Comma 22 – Joseph Heller #comma22 #JosephHeller #recensione

Voi siete ufficiali americani. Gli ufficiali di nessun altro esercito al mondo possono dire la stessa cosa. Rifletteteci.

Comma 22 – Joseph Heller

Traduttore:R. Ceserani
Editore:Bompiani
Comma 22 è un libro del 1961, che ha venduto più di dieci milioni di copie dalla sua uscita, assurto nella classifica dei libri più significativi del Novecento, riconosciuto nel tempo come un capolavoro della letteratura satirica antimilitarista e uno dei punti di partenza di quella postmoderna.
Il protagonista è l’antieroico bombardiere americano Yossarian; come tutti i soldati in guerra ha paura, non vuole morire, non gli importa della patria, della liberazione dai nazisti, della democrazia. Yossarian vuole solo tornare a casa, e passa le giornate a inventarsi modi per evitare di volare e marcare visita in infermeria, ossessionato dal fatto che migliaia di soldati e di persone sconosciute della contraerea e dell’esercito nemici, a cui lui personalmente non ha fatto nulla, tentino continuamente di porre fine ai suoi giorni.
Il romanzo è ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale su un’immaginaria isola del Mediterraneo dove la compagnia di Yossarian è di stanza, un bordello immane popolato da soldati doppiogiochisti, arrivisti di ogni categoria, colonnelli maniaci delle parate militari e dell’avanzamento di carriera, cappellani con crisi di coscienza, prostitute romane, esperti trafficoni del contrabbando, malati immaginari e militi morti. Ogni cosa ha un senso e allo stesso tempo è folle; tutto sembra essere terribilmente insensato ma viene supinamente accettato; a ogni problema corrisponde una risposta dello statuto militare, una postilla che nessuno ha mai letto e che però nessuno contesta, perchè non si può, è così, e basta.
Poi c’era l’istruito texano del Texas che sembrava dipinto in Technicolor e che, patriotticamente, riteneva che le persone con i soldi – la gente perbene – dovessero disporre di più voti rispetto a vagabondi, puttane, delinquenti, degenerati, atei e gente poco perbene – le persone senza soldi.
Comma 22 è un libro da leggere per tanti motivi, innanzitutto per la sua storia e la sua portata storica; ha uno stile particolare ma tutto sommato accattivante, personaggi sempre sopra le righe, linguaggio brillante, situazioni comiche (ma il tema è quello della guerra, e quindi non sempre fa ridere), grottesche, surreali, inverosimili. Adotta un approccio molto raro per l’argomento trattato, l’ironia che lentamente evolve in orrore. Non è difficile immaginare che un romanzo di cui abbiamo recentemente parlato qui nel gruppo, quel M.A.S.H. che dissacrava la guerra in Corea, abbia attinto a piene mani da questo suo predecessore.
Comma 22 è un libro che fa obiettivamente ridere, ma non è un libro comico: alle battute fulminanti e ironiche si alternano momenti di grande empatia sull’orrore di morire in guerra, lontano da casa, sulla paranoia di essere soli in una terra straniera di cui nulla si sa e dove si potrebbero trascorrere, inascoltati, i propri ultimi momenti, sul terrore di non poter far nulla per cambiare il proprio destino deciso da ordini di un colonnello che muove i propri uomini come pedine.
A tale magnificenza storico letteraria, purtroppo, non corrisponde pienamente, secondo me, la declinazione reale del libro, che è troppo lungo in alcune parti, e davvero prolisso in altre. Per scelta stilistica non esiste una trama lineare, le situazioni si avvicendano e si accavallano in modo surreale, ricorrente, insensato, per meglio rendere il senso dell’inutilità della macchina della guerra: ma alla lunga il meccanismo diventa ripetitivo, e un poco datato.
Al di là delle difficoltà di lettura, comunque, è un grande classico, che ha avuto un impatto enorme sulla società e sulla letteratura non solo americane, il paradosso del Comma 22 è divenuto parte del linguaggio comune per indicare l’assurdo circolo vizioso di certa burocrazia -non solo militare- , ed è un romanzo che ha conquistato generazioni di studenti, professori, giornalisti, e infine persone comuni, finalmente scettici nei confronti dell’establishment militare del dopoguerra. Negli anni in cui usciva il romanzo, ragazzi americani ricominciavano a morire per la Patria in un Paese che non sapevano neanche precisamente dove fosse, un Vietnam bombardato giorno e notte con il napalm. Milioni di persone, non solo universitari, scendono in piazza, si invoca la pace, si contesta il conflitto e -di conseguenza – il potere costituito. Sotterraneo dal libro avanza un nome, scivola di bocca in bocca, arriva sulle magliette psichedeliche, sugli striscioni con gli arcobaleni, si alza in cielo prepotentemente. “Yossarian vive”.
“Je suis Yossarian” scriveremmo oggi sui nostri stati social.
Un libro così, adesso sarà forse un po’ accantonato, ma non deve morire.
Lorenza Inquisition

 

Saigon e così sia – Oriana Fallaci #OrianaFallaci #recensione

“E’ stata, è, una Hiroshima senza fine; per arrivare a una fine senza fine.”

Editore: Rizzoli
Anno edizione: 2010

Tutto si può dire di lei, tranne che non sapesse scrivere. Possiamo discutere sugli argomenti, ma non sulla forma. In questo caso, si tratta di un reportage di guerra, raccontata dalla parte opposta rispetto a “Niente e così sia“; in quest’ultimo la scrittrice si trovò faccia a faccia col Sud e le sue tradizioni, con la presenza fissa degli americani, e divenne un libro di denuncia, il racconto delle atrocità perpetrate durante una delle più sanguinose e inutili guerre che siano mai state combattute. In Saigon e così sia invece la scrittrice viaggia verso il Nord e successivamente verso la Cambogia, raccontando aneddoti, esperienze e incontri, andando a completare il quadro della guerra del Vietnam vista attraverso i suoi occhi: è il libro della disillusione, faccia a faccia con i vietcong e col comunismo. Il Vietnam del Nord, che è stato tanto idealizzato, di cui tanto si è parlato, non è il luogo che si aspettava.
Oriana in questo caso è anche abbastanza intellettualmente onesta da non esser sfacciatamente di parte, anche se non giurerei sulla totale obiettività e oggettività di quello che scrive. Ma d’altra parte, quando mai un narratore, per quanto voglia solo descrivere, riesce davvero a non farsi influenzare dalle proprie idee e sentimenti?

Io sono nata nel 1978, quindi non ho vissuto direttamente quel periodo storico. Il libro quindi è stato per me interessante anche per capire come allora venisse vista in Occidente, ed in italia in particolar modo, quella guerra, della quale perlopiù so da film americani. Certamente non oggettivi nemmeno loro!

Molto bella la prima parte del libro, che racconta il soggiorno ad Hanoi. La narrazione è veloce, diretta, ti proietta sul luogo con la scrittrice. Le altre pagine poi sono raccolte di articoli pubblicati, non più quindi sotto forma di diario ma di analisi di vari aspetti della guerra, raccontata quindi in maniera più distaccata. Una lettura che è un ottimo spunto per cercare di approfondire una guerra ed un periodo storico che altrimenti, per la mia generazione, rimane pressochè sconosciuto (non so se nel frattempo sia cambiato qualcosa, ma ai miei tempi a scuola si riusciva a malapena ad arrivare alla seconda guerra mondiale. Tutto ciò che è successo nel secolo successivo, ed a mio parere assolutamente fondamentale per capire il mondo di oggi e le sue guerre, non viene praticamente nemmeno accennato). Questo testo, inoltra, rende evidente che il comunismo totalitario non è stato solo quello russo, come le dinamiche politiche e sociali in quegli anni hanno stravolto non solo l’Europa ma anche l’Est, che con la caduta del muro il comunismo non è finito.

Cecilia Didone