Le persiane verdi – Georges Simenon #Simenon #Adelphi

Traduttore: F. Di Lella M. L. Vanorio
Editore: Adelphi

 “È Maugin punto e basta, ha pregi e difetti che appartengono solo a lui”. Georges Simenon

L’ennesimo capolavoro di Simenon ha come unico indiscusso protagonista Emile Maugin. Attore teatrale e cinematografico, che dalla vita pensa di avere avuto tutto: donne, ricchezza, celebrità. Fino a quando, alla soglia dei sessant’anni, una visita medica generata da qualche disturbo cardiaco non gli propone una prospettiva inattesa e ineluttabile, quella di non potere più contare su una aspettativa di vita tranquillizzante. Da lì comincia il romanzo e, in un certo senso, lì termina, almeno dal punto di vista degli snodi narrativi, perché Simenon da quel momento scolpisce il personaggio alla sua impareggiabile maniera, rappresentandocelo nel suo quotidiano rapporto con il lavoro, i collaboratori, la giovane moglie, di cui ha accolto generosamente la figlia non sua, nelle atmosfere di una Parigi piovosa e poi nel sole abbagliante della Costa Azzurra. Ed è un grande, memorabile personaggio che ne esce: affascinante e pieno di grandezze e miserie, così incisivo e forse riconoscibile in tanti caratteri “pubblici” che l’autore sente il bisogno di escludere tassativamente, in una avvertenza addirittura in testa al romanzo, qualsiasi riferimento ad attori viventi o no, arrivando a citarne addirittura alcuni molto noti (come Charlie Chaplin o Michel Simon), verso i quali si premura di professare manifesta stima.

“La figura di Maugin non è ripresa da grandi attori come Raimu, W.C. Fields, Michel Simon o Charlie Chaplin, che considero i più grandi attori del nostro tempo. E tuttavia, proprio a causa della loro grandezza, non è possibile creare un personaggio dello stesso calibro, che faccia lo stesso mestiere, senza prendere in prestito dall’uno o dall’altro certi tratti o certi tic.”

E a me questa “excusatio non petita” ha fatto pensare che forse il grande Georges parli molto anche di sé stesso e delle sue debolezze umane in questo ritratto che, mano a mano che si giunge alla fine, fa emergere soprattutto il grande rimpianto del protagonista: l’unica cosa che forse gli è mancata, e cioè un amore sincero e disinteressato e una vita tranquilla, simboleggiata da una casetta al mare sulla costa provenzale, con le persiane verdi e che lui tenta, vanamente, di recuperare quando ormai è troppo tardi.

“Bevve il terzo bicchiere a occhi chiusi. Poi ne bevve un quarto e solo allora si eresse in tutta la sua altezza, spinse il petto in fuori, gonfiò le guance e tornò a essere quello che tutti erano abituati a vedere. Si guardò intorno, osservando le facce che fluttuavano tra le nuvole di fumo, e contrasse le labbra in una smorfia, la sua famosa smorfia, feroce e patetica insieme, che alla fine produsse l’effetto desiderato, li fece ridere, come a teatro faceva ridere la platea, il tipico riso nervoso di chi per un attimo ha avuto paura.”

«Tu non hai mai sognato una casa con le persiane verdi?».
«Non mi pare. No».
«Neanche quando eri piccolo?».
Lui preferì non rispondere.
«Già, ma tu sei del tutto privo di sensibilità. Non hai mai desiderato nemmeno una donna dolce con cui avere dei figli».

Renato Graziano

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