Non è un libro di liriche, ma c’è molta poesia nelle sue pagine.
Non è un romanzo, ma ci sono tracce di storie e di persone e di una famiglia.
Non è un libro fotografico ma molte immagini ci scorrono davanti sfogliando le 78 brevi pagine: del cuore, della mente, negli occhi del narratore: “ ti si apre una visuale, una piazza, e qualcosa è già dentro di te, dentro di noi, tocca il posto intimo, viene da piegare le ginocchia.”
Non è un memoir ma ci sono tanti ricordi, odori, tracce, sensazioni del tempo perduto e ritrovato: il profumo dei tigli nei viali della città o il sapore del latte e anice che serve a combattere la miscela mefitica del fumo dei copertoni bruciati per impedirsi di vomitare nella città industriale.
Non è un diario ma ci sono tanti sentimenti dolorosamente confessati: il dolore scende come un’onda lungo gli anni e ci viene passato il testimone fatto di pianto ed orrore e lo impugnamo e lo passiamo a nostra volta: il dolore tocca come una pietra piatta lanciata sull’acqua la superficie in più punti prima di inabissarsi.
Non è un saggio ma vi è molta sapienza nel pensare se stessi “intenti a erigere fragili trasparenti pacifiche palizzate per aiutarci a ricordare che chi le varca ha la possibilità di straziare il luogo dove nasciamo e poi, continuamente violati, continuiamo a rinascere reimpiantando le nostre palizzate “.
“Pacifiche palizzate funzionanti come valvole, come filtri: che lascerebbero volentieri entrare l’amore di benevolenza lasciando fuori la pazzia la violenza l’aggressione setacciando l’onda discernendola perché con l’onda arriva tutto e ciò che la muove o è un trauma o è un amore.”
Non è un libro di viaggi, ma si va lontano fino in California e a Parigi, per tornare a Torino, nel quartiere Aurora.
E’ “Pacific Palisades” dove ci porta Dario Voltolini, un luogo lontano, in California; ma anche vicino, nel nostro punto iniziale dove tutto nasce.
Renato Graziano