*Un western
Reif Larsen, Le mappe dei miei sogni
traduzione di Martino Gozzi
Strade blu, Milano, Mondadori, 2010, pp. 368.
Ho fatto tante false partenze prima di approdare a Pivet. Ho cominciato due volte Cavalli Selvaggi di McCarthy, poi ho iniziato Lonesome Dove pensando di riuscire a finirlo in tempo per dicembre (che illuso), ho provato a trovare un western che mi interessasse e mi aiutasse a finire la disfida ma è stata una ricerca infruttuosa, e alla fine ho deciso di rileggere questo Le mappe dei miei sogni (in originale The Selected Works of T.S. Spivet), ambientato nel selvaggio West, tra le valli del Montana, invece che un classico western tra coloni, indiani, carovane e cercatori d’oro.
Il protagonista, Tecumseh Sparrow “T.S.” Spivet, è un bambino prodigio, principalmente interessato alla cartografia, ma anche dilettante scienziato, come la madre, entomologa e naturalista, e assai diverso dal padre, il paradigma del cowboy americano. Larsen insiste molto su questa diversità e complementarità dei genitori che si riflette quasi specularmente nell’identità dei fratelli gemelli, T.S. e Layton. Forse è proprio questa diversità a influire sui rapporti che T.S. ha col padre, specialmente dopo l’evento luttuoso di cui non vi anticipo niente e che percorre in maniera sotterranea tutta la narrazione. L’intreccio si muove dall’annuncio della vittoria del progetto scientifico di T.S. dell’ambito premio dello Smithsonian Institute per la realizzazione di una “macchina del moto perpetuo”: T.S. si finge maggiorenne per confermare la sua presenza a Washington a presenziare alla consegna dei premi. Ignorato dai genitori in lutto, T.S. scappa di casa e, saltando su un treno merci, come nella migliore tradizione della narrativa americana sugli Habbo, percorre più di 2000 km da west a est. Le conseguenze della sua fuga, gli espedienti che dovrà inventare durante il viaggio e una volta arrivato a destinazione per poter convincere tutti di essere il vero ideatore della macchina del moto perpetuo, il tormentato rapporto con il padre e infine il confronto con il lutto al finale, dimostrano che Larsen ha saputo manovrare con grande destrezza e con originalità tutti i birilli che da bravo giocoliere era riuscito a tenere in aria per tutto il tempo della narrazione. A volte si perde in qualche excursus o forse dà troppa voce a qualche personaggio minore, altre volte sembra promettere una svolta significativa alla fine di un capitolo per poi rinviare spiegazioni e fatti più avanti, quando ormai il lettore ha perso l’attenzione per il particolare in quesitone. Malgrado alcune pecche resta un libro affascinante, in grado di rapire l’attenzione e la fantasia del lettore lungo il grande viaggio di formazione che T.S. compie attorno al suo mondo per tornare fino al punto di partenza dove vivere una vita diversa da quella che si aspettava nella sua giovane mente, ma molto più fedele a quei desideri così sottaciuti e trascurati del suo cuore. A volte basta solo questo per dimostrare di avere talento come romanziere: non voli pindarici, o avventure esotiche o trame inaspettate, quanto il riconoscimento di desideri che non si sapeva neanche di avere finché l’autore non ha inventato una grammatica per esprimerli. Ecco, Larsen mi è piaciuto perchè sembra riuscire nell’intento di far capire al lettore tra le righe molte più cose di quello che riesce a dire. Le illustrazioni delle “mappe” dei sogni e della vita di T.S. meritano tutto il costo del libro.
Stefano Lilliu
Critica (via wikipedia)
Alcuni critici hanno lodato il lavoro per la sua originalità; tra questi, una menzione su Vanity Fair che dichiara il lavoro “come niente che abbiate mai trovato”. Il libro ha ricevuto una recensione particolarmente benevola dal prolifico scrittore Stephen King, che ha dichiarato: “Qui c’è un libro che fa l’impossibile: combina Mark Twain, Thomas Pynchon e Little Miss Sunshine. I buoni romanzi divertono; quelli grandi arrivano come un dono per i lettori che sono abbastanza fortunati da scovarli. Questo libro è un tesoro.”
Altri, tuttavia, hanno notato un significativo rallentamento della trama del romanzo, puntando il dito su errori commessi da uno scrittore alle prime armi verso la conclusione dell’opera. Uno di costoro ha scritto: “Non riesco a ricordare l’ultima volta che la mia iniziale affezione per un romanzo sia stata così tradita dalla sua conclusione. È sconcertante che qualcuno non abbia aiutato questo giovane autore a rifinire Le mappe dei miei sogni per trasformarlo nel classico dall’effetto dirompente che avrebbe potuto essere.” Mentre la maggior parte dei recensori ha apprezzato lo stile illustrativo dell’impaginazione del libro, alcuni l’hanno considerato eccessivo; una di questi, del New York Times, ha descritto l’atto di leggere sia il corpo del testo che le note a margine come “spossante”.