Open – Andrè Agassi #Open

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Era un po’ che ce l’avevo in wishlist, l’ho visto così, di passaggio al super e l’ho cacciato nel carrello mentre il marito era girato dall’altra parte.

Dunque: m’è piaciuto. Venivo da Espiazione, quindi non me ne vogliate se non riesco a considerarlo un vero e proprio prodotto di letteratura quanto più un unico, lunghissimo articolo sul tennista più incasinato di sempre.
Però un articolo che m’è piaciuto. C’ho anche messo qualche giorno in più del dovuto a finirlo, perché andavo spesso e volentieri a cercarmi articoli, video, pagine wiki sulle varie vicende, mi piaceva il parallelismo tra la carta e gli avvenimenti reali di cui parlava.

Agassi ripercorre la storia della sua vita, dal primo rovescio all’ultima volée, senza tralasciare nulla della sfera personale, sentimentale, psicologica, familiare e sportiva.
La sensazione che se ne cava è quella di qualcuno di profondamente infelice e irrisolto, che potrebbe potrebbe ma poi non fa mai, che quando ci imbrocca è per caso e per giornata buona, che è sempre in ripresa, perennemente in fase di recupero, “cose buone stanno per arrivare” e poi non arrivano o se lo fanno è per una stagione fugace ed allucinata. Ma era davvero uno dei più grandi?

E poi, immancabile, l’happy ending ammerigano: ovviamente trovi l’ammòre, in realtà si intuisce più schizoide di te, ché il padre nazista non era da meno del tuo solo che lei di farsi curare non ne vuol sapere, te la sposi dopo averla rincorsa per una vita (ed essere finito per sbaglio sull’altare con un’altra, nel mentre), ci fai dei figli, rinsavisci, addio scriteriato, ribelle Agassi, benvenuta creatura nuova, risolta e matura. Puff!

Io non c’ho molto creduto. Mi ha saputo da finale necessario di una storia che però è ancora in corsa, che prosegue e non sappiamo dove andrà a finire e che, da donna sposata, mi rifiuto di immaginare perfetta come lui la descrive. Problema mio, ok, ci sta.

Un pochino pesanti anche tutte le telecronache minuto per minuto, punto per punto, dei suoi incontri più importanti. All’inizio segui con apprensione e partecipazione, verso la fine boh, anche basta… nonostante lo strettissimo legame tra il cervello, la psiche, la situazione emotiva e la prestazione fisica di un atleta siano veramente affascinanti.

Rapido e intenso, io lo consiglio.

Sara De Paoli

Daniele B.: Chi conosce la carriera di Andre e ha saputo leggere tra le righe ha percepito quello che un lettore meno informato non può percepire per mancanza di informazioni.
Il demone di Agassi più che il padre, le donne, e se stesso, ha un nome ed un cognome, Pete Sampras, avesse scelto di fare il calciatore il signor Sampras saremmo qui a leggere una storia diversa, forse la storia del più grande tennista di ogni epoca oppure un altra storia. Ma non questa storia.
Non credo si sarebbe concentrato sul padre, sulle imposizioni e le crudeltà, bensì su altro.
È un uomo complicato il bell’Andre, uno che a 16 anni giocava già con i più grandi e vinceva come un tennista esperto ma quando ha cominciato a vincere tanto un suo connazionale vinceva di più. Rubava la scena a lui, all’idolo delle ragazzine, e lo faceva in campo e non in TV, il che impediva ad Andre di potersene andare appunto in TV a spiegare al mondo quanto fosse bravo e pure bello.
Poi la calvizie, la fine del tennista bello e maledetto e l’inizio di una presa di coscienza che le cose più importanti nella sua vita potevano essere altre, era quel tennis che tanto aveva odiato ma che altrettanto gli ha dato e l’inizio di una nuova carriera, in concomitanza con la fine della carriera del suo nemico Pete, allora era Andre il più forte e Pete solo un atleta a fine carriera, ma, nonostante il leone Pete non riuscisse più a ruggire quando incontrava Agassi puntualmente lo batteva e lo batteva in partite che avevano una importanza enorme.
Chi ha seguito Agassi durante la sua carriera, ed io l’ho fatto, tifando Sampras, sa cosa volesse dirci Andre con il suo libro, perché ha visto il suo sguardo sempre triste, anche quando vinceva, e quando ho messo insieme quello sguardo con la parola scritta ho capito due cose, la prima che ho sempre tifato il lato sbagliato del campo e la seconda che negli occhi di Agassi si potesse percepire un certo tipo di verità.

Hai fatto bene a leggerlo perché è scritto molto bene, da un premio pulitzer tra l’altro è perché la sua vita è simile ad un romanzo. Non puoi percepire tutto, ma neanche io posso, perché ti sei perso le sconfitte di Agassi, alcune avvenute in circostanze così ridicole e per ragioni che non hanno niente a che fare con lo sport.
Ha sentito il bisogno di scrivere questo libro per spiegarci a noi che ci chiedevamo come fosse possibile perdere con giocatori così inferiori in partite così importanti e per uccidere un po di demoni.
È stata per lui una forma di terapia e forse adesso sta guarendo, ma nessuno che ha quel tipo di personalità potrà mai guarire del tutto.
Neanche con tutto il bene che fa con la sua scuola.

Andre Agassi ( J. R. Moehringer) – Open

“Ho scoperto tardi la magia dei libri. Dei miei tanti errori che vorrei che i miei figli evitassero, questo è quasi in cima alla lista.”

(Alla stesura ha contribuito in modo sostanziale J. R. Moehringer, giornalista premio Pulitzer.)

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Perché si dovrebbe leggere Open? L’autobiografia di un tennista, e non si è nemmeno tanto certi che sia stata scritta da lui, visto che scopriamo che il giovane Andre ha lasciato la scuola a 14 anni?
Perché è la prima autobiografia di uno sportivo in cui è assente l’eroismo. Perché il narcisismo, naturale in uno sportivo dedito all’agonismo, è stemperato da una feroce autocritica.
Perché, più che un’autobiografia, è la radiografia di un rapporto fallimentare, quello fra un padre frustrato e un figlio represso.
Perché da quel primitivo rapporto ne discendono altri, altrettanto fallimentari.
Perché la madre è assente, e questo per un atleta sembra anomalo.
Perché poi è presente una figura che la sostituisce, ed è una donna fragile e forte.
Perché le parti agonistiche sono ridotte all’osso, senza tecnicismi fastidiosi, ma senza nemmeno cerebralismi superflui.
Perché la scrittura di Agassi, o di chiunque sia, scorre veloce come una volée, senza schiacciate, tesa sul filo della rete; un palleggio lungo quasi 500 pagine, che si interrompono dove devono, senza trionfalismi.
E perché, in un mondo di vincenti falsi, Agassi ha il coraggio di essere anche un perdente vero.

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DESCRIZIONE

Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore, eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta. Per quanto voglia fermarmi non ci riesco. Continuo a implorarmi di smettere e continuo a giocare, e questo divario, questo conflitto, tra ciò che voglio e ciò che effettivamente faccio mi appare l’essenza della mia vita…».
Andre Agassi

Un padre ossessivo e brutale che lo vuole numero uno al mondo a ogni costo. Gli allenamenti a ritmi disumani, contro il «drago» sputapalle. La solitudine assoluta in campo che gli nega qualsiasi forma di gioventú. E poi una carriera da numero uno lunga vent’anni e 1000 match. Punteggiata da imprese memorabili ma anche da paurose parabole discendenti. Con l’avversario di sempre: Sampras. E chiacchierati matrimoni: Brooke Shields e Steffi Graf.
Una vita sempre sotto i riflettori. Ma non senza dolorosi lati oscuri.

Se colpisci 2500 palle al giorno, cioè 17500 la settimana, cioè un milione di palle l’anno, non potrai che diventare il numero uno. Questo è quello che il padre-padrone di Agassi ripeteva ad Andre bambino, costringendolo ad allenamenti disumani nel cortile di casa, contro una sorta di macchinario sputapalle di sua invenzione. Un padre dispotico e ossessivo che con i suoi metodi brutali diede l’avvio a una delle carriere sportive piú sfolgoranti e anche controverse di tutti i tempi. Perché Andre Agassi con i suoi capelli ossigenati, l’orecchino e le tenute sportive piú da musicista punk che da tennista, ha sconvolto l’austero mondo del tennis.
Dei suoi 21 anni di carriera e di alcuni dei piú incredibili match giocati, dei rivali di varie generazioni, da Jimmy Connors a Pete Sampras a Roger Federer, dei suoi matrimoni da rotocalco e di molto altro, Andre Agassi racconta in questo libro. Mettendo in luce, con sorprendente franchezza e onestà, un lato umano del tutto inedito.

«Open è uno dei piú appassionati libri contro lo sport che siano mai stati scritti da un atleta. Non è soltanto il memoir di un atleta, ma un vero e proprio racconto di formazione di grandissima profondità».
New York Times Books Review