La casa degli spiriti – Isabel Allende #recensione #IsabelAllende

Figliolo, la Santa Madre Chiesa sta a destra, ma Gesú Cristo è stato sempre a sinistra.

Quando lo stato di grazia che pervade una scrittrice si riflette in ogni pagina di un romanzo.
Questo succede ne La casa degli spiriti.
Non so cos’altro ci sia da dire. Perchè è proprio difficile commentare una meraviglia simile.
Un agglomerato di emozioni, di rabbia, di paura, di dolore, di gioia, di amore, un infinito incontro e scontro di personaggi, di vite piccole e grandi, una perpetua saga familiare che non si interrompe mai, nemmeno dopo la morte, e che si intreccia con la Storia, grande e dolorosa, di una nazione intera.
Un intero universo creato dalla mente di Isabel Allende. Generazioni di uomini e donne che si susseguono, con i loro sogni, le loro speranze, le solo solitudini e i loro amori, con la realtà continuamente intrecciata al sovrannaturale, con lo spaziare tra una realtà domestica, rurale, e la vita della città, tra nobili e contadini, tra ricchezza e povertà, tra le baracche e palazzi sfarzosi, con le continue trasformazioni sociali e politiche.
Una capacità incredibile di farti sentire dentro tutte quelle storie, vicini a tutti questi personaggi, senza mai sentirti confuso, annoiato, disorientato, se non dalla bellezza assoluta di queste parole. Sei lì, con Blanca e Pedro, sulle rive di quel fiume, sei con Nicolas e le sue follie, i suoi esperimenti pindarici, sei con Jaime e la sua immensa biblioteca, sei con Ferula e la sua dedizione assoluta, sei con Clara, eterea, e i suoi mutismi e le sue magie e le sue predizioni, sei anche con la rabbia cieca di Esteban e poi col suo solitario e terrificante dolore, sei con i sogni di Alba, e sei con tutto il Paese, la sua povertà e la sua voglia di cambiare e di ribellarsi.
La cosa forse più incredibile che puoi ritrovare un pezzo di te stesso in ognuno di questi personaggi. Ed è forse anche per questo che non riesci a smettere di leggere questo romanzo.
Un libro che vola ad altezza siderale, e che solo gli scritti di Garcia Marquez possono eguagliare o superare. Un libro che ti porta via lontano, che ti fa volare, ti fa sognare. La Grande Casa dell’angolo ti resta nel cuore. Non c’è una sola riga fuori posto, una sola riga superflua. C’è una prosa che il più delle volte sconfina nella poesia, dolce, fluida, appassionante. C’è un’armonia assoluta tra il magico e il reale, che viaggiano insieme come amici che si comprendono con un solo sguardo. Se la perfezione non esiste, qui comunque ci siamo andati proprio vicini.

Ho letto questo romanzo due volte, ma penso siano poche, troppo poche. Quando lo termini, non hai voglia che sia finita così. E in questa sensazione, questa volontà, c’è tutto il significato della Grande Letteratura.

Carlo Mars

Il giardino di Amelia – Marcela Serrano

amelia

Cile, anni ottanta, sotto la dittatura del generale Pinochet. Un giovane sovversivo, Miguel Flores, sospettato di attività rivoluzionarie, viene mandato al confino nei pressi di un grande tenuta di proprietà di una ricca latifondista, Amelia. Tra i due nasce un profondo legame.

“Più tardi mi raccontò nei dettagli una punizione di cui aveva letto in un romanzo inglese. Il criminale viene rinchiuso in una stanza lussuosissima, con tutte le comoditá possibili e immaginabili, per cui all’inizio non gli sembra neanche di stare in prigione, ma poi si rende conto che nonostante il cibo fantastico, le coppe d’oro e le lenzuola di lino, nella stanza c’è un movimento quasi impercettibile: le pareti si avvicinano piano piano e capisce che quando lo spazio tra i muri si ridurrá al minimo, quel movimento inesorabile lo schiaccerá, uccidendolo.
Puoi interpretarlo così, mi disse: lo spazio è l’intelligenza e le pareti che si avvicinano sono l’assenza di libri”.
Varrebbe la pena di leggerlo anche solo per questo passaggio.

“Ascoltami bene, gli aveva detto, ora ti leggo un pensiero di Imre Kertész, lo scrittore ungherese che poco tempo fa ha vinto il Nobel: “Nessuna persona torturata, nessuna, rimane senza macchia, lo so perfettamente e non chiedermi perché. Non potrai mai più parlare di innocenza, al massimo di sopravvivenza””.

Paula Terreni