Lieto fine – Edward St Aubyn #LietoFine #EdwardStAubyn

Traduttore: L. Briasco
Patrick Melrose ha cercato una via di scampo nei suoi anni furiosi. Dopo la morte del padre, tuttavia, la fine della madre lo chiama ora a sciogliere l’ultimo, definitivo legame con il passato. Ha creduto che Eleanor fosse anche lei vittima della tempestosa malignità di suo padre. Ora però gli appare chiara una verità più profonda e crudele: lui, il figlio che il padre ha ferito per sempre un giorno, è stato solo un mero strumento nella relazione sadomasochista tra i suoi genitori, una mera estensione del desiderio di Eleanor di essere umiliata dal marito. Può ora la morte di Eleanor recidere il cordone ombelicale che lo tiene avvinto ai fantasmi della sua infanzia? Col lascito di due virgola tre milioni di dollari sfuggito alla furia dissipatrice di Eleanor, Patrick Melrose può andarsene finalmente libero per il mondo e smettere di vagare nel labirinto del suo inconscio?

Degna conclusione del ciclo dei Melrose (di cui abbiamo già parlato qui),  ritroviamo Patrick Melrose, questa volta al funerale di sua madre Eleanor, la sua fragile, effimera, superficiale madre che ha dissipato tutto la sua immensa eredità in “opere di bene” diseredando il figlio.
Siamo al fianco di Patrick nell’accogliere vecchi amici, familiari ed ex amanti alla veglia funebre ed al successivo rinfresco in onore della defunta, siamo ai margini della sua solitudine, della sua sofferenza nel ripercorrere i ricordi drammatici della sua infanzia abusata dal padre, il crudele, manipolatore, torturatore David Melrose, giungendo ad una straziante conclusione su sua madre:
“… Lo aveva usato come mera estensione del proprio desiderio di essere umiliata…
Perfino quando Patrick aveva trovato il coraggio di dirle di essere stato stuprato dal padre, Eleonor si era affrettata a rispondere, anch’io
Eleonor era attratta dalla violenza di David, e non aveva esitato a mettere a in pericolo anche suo figlio.
La madre complice e non più vittima.
Se il finale del precedente romanzo poteva lasciare un briciolo di tenerezza per questa coppia genitoriale, in “Lieto fine” viene estirpata per far spazio ad una nuova e maggior rabbia.
Patrick proverà nell’arco della giornata, con disperazione, a liberarsi, a sgravarsi dalla tirannia dei condizionamenti, della dipendenza e del risentimento.
Malgrado la drammaticità del racconto, è un libro con una sottile e marcata linea di humour, ironia e situazioni al limite del grottesco, veramente bello, consigliatissimo però solo a chi ha già letto “I Melrose”, essendo la conclusione di un lungo ciclo.

Il dipinto di Goya in cui Saturno divora suo figlio è citato nel libro e rappresenta perfettamente la storia.

« La gente che dice di “passarci sopra” e di “guardare oltre” è incapace di vivere esperienze dirette ancor più di chi viene accusato di evitarle e di trascorrere il proprio tempo a guardarsi l’ombelico. Si credere di “guardare oltre”, e in realtà quel che si ha davanti è una replica spettrale delle proprie abitudini irriflessive. Non pensare a qualcosa è il modo più sicuro per continuare a subirne l’influsso. »

Elena Fatichi

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La vera vita di Edward St Aubyn – I Melrose #Melrose #EdwardStAubyn

“Stavo facendo una passeggiata con mia madre nella campagna della nostra tenuta, e ho trovato il coraggio di confessarle, finalmente, di come papà mi avesse ripetutamente violentato quando ero un ragazzino.

Lei rispose: – Oh, anche io! – intendendo che lo aveva fatto anche a lei. Sembrava solo interessata a saltare la fila e proclamare quanto fosse stato brutto. Per lei.”

Edward St Aubyn è uno scrittore britannico, uno dei (purtroppo frequenti) esempi di artista che è riuscito a creare letteratura da un passato di violenza e brutalità. Dislessico, lettore lento, ammette che questa sua condizione ha probabilmente influenzato il suo stile di prosatore, dove il suono delle parole, il ritmo delle frasi è per lui di costante, vitale importanza, perchè spesso era tutto quello su cui si concentrava quando non riusciva a leggere bene o abbastanza in fretta un paragrafo.

E’ l’ultimo erede di una casata nobiliare inglese, membro di White’s , figlio di una grande ereditiera americana, e di un Lord, che abusò sessualmente di lui da quando aveva cinque anni fino alle soglie dell’adolescenza. Di conseguenza St Aubyn crebbe come un adolescente asociale e paranoico, per divenire un giovane tossicodipendente che durante l’ultimo anno di liceo insegnava ai coetanei come iniettarsi l’eroina e pensava quotidianamente al suicidio. Tutti i suoi anni giovanili furono un lungo trip di droghe e sesso in quella che pareva una inevitabile corsa verso l’autodistruzione finale; invece, miracolosamente, entrò in analisi, dove la terapeuta gli suggerì di mettere per iscritto le sue esperienze di vita. Lo sforzo di incanalare nella scrittura la brutalità del suo vissuto, unito a un genuino desiderio di creare scrivendo, divennero i cinque romanzi del suo ciclo più famoso, i Melrose: Non importa, Cattive notizie, Speranza, Latte materno e Lieto fine. Sono romanzi altamente autobiografici, scritti dal 1991 al 2012, con protagonisti i Melrose, in particolare Patrick, alter ego dell’autore: giovane rampollo di una dinastia nobiliare inglese, abusato sessualmente dal padre e con madre alcolista e in piena negazione. Il ciclo è raffinato e brutale, ogni romanzo un passaggio cruciale della vita di Patrick (l’abuso infantile, la morte di entrambi i genitori, l’alcolismo, la tossicodipendenza e la strada verso la guarigione, il matrimonio, il diventare genitori) vi si descrivono con precisione elegante e al vetriolo crudeltà famigliari e pretenziosità nel vacuo circondario delle alte classi britanniche, con personaggi di rara inconsistenza e cinica ironia, cifra della noia esistenziale del mondo aristocratico.  Sono libri di grande acume letterario, con passaggi da antologia: Neri Pozza ha pubblicato nel 2012 un volume che contiene tutti e quattro i primi romanzi, leggerli di fila è una prova per il  lettore a volte ai limiti del masochismo. Al tempo stesso è impossibile staccarsene, la storia ti risucchia senza pietà, molto coinvolgente ed emotivamente straniante. Nel primo libro, sapendo che dovevo aspettarmi lo stupro del bambino Patrick, ho vissuto momenti di vera angoscia letteraria; eppure la scena culminante è magistrale, non trovo altre parole, non descrive, eppure le sensazioni ti arrivano addosso come un treno.

La critica britannica è concorde nell’acclamare l’autore, paragonandolo a Evelyn Waugh e piazzandolo nell’Olimpo dei geni autoriali; il pubblico si divide tra chi ama Patrick Melrose in tutta la sua umana fragilità, e chi lo trova insopportabile. Showtime e Sky Atlantic stanno producendo una serie televisiva con Benedict Cumberbatch (sempre sia lodato) nei panni del protagonista, io attendo con fiducia. Sono alla fine del secondo libro e sto iniziando il terzo, parlerò per bene delle singole opere alla fine del ciclo, ma la scrittura è superba, e anche lo stile, proprio perchè in certi punti è un pugno nello stomaco e in altri è esercizio di autocompiacimento letterario, per me è letteratura: alta, bassa, di mezzo, non importa: da leggere.

Gli piaceva bere sotto il soffitto azzurro e oro del salone, dove aleggiava sempre la traccia impercettibile del passaggio di uomini importanti. I membri del club piú scialbi, dissoluti e oscuri si sentivano incoraggiati da quell’atmosfera di potere, come le lance ondeggiano sui loro ormeggi quando un grosso yacht punta verso il largo, uscendo dalla stessa baia in cui sono ancorate.

Lorenza Inquisition