopo, ma tutto si compone in un nuovo piano simultaneo in cui esiste solo il movimento con cui l’autore porta il lettore a cogliere l’essenza dei personaggi, l’essenza della storia e della scrittura.
Entusiasmante e sorprendente, Chiang lancia un incantesimo con le sue storie: in una i costruttori della torre di Babele cercano di forare la vita celeste con dei trapani da trivellazione e ci riescono, in un’altra nella Londra del diciannovesimo secolo le scoperte scientifiche sono guidate da mistici e cabalisti che creano golem sofisticati molto simili ai robot di Asimov, nella speranza di salvare il genere umano dall’estinzione per infertilità. Un’altra ancora vede un individuo salvato dal coma da un farmaco miracoloso che però aumenta le sue capacità celebrali talmente tanto che deve darsi alla macchia per non essere usato dalla CIA come arma di distruzione di massa.
Una storia potreste averla vista al cinema ed è quella che ha ispirato il film the Arrival, in cui una linguista viene chiamata a mediare il primo contatto con una specie aliena denominata eptapodi. Nell’ultima storia per proteggersi dai bombardamenti standardizzati dei pubblicitari e dalla tendenza sempre più narcisistica della società, un gruppo di umani sviluppa un farmaco che impedisce alle persone di essere ammaliate dalla bellezza umana e combatte contro le lobby pubblicitarie per emancipare il genere umano.
In realtà tutte queste descrizioni solo riduttive perché Chiang ha una sua logica, come Jennifer Egan nel suo premiato libro, che attraversa tutte queste storie, come porte scorrevoli su una domanda che risuona coi suoi echi in tutte le narrazioni: cosa ci rende umani e qual è il nostro destino?

Stefano Lillium

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Il tempo è un bastardo – Jennifer Egan #JenniferEgan

“Il tempo non aspetta nessuno e il mondo va avanti, nonostante noi, i nostri problemi e le nostre vite”.

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“Il tempo è un bastardo”, lo sappiamo tutti, ma Jennifer Egan ce lo mostra con stile superbo e con una forma narrativa geniale: è formato da una serie di racconti diversissimi tra loro per ambientazione, tempo e stile, in cui ricorrono gli stessi personaggi.
Mi sono innamorata di questo libro fin dal primo racconto e ha mantenuto fede alle mie aspettative per tutto il tempo in cui è durata la nostra storia – poco, perché è così magnetico che DEVI leggerlo e non puoi fare altro. Unico lieve calo: l’ultimo racconto, ambientato in un immaginario futuro prossimo.
Ho amato tutto: personaggi, ambientazioni, linguaggio e, come dicevo, stile e forma narrativa.
Questi racconti non sincronici, ma spostati nel tempo e nello spazio, che vanno a comporre un unico grande puzzle, raccontano i momenti più densi di significato della vita di ogni protagonista e al contempo ci permettono di scoprire quanto accade loro e ad altri personaggi (nonostante questi non abbiano un racconto “tutto per loro”) nell’arco di vent’anni. Un quadro che si svela man mano e che viene dipinto dalla Egan con assoluta maestria.
Il contesto dell’ambiente punk/rock e dell’industria musicale è perfetto per lo sviluppo della tematica dell’inevitabile scorrere del tempo, della morte dei sogni e della necessità di cambiamento che ogni essere umano avverte per continuare a vivere meglio che può, e mi ha fatto amare ancora di più questo libro.

Loretta B.

descrizione

“Il tempo è un bastardo” è un romanzo insolito, formato da una serie di racconti collegati dal ricorrere degli stessi personaggi. Al centro ci sono Bennie Salazar, ex musicista punk e ora discografico di successo, e il suo braccio destro Sasha, una donna di polso ma dal passato turbolento. Le loro storie si snodano fra la San Francisco di fine anni Settanta e una New York prossima ventura in cui gli sms e i social network strutturano le emozioni collettive, passando per matrimoni falliti, fughe adolescenziali nei bassifondi di Napoli, scommesse azzardate su musicisti dati troppe volte per finiti. Intorno a Bennie e Sasha si compongono le vicende delle loro famiglie e dei loro amici: una galleria di coprotagonisti grazie alla quale Jennifer Egan riesce a raccontare le degenerazioni del giornalismo e dello star-system, la meraviglia delle droghe psichedeliche, le dinamiche emotive di un bambino autistico nella provincia americana del futuro. “Il tempo è un bastardo” supera gli stereotipi della narrativa tradizionale ma resta godibile e appassionante per tutti i lettori: un romanzo-mondo aperto alle infinite possibilità dell’esistenza e della prosa, che si è conquistato la vetta della scena letteraria americana e internazionale.