Letture di aprile: Max Frisch, Stefano Benni, Ito Ogawa, Burhan Sonmez

piccolo riassunto delle letture di aprile (le recensioni vere e proprie non mi riescono):


Barbablu di Max Frisch  (Blaubart trad. di Bruna Bianchi, Einaudi 1984) è un’analisi della psiche di un uomo che assolto dall’accusa di aver ucciso una delle sue ex mogli inizia a rielaborare il processo. E’ insoddisfatto della formula assolutoria e da innocente (vero) comincia a sentirsi colpevole. Impianto teatrale, basato sul dialogo e su una struttura ellittica che rende la narrazione allusiva. La vicenda è semplice e insieme misteriosa quanto basta per diventare simbolica. Frisch usa il “finto giallo” e la classica situazione da banco di tribunale per proseguire la sua riflessione sulle convenzioni relazionali.


La cena degli addii Ito Ogawa; si tratta di una raccolta di racconti incentrata sul tema dell’addio. I protagonisti delle storie perdono qualcosa o vengono abbandonati da qualcuno. L’autrice è una nuova scoperta per me, mi è piaciuto il modo di affrontare il tema raccontando i sentimenti e i moti dell’animo delle persone coinvolte passando da toni compassati e laconici a racconti surreali piazzando il tutto a centro tavola assieme a pietanze per lo più giapponesi.

Istanbul Istanbul – Burhan Sonmez. Dopo tutte le notizie che ci giungono dalla Turchia è un libro attualissimo. I quattro uomini rinchiusi nei sotterranei di una galera di istanbul e per superare le torture subite e dimenticare la paura per quelle a venire si raccontano varie storie nella migliore tradizione medio-orientale (anche se l’autore fa riferimenti al decamerone). Attraverso questi racconti e sogni si giunge piano piano al bandolo della matassa e si realizza come i quattro, pur non conoscendosi, siano collegati fra loro.


Di Cari mostri di Stefano Benni si è già letto su queste pagine, mi sembra. Mi è piaciuto, nei racconti vengono affrontati mostri moderni e atavici ma alla fine si scopre che stiamo solamente guardandoci riflessi in uno specchio, tutte le malvagità, le manie e le perversioni raccontate sono le nostre. Il tutto scritto nello stile classico di Benni, di scorrevole, piacevole lettura.

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Stefano Benni – La bottiglia magica #StefanoBenni #DavidBowie

Ovvero: invece di recensirvi un libro, vi recensisco un’epoca.

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Premessa: Benni non è più quello di una volta. I suoi libri in fin dei conti non mi piacciono, e tendo a leggerli per abitudine, per fedeltà. Non mi aspetto più nulla del calibro di Margherita Dolcevita o del Bar sotto il mare.
E questo librino non è da meno. Una storiellina così. Si nota il passo del tempo per il nostro Stefano. O forse il motivo è un altro: Benni incorpora elementi contemporaneissimi, poppissimi, nei suoi racconti. Solo che oggi questo contemporaneo si fa fatica a starci dietro, cambia troppo in fretta… e pensare di riprodurlo su una piattaforma “lenta” (dalla scrittura alla distribuzione) come un libro… beh, si ottiene un risultato abbastanza pietoso, come quando ti viene raccontata una barzelletta fin troppo vecchia. Dico bene? Mi sono spiegata?
Il buon Stefano si sta perdendo. Ha scritto questa storiellina, qualcosa di carino, qualcosa di no.
Poi però, verso la metà del libro ho trovato un motivo per emozionarmi: il nuovo personaggio annuncia “Io ero il Duca, una volta…”

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Un piccolo omaggio che mi ha lasciata senza parole, una piccolezza che mi è andata a colpire in pieno. Il povero Duca… E in quel momento mi sentivo legata con un laccio rosso a Stefano, a David, e a tutti quelli come lui che ci hanno abbandonato per lasciarci alla mercé degli Scannamusica. Non potete capire la saudade che provo io per quel periodo che non ho mai potuto vivere! Mi si rivolta tra le interiora e mi scappa la lacrimuccia.
E poi sommateci il film che sono andata a vedere al cinema, la sera stessa… Eat that question: Frank Zappa in his own words.

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Questo invece è un documentarione che vi consiglio assolutamente. Emozionante, divertente, folgorante. Di Zappa non avevo mai visto filmati o immagini… Beh, davanti ai giornalisti è serio, pacato, persino compassato! Un’immagine totalmente inaspettata. Ma soprattutto, ho scoperto che era abbastanza visionario (a.k.a. scemo) di suo, senza doversi neanche ddrogare – e questo gli ha fatto guadagnare un sacco di punti. Fino ad arrivare all’ultima intervista… Grigio e sofferente… Dio che pena… E anche qui, la lacrimuccia, ma anche due… Ed eccomi di nuovo lì tra i non-ricordi di un non-passato (baratterei google per i Beatles senza pensarci un attimo).

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E infatti, a proposito dei Beatles, non è passata neanche una settimana che ho ceduto alla tentazione di arraffare pure un libro di foto dei Beatles.
Eight Days A Week: Inside the Beatles’ Final World Tour (Dopo aver visto anche il documentario, sia chiaro). L’emozione neanche ve la sto a descrivere, penso l’abbiate già capito quanto sto fusa.
E la settimana è giunta al termine così… Piena di malinconia.
Vi lascio con una citazione di mio padre:
“Il giorno in cui è morto John Lennon ho avuto i miei sospetti, ma quando è morto Frank Zappa ho avuto la certezza che Dio non esiste”
E aveva proprio ragione.

Martta Loves