Un gioco da bambini – J. G. Ballard #JGBallard #recensione

“In una società totalmente sana, l’unica libertà è la follia.”

UN GIOCO DA BAMBINI – J.G. Ballard
Casa editrice: Feltrinelli
Collana: Universale economica
Traduzione: Franca Castellenghi Piazza

Visto che tutti leggete Il condominio, in attesa che le acque si chetino per potermelo gustare senza pregiudizi mi sono riletta questo Un gioco da bambini, un romanzo breve del 1988 che presenta classiche peculiarità di trama à la Ballard: un microcosmo di gente ricca e colta protetto dal mondo esterno, le certezze della classe medio alta minate dalla realtà, la barbarie che subentra alla civiltà in modo violento e crudele.

In un lussuoso complesso residenziale abitato da ricchi professionisti dell’alta borghesia inglese tutti gli adulti vengono trovati massacrati, i loro figli di varie fasce di età dagli otto ai quindici anni scomparsi, svaniti senza lasciare traccia. La caccia all’uomo è massiccia, le ipotesi più fantasiose prendono piede, ma non si trova un colpevole. Le autorità inviano quindi sul luogo uno psichiatra, che messo sulla giusta strada da un laconico e disincantato poliziotto, in modo lucido e inorridito arriva infine a raccontarci la verità.

Non vorrei fare spoiler; il titolo in inglese è Running wild, ma tra titolo italiano e copertina, incomprensibili scelte di Feltrinelli, la verità è abbastanza intuibile; a dire il vero, in ogni caso, questo non è un giallo, e la suspence non è tanto data dall’arrivare a identificare chi sia il colpevole, ma di capire passo passo come il colpevole sia arrivato a tale orrida manifestazione di alienazione sociale e disadattamento esistenziale. E il “come” viene spiegato con una serie di ipotesi che portano a loro volta a varie domande, e penso che sia questo il vero pregio di questo libro e in generale di tutta l’opera di questo autore, le riflessioni che genera: come siamo arrivati a questo? siamo noi stessi a creare i nostri mostri? possono il troppo voler bene e il preoccuparsi sfociare in una forma di dispotismo? può un’educazione restrittiva impedire di fatto il vero esercizio della libertà?

E’ un romanzo di trent’anni fa, e come sempre Ballard propone un tema -per lo meno per i tempi – scandaloso e inquietantemente avveniristico; noi siamo più scafati e apatici, ma gli argomenti che discute sono attualissimi. C’è anche un importante richiamo a quello che è la realtà percepita dalle masse, o meglio alla realtà che le masse preferiscono ciecamente percepire, sempre e comunque; e a come l’opinione pubblica si volti sempre verso verità più comode da accettare anche se totalmente inconsistenti, quando la realtà è troppo dura da accettare.

Lo stile non so se è sempre riuscito: non direi che Ballard passerà alla storia per la bella prosa, e forse non ha idee veramente geniali. Ma quello che dice, anche se a volte pare tratto da un B-movie, riesce sempre a dirlo creando la giusta atmosfera, la precisa inquietudine, la fuggevole nostalgia per quello che poteva essere e non è stato.

A me è piaciuto, ma premetto che Ballard mi piace proprio; per i suoi standard, non è particolarmente disturbante, è un libro scorrevole che si legge in fretta, anche se non è di argomento leggero. Comunque, penso sia da leggere per le riflessioni che porta a fare, se non per la sua forza narrativa.

Lorenza Inquisition

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Crash – J.G.Ballard #JGBallard #Crash #recensione

Celebrammo così nelle nostre ferite le rinascite dei morti da incidenti stradali, le morti e le ferite di tutti quanti avevamo visto spirare sui bordi delle strade, le ferite e le posizioni immaginarie dei milioni che ancora dovevano morire.

“Il matrimonio tra ragione e incubo che ha dominato il XX secolo ha generato un mondo sempre più ambiguo. Il paesaggio delle comunicazioni è attraversato dagli spettri di sinistre tecnologie e dai sogni che il denaro può comprare. Sistemi d’armi termonucleari e pubblicità televisive di bibite coesistono in un mondo sovrailluminato che ubbidisce alla pubblicità e agli pseudo eventi, alla scienza e alla pornografia. Alle nostre vite presiedono i due grandi leitmotiv gemelli del ventesimo secolo: sesso e paranoia. Nè la soddisfazione di McLuhan per i mosaici informativi ad alta velocità può farci dimenticare il profondo pessimismo espresso da Freud in Il disagio di civiltà. Voyeurismo, disgusto di sé, la base infantile dei nostri sogni e dei nostri desideri – questi mali della psiche sono ora culminati nella perdita più atroce del secolo: la morte del sentimento. (J.G.Ballard, Postfazione a Crash!, 1974)

Per la serie “recupera un classico così quando tutti ne parlano puoi partecipare anche tu” ho letto Crash di J.G. Ballard. Che dire: è il libro colonna portante di un modo pre-pulp di scrivere e descrivere in maniera totalmente asettica, anafettiva e impersonale il modo di vivere pulsioni e sentimenti estremo e non sostenibile da una persona apparentemente normale. I temi sono il continuo riferimento al sesso per il forte legame con il dolore e con la morte, il mito dell’evoluzionismo cyborg, il sexappeal dell’inorganico, gli innesti corpo umano-macchina, il post moderno. Il trucco sta nel non sconvolgersi mai per qualcosa che la maggioranza di noi ritiene sconvolgente, in questo caso l’eccitazione sessuale strettamente correlata alla mutilazione e alla morte attraverso le macchine, simbolo perfetto di una modernità votata alla ricerca del piacere a scapito dell’umanità. Il senso è chiaro, bello, l’importanza del libro è indiscutibile, fosse anche solo per aver dato il plot a David Cronenberg per un grande film… MA, lo ammetto, io ho fatto una fatica boia a leggerlo, uguale dall’inizio alla fine, non c’è una trama vera e propria, piuttosto una serie di eventi con due protagonisti che si rincorrono a suon di sesso estremo, scontri automobilistici e droga. Io ho arrancato districandomi tra parentesi che si aprono ogni dove rendendo la lettura lenta e cervellotica, con pochissima voglia di arrivare ad un finale già noto, e con anche poca eccitazione per scene erotiche che non mi hanno attizzato. Sarà che le macchine a me fanno schifo, non è il mio libro, lo ammetto;  ma penso oggettivamente che questa viva narrazione di un’ossessione psicotica meriti di essere un Cult, e antropologicamente sì, VA letto.

Nicola Gervasini