Prima di mezzanotte, Andrew Klavan

Prima di mezzanotte 

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Siamo a Saint Louis ed è una giornata ferocemente calda. Nel braccio della morte Frank Beachum sta trascorrendo le sue ultime ore. A mezzanotte in punto gli verrà inserito un ago nel braccio e, secondo quanto previsto dalle leggi dello Stato del Missouri, Frank verrà giustiziato per un delitto commesso sei anni prima. Per un caso del tutto fortuito al giornalista Steve Everett viene assegnata l’ultima intervista al condannato, un breve incontro di un quarto d’ora per raccontare al mondo lo stato d’animo di Frank e raccogliere le sue ultime dichiarazioni.
Everett si aggrappa a questo incarico con la disperazione e l’accanimento di un uomo che cerca il pretesto per evitare il più a lungo possibile gli effetti che il suo comportamento irresponsabile sta per avere sulla sua vita. Nell’arco di una sola giornata la vita matrimoniale e il lavoro rischiano di frantumarsi e lui non può farci nulla perché se l’è cercata. E’ facendosi scudo con la possibilità di un “colpaccio giornalistico” come di un salvacondotto che lo tuteli di fronte queste conseguenze che Everett si convince dell’innocenza di Frank.

Ma è una convinzione con qualche base di realtà o un mera illusione? La risposta non è affatto scontata.
La vicenda si svolge nell’arco di 24 ore, con un ritmo sempre più incalzante e frenetico man mano che ci si avvicina al finale. È un libro che mi ha costretta alle ore piccole perché era impossibile dormire senza conoscere la fine.

I protagonisti sono molto ben descritti e caratterizzati. Steve Everett, al contrario dei soliti stereotipi dell’eroe senza macchia e senza paura, è un personaggio che ti tira via gli schiaffi dalle mani. Dalla prima all’ultima pagina la tentazione di riempirlo di botte è latente non solo nelle persone che lo circondano ma anche in chi legge, perfino nel caso in cui il lettore abbia solitamente un animo pacifico. Ad un certo punto Everett viene descritto, cito testualmente, “uno sporco coglione” e direi che la definizione gli calza perfettamente senza ricorrere ad inutili francesismi. Va però detto che alcuni dialoghi sono esilaranti e ravvivano un libro che ha una componente di angoscia non indifferente.
Mi riferisco alla minuziosa ricostruzione delle ultime ore di Frank, il suo stato d’animo, l’ultimo incontro con la moglie e la figlia, l’iter dettagliato della preparazione alla morte, i suoi pensieri e le sue folli paure. E’ come essere in quella piccola cella e vedere le lancette dell’orologio scorrere inesorabili verso la mezzanotte, mentre la consapevolezza che la propria esistenza sta per essere cancellata si fa sempre più forte, più soffocante, più reale.
Il libro è anche una decisa critica alla pena di morte (“Dio, perché permetti che un uomo faccia questo a un altro uomo?”), ai meccanismi brutali del sistema giudiziario, alla spettacolarizzazione dell’esecuzione.
Uno dei punti deboli della vicenda è una certa faciloneria nel concedere al giornalista brillanti intuizioni e fortunose coincidenze che gli risolvono più di un momento di difficoltà. Ma questo non toglie nulla al piacere della lettura e al desiderio di arrivare presto all’ultima pagina per vedere come va a finire.
Da questo libro, come ci ricorda la fascetta pubblicitaria, è stato tratto il film di Clint Eastwood “Fino a prova contraria”.

Anna LittleMax Massimino

Non dire una parola, Andrew Klavan

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Non dire una parola – Andrew Klavan

Pertanto, avendo trovato il titulo del famoso libro prestato e mai più tornato alla casa e avendo altresì rintracciato il nome dell’autore ecco che ho fatto la prova, vediamo se quel tot di suspense che avevo trovato dillà lo ritrovo anche diqquà. Che io talvolta mi immolo per la causa, si sappia(Delillo umammà!). Ebbene l’Andrea non fu diludente. Oh, e mica il tesoro dell’isola sperduta, intendiamocivici. Epperò daje, un onestissimo trillerone co tanto di psichiatra, relativi pazienti, rapimenti, mortammazzati, splatterini (ma brava me, se non so esaggerati li areggo). Che ogni tanto un trillerone ci sta come il pecorino sull’amatriciana. Daje.

Lazzìa