non so bene perché ma sono irresistibilmente attratta dalla letteratura israeliana. eppure questo autore mi era colpevolmente sfuggito. per fortuna c’ho i miei informatori e ho colmato il vuoto, prima con “la simmetria dei desideri”, poi con “neuland” e ora con questa “nostalgia”, il suo primogenito.
non sono rimasta delusa, ho già nostalgia di nostalgia. un libro bellissimo, secondo me. sono stata al Castel, ho vagato per Gerusalemme e Tel Aviv, ho amato Amir e Noa e Saddiq e Sima e Moshe e soprattutto Yotam, di un tenero amore. ho riparato gli occhi dal sole, ho camminato per l’uadi e ho mangiato kubbeh, a strafogarmi.
Amir vuole diventare psicologo e durante il suo tirocinio conosce un matterello, Shmuel. e Shmuel un giorno gli dice:
“… le persone riempiono il mondo con il loro dolore. Capisci, nel petto di ogni uomo c’è un sole di dolore e tristezza, un sole che emette raggi ardenti. Se sei ben protetto, quei raggi non ti penetrano. Ma se non sei protetto, il dolore delle persone a te vicine ti entra dentro e ti brucia dall’interno…Non c’è strato che mi protegga dall’angoscia del mondo.”
Lazzìa
