La premiata ditta Boileau-Narcejac, probabilmente l’unica a poter rivaleggiare in notorietà con l’altra coppia americana degli Ellery Queen, possedeva una consapevolezza teorica che pochi altri hanno avuto. S’erano accuratamente divise le parti nella scrittura: «uno doveva occuparsi quasi unicamente della meccanica – scrivono loro stessi -, l’altro doveva occuparsi dei personaggi indipendentemente dal primo». Lo scopo doveva infatti essere la creazione di un genere giallo capace di situarsi nello spazio intermedio tra la scuola dei duri all’americana, saldamente realistica e violenta, la detection a enigma inglese, e il classico noir francese ambientato dentro una malavita disperata e maledetta. Il frutto furono fortunati romanzi a partire dai primi anni Cinquanta, in cui era sparita la figura classica dell’investigatore, il punto di vista narrante era incentrato sulla vittima stessa, che cadeva in una macchinazione come dentro la tela di un ragno: «la vittima sia condotta non soltanto a indagare sul proprio caso, ma ancor più a delirare, quanto più essa si sforza di ragionare rettamente». Una suspence totale in cui il giallo vira su un delirio fantastico, e inscena una specie di dannazione del protagonista-investigatore-vittima per un qualche peccato originale. Ragion per cui, un regista come Hitchcock, ossessionato dai meccanismi del peccato e del senso di colpa, adottò il loro capolavoro nel celeberrimo film con James Stewart e Kim Novak. Ma il film si distacca molto dal libro, che non concede nulla alle inevitabili consolazioni hollywoodiane, e racconta dell’autodistruzione di un avvocato che s’innamora della donna che deve sorvegliare, la quale prima muore suicida e poi – sembra? – ricompare in un’altra città. L’avvocato non vedrà abbastanza – o vedrà troppo – per capire veramente in che vertigine è caduto.
Categoria: Boileau-Narcejac
La donna che visse due volte – Boileau/Narcejac
La premiata ditta francese Boileau-Narcejac ( firma comune di Pierre Boileau (1906-1989) e di Pierre Ayraud, detto Thomas Narcejac (1908-1998), scrittori francesi di romanzi polizieschi) ritorna con Adelphi che ripubblica “La donna che visse due volte” (titolo originale: D’entre les morts, ossia “Di tra i morti”) . Da questo romanzo fu tratto anche il famoso film di Hitchcock “Vertigo” con Kim Novak e James Stewart.
Lo si legge immersi progressivamente nell’ossessione del protagonista (l’ex-poliziotto Flaviers) che si innamora di un mistero più che di una donna. E noi con lui, perché i due scrittori, un po’ come il Simenon dei romanzi, amano lavorare sull’indagine psicologica dei loro personaggi, e nella quale è difficile per il lettore non sentirsi coinvolto. Per chi non li avesse ancora letti consiglio anche i due romanzi precedentemente pubblicati dalla benemerita Adelphi : “I diabolici” e “Le incantatrici“.
Renato Graziano
DESCRIZIONE
Narra la leggenda che Boileau-Narcejac abbiano scritto “La donna che visse due volte” con uno scopo ben preciso: quello di piacere ad Alfred Hitchcock. Una scommessa azzardata, indubbiamente (anche se i due non ignoravano che il regista avrebbe già voluto adattare per lo schermo I diabolici, che gli era stato soffiato da Henri-Georges Clouzot). Come tutti sanno, la scommessa fu vinta, e la storia della enigmatica Madeleine, che sembra tornare «dal regno dei morti», diventò quello che la critica ha definito il capolavoro filosofico di Alfred Hitchcock – e uno dei film più amati dai cinéphiles di tutto il mondo. Quando, molti anni dopo, François Truffaut gli chiederà che cosa esattamente gli interessasse nella storia di questa ossessione amorosa che ha la tracotanza di sconfiggere la morte, Hitchcock gli risponderà: «la volontà del protagonista di ricreare un’immagine sessuale impossibile; per dirlo in modo semplice, quest’uomo vuole andare a letto con una morta – è pura necrofilia». Attenzione però: se è vero che ci si accinge alla lettura del libro avendo davanti agli occhi la sagoma allampanata di James Stewart e il corpo di Kim Novak, a mano a mano che ci si inoltra nelle pagine del romanzo le immagini del film si dissolvono e si impone, invece, potentemente la dimensione onirica, angosciosa, conturbante di Boileau e Narcejac, che sanno invischiare il lettore negli stessi incubi ai quali i loro personaggi non riescono a sfuggire fino all’ultima pagina – e anche oltre.


