Orient – Christopher Bollen #Orient #Bollen

«Un lungo racconto che sta a metà fra il thriller classico e una ricerca letteraria che abbraccia Francis Scott Fitzgerald e Jay McInerney». G. De Cataldo, La Repubblica
Traduttore: D. Guglielmino
Collana: Varianti
“Questi artisti avevano lottato tanto per lasciare i piatti scenari della loro infanzia, abbandonando ogni cosa per scappare a New York, e adesso eccoli lì, disperati di ritornare ai sobborghi, disposti a pagare oscene quantità di denaro per le stesse case e gli stessi quartieri che li avevano intrappolati in gioventù”.

Intanto non sono molto brava a dare opinioni, forse le reputo spesso troppo soggettive. E’ un libro che mi ha abbastanza spiazzato, ma è colpa mia. Avevo letto qualcosina dalla quarta di copertina, un paio di commenti e un inizio di trama e non so perchè mi ero convinta fosse tutt’altro, mi aspettavo qualcosa di diverso, di più “british”, di meno attuale. Anche se forse anche Agatha Christie all’epoca poteva essere così, con alcuni suoi personaggi meno convenzionali.
Però superate le mie perplessità iniziali e un inizio un po’ lento (forse per le perplessità) mi è piaciuto. Certo dopo tanti thriller qualche cosa ogni tanto si intuisce, ma altre volte sembra solo di intuirla e poi si scopre di aver sbagliato. L’ambientazione, i personaggi e le descrizioni mi sono piaciuti molto, mi sono sembrati molto realistici.

Non ci sono grandi detective anche se c’è chi detective si improvvisa, chi per paura e curiosità e forse noia, chi per provare a difendersi. C’è una piccola cittadina che ha paura, in realtà aveva già paura da prima, anche quando di paura non avrebbe dovuto essercene. La paura del cambiamento, della crescita, del diverso. C’è la solita piccola vita quotidiana, che nasconde i suoi “soliti” segreti. E poi ci sono tutti i diversi, gli altri che per qualche motivo sono diversi, magari perchè semplicemente sono nati lontano da Orient, o da Orient hanno provato ad allontanarsi.

Orient era casa sua, adesso, più di Modesto. Forse, alla fine, una casa è il posto dove non hai altra scelta se non rimanere.

Irene G.

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Britt-Marie è stata qui – Fredrik Backman #FredrikBackman #BrittMarie

«Britt-Marie adorava quell’immagine. Una volta cresciuta, ha lavato i vetri con il Faxin ogni giorno per una vita intera e non ha mai avuto problemi a vedere il mondo. Solo che il mondo non ha mai visto lei»

Traduttore: A. Stringhetti
Collana: Scrittori italiani e stranieri

Il nuovo anno mi ha fatto conoscere Britt-Marie e io mi porterò Britt-Marie nel cuore per tanto, tanto tempo.
Nelle prime pagine del libro facciamo la conoscenza di questa infaticabile sessantenne: Britt-Marie lava i vetri di casa tutti i giorni, pulisce il materasso con il bicarbonato ogni volta che va via di casa anche solo per un giorno. Quando il marito spinge il carrello della spesa lei gli si mette a fianco e appoggia una mano sul carrello stesso: per tutto il tempo della spesa. Britt-Marie giudica gli altri da come ordinano le posate nell’apposito cassetto perché si sa, c’è un unico modo per tenere in ordine il cassetto delle posate. Non può fare a meno di entrare in una cucina altrui senza notarne il disordine e la sporcizia (ci sono sempre!) e cercare di porvi rimedio. E un bicchiere appoggiato su un tavolo senza sottobicchiere le provoca un tale turbamento che è meglio fare molta attenzione se le si offre qualcosa da bere.

Britt-Marie sembra proprio una donna di mezza età insopportabile, snervante e ossessiva. Le prime pagine del libro mi hanno fatta sorridere e contemporaneamente innervosire (soprattutto il pensiero di qualcuno che mette una mano sul carrello mentre lo stai spingendo!).

Incontriamo la protagonista all’ufficio del lavoro mentre sta cercando un impiego, mettendo in seria difficoltà la giovane impiegata. I dialoghi tra le due sono esilaranti, memorabili. Britt-Marie può mettere a dura prova anche gli impiegati più stoici.

Però mentre Britt-Marie parla e pensa vengono fuori certi dettagli e il quadro generale si arricchisce…

Per esempio il fatto che è andata via di casa dopo l’infarto del marito perché è stata la giovane amante di lui a telefonarle per dirle che l’uomo stava male. E il modo in cui Britt-Marie ci dice che sapeva di quella storia, che lo ha sempre saputo, vi assicuro commuove fino alle lacrime.
Non sta cercando lavoro perché ha bisogno di soldi. Ha letto di una donna sola, morta nel suo appartamento e scoperta solo perché i vicini si erano lamentati dell’odore. Se sei da sola, se non hai nessuno, avere un lavoro significa che qualcuno noterà la tua assenza se dovessi morire… Lei non ha bisogno di molto altro. Ha bisogno di essere vista. Ha bisogno di esserci. Ha bisogno di sentirsi importante. E in fondo non è forse un bisogno comune a tutti noi? La necessità di sentirsi reali, presenti, non trasparenti. Di saperci… visti.
Perché quanto può essere reale una donna se ogni sera suo marito si alza da tavola senza una parola sul cibo che lei gli ha preparato con tanta cura? Ogni sera. Quanto può essere notata se la personalità travolgente dell’uomo che le sta a fianco le incolla addosso l’etichetta di persona socialmente inadeguata, rigida e noiosa, tanto che quando qualcuno dimostra interesse per quello che dice lei si risente (Ci si infastidisce se qualcuno mostra interesse quando non ci si è abituati)
“Lei non voleva che tutto fosse più facile, voleva solo che avesse importanza.”
E quel maniacale bisogno di pulizia e ordine forse ha una spiegazione, come scopriremo emozionandoci alla storia di Ingrid, sua sorella.

Nel corso della storia Britt-Marie ci fa ridere di lei e con lei perché lei stessa impara che tra le due cose c’è una grande differenza. Ci racconta del pericolo che si corre nel dedicare interamente la propria vita ad un’altra persona e ci parla delle difficoltà di stare nel mondo dopo 40 anni consacrati a qualcun altro. Nello stesso tempo ci regala un po’ di quella magia che a volte le persone sanno portare nelle vite altrui.

Si ride, vi assicuro, si ride tantissimo leggendo questo libro. E ci si commuove tanto. Perché il libro ha il pregio di essere scritto molto bene, una scrittura brillante e fluida capace di portarti ad un’irrefrenabile ilarità per poi trafiggerti con stilettate di compassione, il tutto nello spazio di due righe. Ho avuto la tentazione di mandare a quel paese la cara Britt-Marie, ma mi è spesso venuta voglia di abbracciarla (lei non vorrebbe, però, il contatto fisico la atterrisce) e averla come amica perché in un modo tutto suo lei è speciale.

Britt-Marie trova lavoro e viene mandata a Borg, un paesino per il quale è difficile trovare qualcosa di gentile da dire.
E da qui parte la vera storia. Una storia fatta di episodi paradossali, di casualità e malintesi, di stupendi bambini che giocano a calcio in una squadra che non è una squadra, di un ratto e di mille altre cose e di tanti altri personaggi più o meno squinternati. Il calcio è importantissimo in questa storia, è fondamentale. I personaggi che incontriamo sono spettacolari e un po’ mi hanno ricordato le atmosfere di “Una banda di idioti” di John Kennedy Toole, un libro che ho amato tantissimo e che ogni tanto rileggo.

Penso che tra qualche tempo rileggerò anche questo libro, spero di ritrovare Britt-Marie da qualche parte. Le voglio molto bene.

Chissà, magari avrà scovato qualche altro modo di utilizzare il bicarbonato (in questo è identica a mia madre: il bicarbonato risolve qualunque problema!)
Vi state chiedendo quale sia il giusto ordine in cui disporre le posate nell’apposito cassetto? Forchette /coltelli /cucchiai (ma io non sono affatto d’accordo con Britt -Marie su questo.)

Anna Massimino