Nel pomeriggio ci siamo spinti in Croatia, dove i Bon Jovi hanno tenuto lo scorso 9 giugno un concerto sold out allo Stadion Maksimir di Zagreb.
Preferisco chiamare le città con il loro nome originale. Italianizzarlo è un po’ come vedere un film doppiato: una follia che ci impongono per logiche di mercato. Alle quali oggi, grazie alle nuove tecnologie del dvd e delle tv satellitari, si riesce facilmente a sfuggire. Anzi che all’epoca non gli è venuto in mente di farlo anche con la musica, altrimenti oggi avremmo Peppino Di Capri che canta Scalinata pe o’ parais e non avremmo mai sentito la voce di Robert Plant.
Alessandro Gabrielli – We were born to follow (inseguendo i Bon Jovi)
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Non è stato un acquisto impulsivo, per me, quello di “We were born to follow” di Alessandro Gabrielli, questo genere di libri può essere un susseguirsi unico di sviolinate senza alcuno spirito critico che, sinceramente, non fanno per me. Mi ha convinto a provarlo il fatto che metà degli incassi sarebbero stati versati in beneficenza (ovviamente ad un’associazione di Jon Bon Jovi). Male che vada, mi sono detto, avrò fatto una buona azione.
E alla fine, è andata male. Ma proprio male male.
Alessandro Gabrielli si professa scrittore (questo è il suo secondo libro) e come tale lo criticherò, cercando di lasciare perdere la componente fanatica.
Il libro è scritto veramente male, pensieri buttati alla rinfusa che, chissà, forse avrebbero dovuto aumentare il tasso di simpatia del volume ma di fatto hanno fatto contribuito solo a peggiorarlo.
Uno stile che, forse (forse!!!), potrebbe andare bene per un blog ma, secondo il mio modesto parere, un libro deve essere ben altro.
L’autore è piuttosto supponente nella sua prosa e, tra le altre cose, dichiara di voler utilizzare i nomi geografici nella loro lingua originale ma poi mi usa l’inglese Croatia per indicare la Hrvatska.
Senza elencare poi i vari errori commessi nel riportare termini in inglese: mi pare evidente che non vi sia stata una grande opera di revisione del testo.
Parlando strettamente dei contenuti, questa è la storia in ordine sparso del come e perché il Gabrielli si sia innamorato dei Bon Jovi: dai primi ascolti adolescenziali ai viaggi intrapresi per vedere i loro concerti, fino al suo matrimonio a New York con viaggio di nozze in pellegrinaggio nel New Jersey organizzato all’insaputa della moglie. Livello stalking: 10 cum laude. Io sono decisamente un pivellino.
Tra un capitolo e l’altro ci sono spesso intermezzi scritti da ospiti che hanno condiviso alcune delle avventure con l’autore e che cercano di raccontare la loro versione dei fatti.
Poi abbiamo analisi con traduzione di alcuni testi, un’intervista a Doug Katsaros, musicista che collaborò come session man al primo disco dei Bon Jovi (e unico che abbia accettato di rilasciare un’intervista per il libro), un’intervista inventata a Jon, lettere aperte scritte a tutti i membri, analisi di alcuni testi fatti da persone che non conoscono i Bon Jovi e ultimo ma non ultimo, anche perché è quasi un’introduzione, un breve testo di Gianluca Morozzi sul come siano venuti prima i Bon Jovi di Springsteen nella sua adolescenza.
Di tutto un po’, insomma, senza seguire una vera e propria scelta stilistica.
E poi, dopo aver letto un libro che contiene il seguente periodo, non merito un premio per averlo finito?
“Quando online è stato postato (o mio dio, che gergo da internauta! Non correggo ma chiedo venia con una stilla di vergogna) lo schedule dell’Have a nice day Tour il mio focus si è immediatamente proiettato su quel target, ai miei occhi un vero e proprio unicum: Croke Park, Dublin, Ireland.”
Rece by Massimo Arena

