Tre piani – Eshkol Nevo #EshkolNevo #NeriPozza

“Se mi chiedessero cos’è l’amore, direi: la certezza che esiste, in questo mondo bugiardo, una persona completamente onesta con te e con la quale tu sei completamente onesta, e fra voi è solo verità, anche se non sempre dichiarata.”

In un palazzo fuori Tel Aviv c’è un palazzo di tre piani. Al primo piano abita una giovane coppia con due bambine. Il padre sta attraversando un momento difficile e ne parla in un flusso di coscienza a volte un po’ disordinato ma essenziale, via sms, a un amico che non sentiva da tanto tempo.

Al secondo piano vive un’altra famiglia, il marito sempre in viaggio e per questa ragione la moglie lasciata sola coi figli viene chiamata “la vedova” nel palazzo. La solitudine della moglie e i fatti imprevedibili che le capitano sono raccontati in forma epistolare ad un’amica lontana.

Al terzo piano vive una giudice in pensione che prova a raccontare alla segreteria telefonica, unico surrogato della voce del marito defunto, i cambiamenti che stanno attraversando la sua vita.

Tre piani dell’anima, come in Platone e in Freud, sono una metafora per rappresentare la solitudine dei personaggi che finisco per parlare con segreterie, schermi di cellulare e fogli bianchi, brancolando nel buio dell’atrio e cercando a tentoni la luce per capire a che piano ci si trova.

Al di là del lato ironico della strutturalizzazione per piani della psiche umana, Nevo tenta in maniera sofisticata di comunicare il senso di smarrimento e l’incapacità di collocare in maniera razionale le scelte che determinano una vita.

Non è stato il romanzo del secolo ma l’ho trovato aggraziato: vale la pena leggerlo solo per scoprire la tenerezza del terzo piano che, lungi da essere un luogo di condanna e punizione, è il posto dove si compie l’accettazione di una vita, per le sue qualità e le sue debolezze e dove forse è possibile ancora una volta, con sentimento, trovare una spinta per ricominciare tutto da capo.

«Ognuna delle tre storie finisce a modo suo, come succede nella realtà. Anzi, nessuna finisce davvero. “Tre piani” si svolge così, lasciando che i protagonisti si confessino a muti interlocutori affidando i propri segreti a qualcuno – anzi a qualcosa – che mai li rivelerà. Se non fosse che ci sono uno scrittore e il suo lettore ad ascoltare dietro l’angolo della pagina.»Elena Loewenthal, TTL, La Stampa

Stefano Lilliu

di Eshkol Nevo (Autore) Ofra Bannet (Traduttore) Raffaella Scardi (Traduttore)

Neri Pozza, 2017

In Israele, nei pressi di Tel Aviv, si erge una tranquilla palazzina borghese di tre piani. Il parcheggio è ordinatissimo, le piante perfettamente potate all’ingresso e il citofono appena rinnovato. Dagli appartamenti non provengono musiche ad alto volume, né voci di alterchi. La quiete regna sovrana. Eppure, dietro quelle porte blindate, la vita non è affatto dello stesso tenore. Sorto da una brillante idea narrativa: descrivere la vita di tre famiglie sulla base delle tre diverse istanze freudiane – Es, Io, Super-io – della personalità, Tre piani si inoltra nel cuore delle relazioni umane: dal bisogno di amore al tradimento; dal sospetto alla paura di lasciarsi andare. E, come nella Simmetria dei desideri, l’opera che ha consacrato sulla scena letteraria internazionale il talento di Eshkol Nevo, dona al lettore personaggi umani e profondi, sempre pronti, nonostante i colpi inferti dalla vita, a rialzarsi per riprendere a lottare.

Il bell’Antonio – Vitaliano Brancati

Ambientato nella Catania fascista, dagli anni ‘30 agli anni ‘45 circa, il libro è incentrato sul senso dell’onore perduto. Ma mentre il lettore viene fin dall’inizio “raggirato” poiché gli si presenta la storia di Antonio e della sua impotenza sessuale, che porterà all’annullamento del matrimonio dalla Sacra Rota con enorme scandalo per lui, per la sua famiglia e finanche per i suoi più cari amici, in realtà il romanzo racconta altro. L’onore perduto non è tanto quello di Antonio, con la sua impotenza sessuale, ma l’infelicità derivante dall’impotenza di dover vivere sotto un regime dispotico, corrotto e senza valori, nel quale Mussolini che aveva incantato le masse si piega ad Hitler.

Il romanzo quindi ha due piani di lettura: la ironica anche se infelice storia di Antonio, uomo tanto bello quanto codardo, che provoca commenti sarcastici in tutta Catania a causa dell’invidia che suscita un uomo così bello da essere desiderato da tutte le donne, purtroppo però impotente, in una Sicilia dove l’uomo è uomo solo se si fa valere a letto e se “cavalca” quante più donne possibile, anche magari con la violenza che è ampiamente tollerata e la contingente triste storia del fascismo che culmina con la distruzione e la devastazione di Catania, e il successivo sfascio della società che il cugino Edoardo subisce in pieno poiché aspetta per anni la libertà, ribellandosi al fascismo, per poi essere rinchiuso in prigione e in un campo di concentramento con tutta l’amarezza che ne consegue.

Barbara Gatti

1930. Il protagonista è il bellissimo giovane Antonio Magnano, che vive a Catania in pieno periodo fascista. Ha la fama di seduttore e per questo è invidiato dagli uomini e ambito dalle donne. Ma sarà proprio questa fama a rovinarlo. Si sposa con Barbara, la figlia di un ricco notaio della città, ma dopo tre anni di matrimonio emerge, con tutta la sua infamia, l’incapacità di “farsi onore” con una donna, colpa gravissima per la cultura siciliana degli anni trenta. Quando ammette la sua impotenza la sua vita cambia radicalmente, e da persona invidiata passa allo stato di uomo deriso. Lorenzo Calderara, la figura del federale fascista, è ispirata a Vincenzo Zangara che diverrà vice-segretario nazionale del Partito nel 1937.

Con il romanzo lo scrittore riprende i motivi del “Don Giovanni” producendo un romanzo corale. Nel descrivere un ambiente cittadino, effettivamente riconoscibile nella Catania di quegli anni, delinea un contesto che assomiglia a una grande commedia antica e che rappresenta, in fatto di “orchestrazione”, un grande progresso nei confronti del Don Giovanni.

Il romanzo utilizza il tema dell’impotenza sessuale come opposizione verso la mentalità che incarna nella virilità un valore assoluto o, più in generale, un dissenso verso una società che nasconde sotto il fanatismo politico e sessuale un vuoto profondo.