“Aveva visto miliardi di cose inquiete, pronte al cambiamento continuo, aveva visto come dialogavano tra loro severamente senza capo né coda, ognuna per conto proprio; miliardi di relazioni, miliardi di storie, miliardi, ma si riducevano continuamente a una sola, che conteneva tutte le altre: la lotta tra ciò che resiste e ciò che tenta di sconfiggere la resistenza”.
L‘arrivo in piena notte di un circo che esibisce il corpo di una gigantesca balena diffonde un’ondata di gelo e di timori tra gli abitanti di una cittadina ungherese scossa da una catena di funesti accadimenti. Una schiera di misteriose figure sta per mettere a ferro e fuoco la città terrorizzata che rischia di sottomettersi a un grottesco Movimento per la Pulizia e l’Ordine. Su questo scenario si staglia una galleria di personaggi indimenticabili: la crudele signora Eszter, che architetta la sua avida scalata al potere e Valuska, eroe sfortunato con la testa fra le nuvole, la sola anima pura che si aggiri tra queste pagine. A questa situazione di catastrofe incombente László Krasznahorkai contrappone una macchina narrativa di stupefacente bellezza e profondità, una rappresentazione dell’apocalisse fondata sulla sproporzione e sull’allegoria, una scrittura infallibile che trascina il lettore in un vortice ammaliante.
Un capolavoro. Lo sospettavo. Nella grandiosa tradizione mitteleuropea del grottesco. Come Hrabal, Schultz e Gunter Grass, per certi versi. Romanzo metafora, la trama è quella di inquietanti accadimenti in una piccola cittadina ungherese all’arrivo di uno strano circo che ha in una puzzolente balena imbalsamata, simbolo di un potere sommerso e nascosto, ,a sua principale attrazione che prelude a una inquietante apocalisse annunciata. Piazze, strade, luoghi, una geografia definita da inconfondibili toponimi ungheresi che servono all’autore per tratteggiare la mappa di una città insieme reale ed inesistente, un luogo che è nessun luogo. Un pianista che non si alza dal letto e il suo fedele amico astronomo e zimbello del paese. Nella quotidianità monotona del villaggio, preceduto da una scia di eventi inspiegabili e sinistri, la compagnia di girovaghi sarà seguita da avvenimenti peggiori, che sconvolgeranno per giorni la vita del paese, fino alla costituzione di un nuovo ordine dittatoriale, travestito da un rinnovamento costruito sul sangue e la forza. Le strade sono per qualche ragione coperte da spazzatura ghiacciata. Vi è un senso di alienazione a tratti soffocante. La catastrofe non è mai un evento singolo. Si preannuncia subdola in piccoli episodi isolati, nell’atmosfera che diventa sempre più densa e cupa anche se le cause rimangono oscure. Pochi e destinati al fallimento, i protagonisti combattono con la forza dello stupore e dell’arte la confusione che la balena sprigiona attorno a loro. Ma la melancolia sta proprio nel loro destino di vinti senza lotta, in una resistenza le cui fondamenta vengono minate da un potere malvagio, istituzionalizzato. Il romanzo, pubblicato nel 1989, fa così riferimento al passato comunista dell’Ungheria, che si apprestava in quegli anni ad uscire dal Patto di Varsavia, lasciandosi alle spalle le vittime della rivoluzione tentata anni prima. Il testo, denso di allusione e metafore,è anche un discorso politico che mira a condannare tutte le forme di totalitarismo e un sudbolo ma ben mirato meccanismo di imporre paura e obbedienza.
«Sembrava che perfino l’aria fosse cambiata, nelle sue eterne composizioni […], come se il principio sconosciuto che manda avanti il mondo all’improvviso fosse rimasto senza forze».
La prosa è pazzesca: splendida, magnetica. Ipnotica. Bellissimo.
Pier
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