Il bacio della bielorussa, Antonio Pagliaro

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Ho preso questo libro inquantocchè suggeritomi da Amazon, guardo le recensioni, il 90peccento da’ 5 stelle. Da consolidata esperienza, statisticamente so che alle recensioni di amazon così entusiaste devo subito applicare una rivalutazione al ribasso, cioè per capirci per me 5 stelle le puoi dare solo a Tolstoj and Co.  Se c’è gente che unanimemente le da’ a un giallo italiano, e non è neanche Sciascia o Scerbanenco, qualcosa che non va ci deve essere, la faccenda puzza. Comunque  ho deciso di buttarmi, e ho fatto male, già mi vedevo a fare la splendida con voi che ho trovato il giallo dell’anno ma che dico DEL MILLENNIO e così imparo a fare la vanitosa. L’ho finito stanotte e l’ho trovato brutto assai, cominciamo subito col dare un voto, tanto per rimanere in tema con l’introduzione pagellara, e si becca un bel (o brutt) due su cinque stelle, perchè la trama sarebbe in effetti avvincente, è una storia che scritta meglio avrebbe avuto numeri belli assai, ma per il resto, un grosso GROSSO bah.

A me, prima cosa, non piace come scrive. Va bene, lo stile è anche una cosa che al lettore può parlare o meno, non siamo tutti uguali, ma per me è scritto male, punto.

Poi, l’ambientazione. Per le prime 100, 150 pagine la storia si dipana in Olanda, dove un investigatore abbozzato con l’accetta che ha le solite caratteristiche di tutti gli investigatori da Marlowe in su (sociopatico, sciupafemmene, il lavoro prima di tutto ma ha i sensi di colpa per il figlio che non vede mai, fumatore, goloso di un qualche tipo di dolciume o in fissa con un qualche tipo di abbigliamento) incappa in un caso che vede coinvolti due italiani ritrovati in un canale, forse mafiosi.

Il personaggio in sè al di là della noia di aver già letto migliaia di volte di uno così, non è vivo, non esce dalle pagine, metà delle volte non ti ricordi che faccia abbia. Comunque il  primo grosso problema è proprio qua, l’ambientazione di questa prima parte. Se sei italiano, e scrivi di un detective olandese che vive in Olanda, mi spiace, ma devi essere proprio proprio molto bravo a scrivere, per renderlo vivo, questo personaggio, e credibile il suo mondo. Altrimenti se ne esce con quello che per me è stato insopportabile, la sensazione di un italiano che parla di un mondo non suo, e si sente, non trovo altro modo di spiegarlo,

Proseguendo con la storia, la vicenda si sposta in Sicilia, dove elementi noir di mafia e massoneria escono allo scoperto e si intrecciano all’indagine olandese. Qui il romanzo migliora nettamente, sia per l’introduzione di un nuovo personaggio, un killer mafioso, ben caratterizzato e ben scritto, con un ritorno del linguaggio siciliano alla Camilleri che è mi sa ormai imprescindibile per questo tipo di gialli, sia per l’ambientazione in una Palermo viva, sporca, credibile. Se non ci fosse stata la prima parte, per questo pezzo avrei dato tre stelle. Purtroppo la prima parte c’è, e non solo, investigatore e vicenda olandese vengono messi da parte come due calzini sporchi, così, buttati in un angolo in mezza riga, e addio.

Questo è il secondo grande problema del romanzo: vengono chiamati in causa una serie molto vasta di personaggi minori e storie marginali, e l’impressione netta è che l’autore abbia provato a maneggiare un romanzo corale che gli si è sgretolato tra le mani a tratti. Non sempre, lo ammetto, alcune storie funzionano. Ma per esempio, tornando all’uscita di scena dell’investigatore olandese in mezza pagina, questo gestire rapidamente in tono distaccato una vicenda nera e allucinata con tratto amaro e crudo il giusto lo può fare McCarthy, o Ellroy. Altri, scusate, non tanti, no, non ci siamo. La storia in sè, ripeto, mi è piaciuta, ha un certo cinismo e un’amarezza di fondo che ho apprezzato, e la parte siculo-mafiosa cammina per bene. Però l’ho trovato scritto male, gestito peggio, troppa carne al fuoco, sono una voce fuori dal coro rispetto ai 5 stelle di amazon, ma per me non ci siamo proprio, e sono anche abbastanza stanca di gente che inneggia al nuovo romanzo noir italiano quando siamo sempre impantanati al primo Carlotto, e da lì non si muove neanche lui da anni, trallaltro. Per darvi un’idea, c’è questa recensione che lo osanna, e io già a leggerla mi addormento, per dire, e mi domando se veramente questo pensa le cose che scrive perchè io non le direi quasi per Wambaugh o Hammett.

http://www.satisfiction.me/il-bacio-della-bielorussa/

Comunque ho deciso che ne compro un altro del Pagliaro, ha un qualcosa. Non me la sento di liquidarlo così, come l’ispettore olandese.

Lorenza Inquisition

 

 

Cormac McCarthy, Suttree

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Di nuovo Cormac Mccarthy.
Mentre “La strada” l’ho letto tutto d’un fiato, Suttree mi ha richiesto una concentrazione molto maggiore per via della scrittura particolare, molto frammentata, con molti flash back, non facile seguire il filo.
La storia è ambientata a Knoxville, Tennessee, racconta di tal Cornelius Suttree, il quale, disgustato dalla parte precedente della sua vita, si stabilisce in riva al fiume, dove vive di pesca. Si incontrano personaggi emarginati, ladri, assassini, prostitute, megere, gente miseranda, vittime di alcool e violenza. Ci sono anche scene esilaranti come ad esempio Gene Harrogate, compagno di prigione di Suttree, che si masturba con dei cocomeri e per questo viene arrestato e in seguito ne combina di tutti i colori.
Per tutte le circa 550 pagine stai in compagnia di animali morti, piscio, sangue, vomito e via così.
La fatica più grande è stata seguire i dialoghi, a un certo punto non sai più chi parla e con chi, la punteggiatura è di fantasia.
Alla fine però,se te ne stai bello concentrato, tutto va al suo posto.
Bello, anche se non di godibilita’ immediata.

Raffaella Giatti

Uno di quei libri che ti portano in giro per giorni e giorni, e mentre viaggi con loro sei lì che ti chiedi “ma checcazzo… dove vuole andare questo?”. Dei momenti vai avanti perché intravedi miraggi di pura bellezza nascosti nel fango, ma alle volte brancoli nel buio e ti fai semplicemente portare dalla fiducia che la tua guida si è guadagnata negli anni. In altri suoi libri avevi la consolazione della abbagliante bellezza della natura, a far da contrasto con la ferocia e la depravazione umana, qui nemmeno questo. Tutto sembra avviluppato e incrostato da una patina di fango e sporco, tutto sembra cadente e consumato dal marciume e dalla ruggine… eppure il vecchio Suttree continua il suo viaggio, e tu con lui, consapevole che “da qualche parte nella foresta livida lungo il fiume è in agguato la cacciatrice, e tra i pennacchi di grano e nella moltitudine turrita delle città. Opera in ogni dove e i suoi cani non si stancano mai. Li ho visti in sogno, sbavanti e feroci cogli occhi pazzi di una fame vorace d’anime di questo mondo. Fuggili.”

Luca Bacchetti

Suttree is a semi-autobiographical novel by Cormac McCarthy, published in 1979. Set in 1951 in Knoxville, Tennessee, the novel follows Cornelius Suttree, who has repudiated his former life of privilege to become a fisherman on the Tennessee River. The novel has a fragmented structure with many flashbacks and shifts in grammatical person. Suttree has been compared to James Joyce’s Ulysses, John Steinbeck’s Cannery Row, and called “a doomed version” of Mark Twain’s Adventures of Huckleberry Finn. Suttree was written over a 20-year span  and is a departure from McCarthy’s previous novels, being much longer, more sprawling in structure, and perhaps McCarthy’s most humorous novel.