
Come salvarsi se sentiamo che il mondo in cui siamo immersi, tra decadenza e ipocrisie, ci somiglia ogni giorno di meno? La risposta che si è dato lo scrittore e frontman dei Virginiana Miller Simone Lenzi nel suo ultimo romanzo è già nel titolo, “In Esilio”.
Come quando hai davvero bisogno di aprire la scatola di latta, quelle delle foto vecchie, e prima di metterti a giocare con la memoria, prima di farle passare una a una, ci ficchi il naso e riscopri l’odore di quelle stanze, di quella credenza in particolare (quella da cui portasti via la scatola) dei tuoi passi, dei loro. Perché quei passi magari dicono qualcosa anche dei tuoi o i tuoi dei loro o della fermezza o dello stare di lato o del prendere il volo, uno qualunque, in questo adesso che a dirlo si fa fatica e spesso si usano le parole sbagliate.
È bello il libro di Simone. Bello e divertente e doloroso. Bello, divertente e doloroso come la verità, una qualunque, gratis o a caro prezzo, purché sia la verità, una qualche verità, magari scomoda, di certo tagliente, densa, sgarrufata, inopportuna, dolcissima, acida, cosciente: una verità vera.
Io a Simone voglio bene. Gli voglio bene da tanto tempo e voglio bene a come dice le cose e a come le vede. Per questo vorrei leggeste questo articolo sul libro che ho appena finito, perché dice il libro meglio di come or ora saprei fare io.
Poiché a me viene solo voglia di prendere la macchina e andare. Via. Andare a casa. Tornarci. E invece vado a comprare il gelato e porto la merenda alle ragazze. E via andare, altro che andare via
🙂
dal sito dell’editore:
In esilio.
Se non ti ci mandano, vacci da solo.
Ogni famiglia ha un quarto di sangue oscuro, si tramanda di generazione in generazione. Chi pure abbia trovato pace e serenità deve sapere che il quarto di sangue oscuro gli scorre nelle vene e basta poco perché torni a reclamare il diritto ereditario sulla sorte di ogni uomo. Ne è convinto il protagonista di questa storia, un cinquantenne livornese che, con la moglie, decide di ritirarsi in campagna per stare lontano da una società in cui non si ritrova più. D’altronde, quando ripercorre la vita dei suoi parenti favolosamente eccentrici, come il Cugino L., in piedi dietro al bancone del bar dalle sei del mattino fino a mezzanotte, a servire clienti con i quali non ha mai scambiato una parola perché “non aveva niente da dire”, o il Cugino S., fuggito dal seminario per chiudersi in una stanza senza cibo né alcun tipo di conforto, ne è certo: la stranezza attraversa i rami dell’albero genealogico della sua famiglia. Non c’è da stupirsi, quindi, che a lui sia riservata la fine che sta facendo, in esilio, lontano da tutti.Simone Lenzi ci conduce nelle stanze intime della memoria, dove si celano i segreti dell’esistenza. Abile ritrattista di tipi umani, con colori accesi e sfumature intense scava nella quotidianità di tre generazioni, scardinando i paradigmi della letteratura contemporanea.
Rob Pulce Molteni
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