“Quello che conta per lei è afferrare la durata che costituisce il suo passaggio sulla terra in una determinata epoca, il tempo che l’ha attraversata, il mondo che ha registrato in sé semplicemente vivendo.”
Molto bello questo romanzo (Premio Strega Europeo 2016) che fonde storia individuale e collettiva, ed esplora come il tempo vissuto si trasformi in quello che poi chiamiamo vita. Della Ernaux avevo letto precedentemente Il posto, che trovo migliore sia per una maggiore empatia a livello di storia personale (il lutto per la morte del padre), sia per una certa vicinanza sociale (origini contadine, la figlia che studia e si affranca nella modernità). Questo Gli anni è molto coinvolgente per tutta la prima parte, fino agli anni 70 all’incirca, forse perchè le vicende dal dopoguerra a quegli anni sono molto simili, tra Italia e Francia: i pranzi familiari con i vecchi che rievocano la guerra, il nuovo tempo in cui si potevano avere i vestitini e le scarpe nuove a ogni Natale e c’era abbastanza da mangiare, sempre, in tavola, una certa estranietà verso la propria famiglia dei giovani che non dovranno mai conoscere la guerra e non parlano il dialetto. Successivamente, rievocando le tappe che hanno scandito la storia del Novecento, la Ernaux fa dei riferimenti che sono sempre più direttamente francesi, e ho trovato la narrazione a volte appesantita da un elenco a tratti sterile di ricordi.
Ammirevole comunque il lavoro sociologico di quest’opera, in cui ricerca un passato contemporaneamente individuale e storico comune. Ha un dono davvero la Ernaux per raccontare e vivere i ricordi, Il posto mi è piaciuto di più ma questo è comunque molto buono. C’è una malinconia fortissima che emerge, soprattutto verso la fine, avvicinandosi la vecchiaia della scrittrice (e nostra); la malinconia del tempo che passa ed è passato, portandosi via tutto; Ernaux vorrebbe salvare almeno qualche ricordo, qualche immagine, “qualcosa del tempo in cui non saremo più”. Quello che alla fine rimane, per chi pensa al passato, è l’identica ansia di non voler sparire, un domani ma anche oggi, un voler rimanere nei ricordi. Il fulcro e il fascino del romanzo stanno effettivamente qui.
Lorenza Inquisition