David Grossman, A un cerbiatto somiglia il mio amore

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Appena finito. Non sono in grado di farne una recensione.
Ci tenevo solamente a consigliarlo, di cuore, a chi non abbia ancora avuto il piacere (e l’onore, io al momento mi sento così, onorata) di leggerlo. Non ho neanche pianto, non sono riuscita neanche a fare quello. Mio marito mi guardava stralunato, ha capito che, per vedermi davvero tornare a casa, doveva aspettare che finissi il libro. Non oso immaginare chi i figli li ha davvero. Io ho solo potuto intuire, ma Grossman è stato incredibile, magistrale nel trasmettere. Tutto. Dalla guerra alla scelta alla tragedia dalla vita familiare allo stato di Israele dal sentimento materno e paterno a quello filiale e fraterno. Dalla disperazione alla speranza in una riga. Ora mi compro l’opera omnia. Dite a mio marito che non torno. Hosseini mi era stato forte in maniera simile per intensità ma completamente diversa per… non so come dire, qualità del dolore.

Ma di una delicatezza… quasi femminile a volte. Non so. Mi è venuta voglia di conoscerlo, andare in Israele, imparare l’ebraico… impagabile il punto in cui Orah si dice fortunata perché nella sua lingua è possibile rendere ogni rumore prodotto dal bosco, esiste una parola per ciascuno, pensa se dovessimo tradurli in inglese o in italiano. E Avram le chiede se crede che la terra parli ebraico…

Sara De Paoli

 

Elena Ferrante, L’amica geniale

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Alla fine ce l’ho fatta: ho imbroccato il libro giusto per iniziare la quadriglia!
E caspita, m’è pure piaciuto.
Non è eccezionale, non direi, però l’ho letto molto volentieri e devo ammettere che ha ragione la quarta di copertina quando dice che si fa fatica a staccarsi dalla lettura, a non arrivare in fondo di filato.

La storia ormai è nota: due ragazzine, la loro vita, un’amicizia strana, intensa ma stortignaccola, sempre ondeggiante come una bilancia che non si riesca mai a portare in pari. Un viaggio che parte alle elementari e arriva fino alla misteriosa sparizione di una delle due, quando ormai hanno entrambe superato la soglia dei sessanta.
Il primo libro ci racconta infanzia e prima adolescenza in una Napoli che non conosco geograficamente, socialmente e temporalmente, ma che mi è parsa vivida e comprensibile in modo quasi spaventoso.

Altro per ora non dico: non so dove vada a parare l’autrice, mi sa che mi toccano i capitoli mancanti (capa, vado e compro eh Emoticon wink ) e poi magari do un feedback un attimino più di respiro.

Epperò, dovendolo consigliare, sìsì mi sento in animo di farlo certamente

Sara De Paoli

Carlo Mars: Io più o meno credo di aver provato simili sensazioni. Un libro preceduto da un mitologico passaparola, di cui tutti han parlato in toni entusiastici, ma che io non ho letto con lo stesso trasporto, la stessa passione. Per me ottimamente scritto e descritto, ma non il capolavoro che moltissimi han declamato. Questione di gusti, come sempre.