Pier Vittorio Tondelli, Altri libertini

Non ci rivedremo mai più ah questo lo so, ma terrò pur sempre in giro per le strade un amico in più, vai vai, è stato bello, ognuno c’ha il percorso suo”.
Pier Vittorio Tondelli, Altri libertini

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Altri libertini, Pier Vittorio Tondelli

spolmonare pensierare scrociare infartare

dopo due righe il lettore deve essere schiavizzato

Quando si tratta di dover parlare di un libro veramente buono, a me manca un po’ tutto: il coraggio, le parole, l’esperienza. Altri libertini è un libro che mi fa sentire profondamente inadeguata, non solo a recensire, ma a essere in grado di piazzare tre righe sensate che possano farne intendere almeno alla lontana la bellezza.

E’ un libro che ha avuto una vita romanzata: come scrive l’editore Feltrinelli “pubblicato nel 1980, sequestrato per oscenità e poi assolto dal tribunale ‘con formula ampia’ è stato contemporaneamente giudicato dalla critica una delle opere migliori degli ultimi anni e ha imposto Tondelli tra i nuovi autori italiani più letti anche all’estero. Catalogato inizialmente dalla maggior parte della critica come un fenomeno di costume destinato ad esaurirsi nel breve volgere di una stagione, Altri libertini raccoglie un clamoroso successo presso il pubblico, formato principalmente da coetanei del giovane scrittore, attratti in primis dalla forte carica trasgressiva dell’opera ma anche dalla vicinanza ideologico-cronologica alle vicende narrate”.

Sono storie degli anni 70, un tempo perduto così lontano, così vicino: giovani che vivono nei collettivi, nelle comuni, nelle scuole occupate, nelle Università coi ciclostili, che ancora ci credono, al cambiamento. Ma ci sono anche i giovani che vivono oramai al di fuori di questo: sono arrivati tardi per la rivoluzione, il compromesso storico sta per essere firmato, chi aveva trent’anni e stava crescendo, perchè si cresce, sempre si cresce, è più borghese che rivoluzionario. E poi ci sono quelli fuori da tutto, i trasgressivi, gli edonisti, gli emarginati della società bene, i drogati, le battone, i marchettari, i disfattisti, quelli contro sempre e comunque: i perdenti, non sempre sconfitti, il loro desiderio feroce di vita, di cambiamento, di non uniformarsi, di vivere di eccessi. 

Potrei aver dato l’impressione che sia un libro di sinistra, ma non lo è, non realmente. E’ un libro sincero, rabbioso, profondo. E’ la storia intima, zozza e lirica di poveretti che cercano e trovano un sollievo per i propri sogni infranti nella droga, nel suicidio, nella fuga da tutto, persino da sè stessi.

La lingua merita un discorso a parte, e da sola varrebbe la lettura: per essere un’opera prima, per me è magistrale. Il linguaggio proprio dei giovani viene modellato su livelli colloquiali e gergali (incazzoso, intrippato, svacco, sballo, cuccarsi), su parole straniere non tradotte (trip, joint, paletot) lasciando entrare neologismi non adattati (infartare, pensierare, specorito). Stiamo parlando dell’Italia del 1980, poco o niente di tutto ciò si era visto fino ad allora.

Altri libertini è uno di quei libri che mentre sei lì che leggi ogni tanto devi fermarti alzare la testa e dire Caaaaazzo, e poi riprendi. E’ anche uno di quei libri per cui lo finisci e dici Grazie, ma proprio col cuore.

Nota per i naviganti: l’edizione Feltrinelli è quella completa con bestemmioni e parolacce che causò il processo per indecenza e blasfemia. Se comprate la bompiani, è quella edulcorata.

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