I Malavoglia, Giovanni Verga

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Tre libri ho letto dall’inizio dell’anno. Al di sotto della vostra fantasmagorica media, ma insomma, non è neanche finito Gennaio (la maestra mi ha insegnato che i giorni della settimana e i mesi si scrivono con l’iniziale maiuscola, me lo confermate?).

1. I Malavoglia di Giovanni Verga
2. Undici per la Liguria
3. Gli anni al contrario di Nadia Terranova

Il primo lo conoscete tutti, non ve lo devo certo spiegare io. Tuttavia, qualcuno qui – giustamente – glorificava Il conte di Montecristo che io conosco solo grazie a Radio3, perché la scuola non mi ha dato occasione di incontrarlo. Dunque potrebbe essere capitato anche a voi di non esservi imbattuti in un classico importante: se putacaso non l’avete letto, leggetelo, perché è un romanzo incredibile che vi darà un grande fastidio, e tuttavia vi piacerà.

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Ora vi parlerò di Undici per la Liguria. Una bieca operazione commerciale? NO. Si tratta di un librino che costa solo 6 euro in cui trovate undici racconti di scrittori liguri il cui ricavato va a una scuola genovese danneggiata dall’alluvione. Quale alluvione? Bella domanda. Una a caso negli ultimi mesi.
I racconti sono ispirati alla pioggia, alla fragilità del territorio, alla solidarietà; altri sono stati donati senza apparente correlazione al tema dominante: tuttavia, sembra che ognuno parli delle paure universali di tutti noi.
Se come me leggete sul tram, e non temete di avere i lucciconi in pubblico, è proprio adatto a voi.
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Gli anni al contrario di Nadia Terranova: qui ci vuole una riflessione più articolata.
È uscito in questi giorni, forse ne avrete letto sui giornali o altrove,
Io vorrei dirvi tante cose, ma, vi giuro, non posso spingermi troppo. Ho letto già troppe recensioni che scoprono la trama, e questo non mi piace.
Quando vado a vedere un film che mi intriga, salto di proposito i commenti e le stelline.
Aspetto un po’ per scriverne. Intanto, voi, compratelo: non ve ne pentirete, perché è bellissimo.

Daniela Quartu

I Malavoglia, Giovanni Verga

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Monologo di Mena alle stelle.

Oh siete ancora là, compare Alfio! rispose Mena, la quale era rimasta sul ballatoio ad aspettare il nonno.
– Sì, sono qua, comare Mena; sto qua a mangiarmi la minestra, perché quando vi vedo tutti a tavola, col lume, mi pare di non esser tanto solo, che va via anche l’appetito.
– Non ce l’avete il cuore contento voi?
– Eh! ci vogliono tante cose per avere il cuore contento!
Mena non rispose nulla, e dopo un altro po’ di silenzio compare Alfio soggiunse:
– Domani vado alla città per un carico di sale. – Che ci andate poi per i Morti? domandò Mena. – Dio lo sa, quest’anno quelle quattro noci son tutte fradicie.
– Compare Alfio ci va per cercarsi la moglie alla città, rispose la Nunziata dall’uscio dirimpetto.
– Che è vero? domandò Mena.
– Eh, comare Mena, se non dovessi far altro, al mio paese ce n’è delle ragazze come dico io, senza andare a cercarle lontano.
– Guardate quante stelle che ammiccano lassù! rispose Mena dopo un pezzetto. Ei dicono che sono le anime del Purgatorio che se ne vanno in Paradiso.
– Sentite, le disse Alfio dopo che ebbe guardate le stelle anche lui;
voi che siete Sant’Agata, se vi sognate un terno buono, ditelo a me, che ci giuocherò la camicia, e allora potrò pensarci a prender moglie…
– Buona sera! rispose Mena.
Le stelle ammiccavano più forte, quasi s’accendessero, e i Tre Re scintillavano sui fariglioni colle braccia in croce, come Sant’Andrea.
Il mare russava in fondo alla stradicciuola, adagio adagio, e a lunghi intervalli si udiva il rumore di qualche carro che passava nel buio, sobbalzando sui sassi, e andava pel mondo il quale è tanto grande che se uno potesse camminare e camminare sempre, giorno e notte, non arriverebbe mai, e c’era pure della gente che andava pel mondo a quell’ora, e non sapeva nulla di compar Alfio, né della Provvidenza che era in mare, né della festa dei Morti;

– così pensava Mena sul ballatoio aspettando il nonno.
Il nonno s’affacciò ancora due o tre volte sul ballatoio, prima di chiudere l’uscio, a guardare le stelle che luccicavano più del dovere, e poi borbottò: – «Mare amaro!»