Amélie, giovane ragazza belga, finalmente riesce a coronare il suo sogno di tornare nel suo amato Giappone, dove è nata (il perché sia nata lì non si sa, ma d’altro canto non è importante). Trova lavoro alla Yuminoto, una megaditta di Tokyo, e fin da subito viene messa di fronte alla sua rigida e inesorabile gerarchia, oltre che alla rigida e inesorabile “superiorità dei giapponesi”, la cui mente non solo è in grado di svolgere facilmente compiti per lei impossibili, ma riesce anche a cimentarsi in acrobazie stupefacenti come il dimenticare a comando di conoscere una lingua appresa da bambina.
Lo scontro tra le diverse mentalità porta Amélie ad infilarsi in una rapida e tragicomica spirale discendente da cui lei non scappa per la sola ragione di volersi comportare come un vero giapponese, che mai e poi mai abbandonerebbe il compito assegnato, per quanto stupido e umiliante.
La storia, autobiografica, è scritta in tono piacevole che in alcune parti risulta realmente divertente, mentre in altre riesce a trasmetterti bene l’alienazione subita non solo dalla protagonista, ma anche dai suoi colleghi.
“Gli impiegati delle Yuminoto, come gli zeri, assumevano valore solo dietro altre cifre. Tutti eccetto me, che non raggiungevo neppure il valore dello zero”.
luca bacchetti