Prima del fuoco – Gaute Heivoll #recensione

Romanzo molto intenso e cupo, difficile da classificare. Giallo, Mistery, Romanzo psicologico? Siamo nella Norvegia degli anni 70, in un piccolo paese di campagna dove tutti si conoscono da sempre e il vicino di casa è considerato una persona di famiglia. Ci si fida l’uno dell’altro, ci si aiuta vicendevolmente, i giovani del posto sono tutti bravi ragazzi. Il male sembra non far parte di questo piccolo nucleo abitato, fino a quando qualcosa di terribile comincia ad alimentare il panico nel paese e la paura si insidia giorno dopo giorno nella tranquilla quotidianità dei suoi abitanti: un piromane sta devastando la campagna circostante dando fuoco alle fattorie nei dintorni, arrivando fino alle abitazioni del paese. Tutti conoscono le vittime, è impensabile che sia qualcuno della comunità. Il figlio del capo dei pompieri è sempre stato un ragazzo serio e diligente, ma la sua mente è preda di qualcosa di oscuro che nemmeno la madre riesce ad afferrare. Solo lei ha capito chi è il folle piromane, ma non riesce ad accettarlo. Perché ad un certo punto certe menti diventano criminali? Perché un bravo ragazzo di periferia con una solida famiglia alle spalle, che ha come esempio quotidiano due genitori onesti ed amorevoli piano piano viene attratto dalle tenebre? Anni dopo, un giovane scrittore che all’epoca dei fatti era appena venuto al mondo, cerca di trovare una risposta attraverso il racconto di ciò che accadde. Anche lui ha sperimentato la sofferenza interiore e quella sensazione di smarrimento ed inutilità che spesso accompagna il difficile percorso verso l’età adulta. Anche lui sa bene che esiste un lato oscuro in ognuno di noi: l’ha visto, l’ha toccato. Ma poi qualcosa l’ha tratto in salvo. Forse la risposta è proprio questa: qualcuno, semplicemente, non riesce a salvarsi dalle proprie tenebre.

La giustapposizione della storia del piromane e dello scrittore non funziona proprio sempre e forse un po’ ripetitiva. Bella e tristissima la storia marginale del giovane Kåre. Un romanzo stilisticamente molto ben scritto, anche profondo nella descrizione dei personaggi.

Paola Castelli

Fabio Deotto – Condominio R39 @nellogiovane69 #recensione

Non mi aspettavo di imbattermi in una crime story, colpa mia che mi ero informato male. Ma alla fine questo è: c’è un delitto, c’è un commissario, ci sono dei colpevoli e dei moventi da scoprire. Va anche sottolineato, però, un aspetto interessante: fin quasi all’ultimo non si capisce cosa (cazzo) è successo. Ci si avvicina al cuore del macello dal passato e dal futuro, attraverso un metodico accumulo di capitoli brevi che frammentano il punto di vista seguendo le vittime nelle ore precedenti il misfatto e il commissario Pallino (un nome che dissacra la tipica figura da poliziotto noir dissestato, disagiato, tormentato ecc) nelle ore successive, fino a circoscrivere lentamente e inesorabilmente gli eventi e la loro interpretazione. Funziona? Sì, funziona. Il condominio alla fine è uno specchio nero e distorto dello stato delle cose, un luogo di quotidiana maledizione, disperazione e dissipazione, viziato all’origine – come si scoprirà – da un battesimo famigerato (e cialtrone).
L’unico dubbio, di fronte a romanzi del genere, è che abbiano dovuto indossare la forma del “giallo” per rendersi potabile, e che quindi siano costretti a consumare cliché come zuccherino per farti ingoiare il fiele di intuizioni poco accomodanti. Intuizioni che Deotto – biotecnologo nonché giornalista, qui al suo romanzo d’esordio – non risparmia certo al lettore. A costo di eccedere, come nello spiegone un po’ pedante del professore paraplegico nel finale.
Nel complesso è una lettura piacevole, anche molto piacevole, a tratti dura, capace di allestire stati di tensione credibili e intriganti.

Stefano Solventi