Cronorifugio – Georgi Gospodinov #Voland

Gaustìn, un bizzarro personaggio che vaga nel tempo, inaugura a Zurigo una “clinica del passato” dove accoglie quanti hanno perso la memoria per aiutarli a riappropriarsi dei loro ricordi. Ogni piano dell’edificio riproduce nei dettagli un decennio del secolo scorso, e la prospettiva di un confortevole rifugio dal presente finisce per allettare anche chi è perfettamente sano. In Europa intanto viene indetto il primo referendum sul passato e la campagna elettorale si fa ben presto movimentata…

“Noi siamo il cibo del tempo. Dovremmo saperlo, diavolo, se è morto.

Ho letto “Cronorifugio” di Georgi Gospodinov. Lo ritengo un libro bellissimo che, a tratti, per me è risultato un po’ faticoso da seguire, per la non linearità della struttura. Ma il limite è mio, non del disegno di questo romanzo originale, ambizioso, stimolante, che spaurisce. Al centro del racconto ci sono il tempo, la memoria e la loro relazione: la relazione tra tempo e memoria, tanto per i singoli quanto per le nazioni e i popoli, si traduce nella parola storia. La perdita della memoria (una malattia sempre più diffusa che solo il gioco letterario fa apparire distopica, perché è assolutamente reale e collegata alle nostre vite sempre più lunghe) è dunque perdita di sé per l’individuo e del proprio futuro per una nazione. Recuperare il passato sembra così la possibilità di preservare l’identità: se non si può andare avanti, si può rivivere il passato al suo meglio. La descrizione del ritorno al passato delle nazioni europee (e in particolare nella Bulgaria natale dell’autore ma anche del narratore) assume in questi giorni – giorni di una guerra che sembra rispuntare fuori da un’epoca conclusa erroneamente attribuita ai libri di storia – una sconvolgente tempestività.

Il tempo alimenta il farsi della nostra persona ma anche la sbrana. La memoria insieme preserva e annebbia la possibilità di distinguere tra ciò che in noi è stato, ciò che si è sognato, ciò che si è ripetuto o, addirittura, ciò che si è ripetuto senza essere mai stato una prima volta.

Naturalmente è anche un romanzo sul paradosso della scrittura che, insieme, ha per oggetto la realtà ma anche la produce.

Non si capisce niente da queste righe? Leggete il libro e anche quello che non sarà chiaro sarà valso la pena…

P.S. Non ho potuto non collegare questo romanzo al meraviglioso “Cronosisma” di Vonnegut. Non è citato nei ringraziamenti ma a me pare così evidente che ne sia il precursore… Comunque per me Vonnegut è ancora meglio.

Paola Borgonovo

Autore: Georgi Gospodinov

Traduttore: Giuseppe Dell’Agata

Editore: Voland Collana: Sírin

Anno edizione: 2021

Il conte di Montecristo – Alexandre Dumas #Montecristo #Dumas

Forse dovrei semplicemente riprendere l’emozionata e precisa recensione che fece Paola Castelli su questa vetrina qualche anno addietro e apporre a sigillo un pollicione alzato di approvazione.

Anch’io ho finalmente terminato la lettura di quello che è difficile considerare solo un romanzo; lettura lunga ma appassionante, densa ma fluida, drammatica ma anche ironicamente gioiosa, al punto di volerla centellinare come un ottimo vino da meditazione.

Più che un romanzo, è praticamente la somma di mille, forse tutte le sceneggiature di film e serie tv che imperversano sulle diverse piattaforme di intrattenimento dei nostri giorni. Le storie di oggi impallidiscono al confronto con la complessità dei personaggi, la ricchezza di particolari, la costruzione delle scene, l’atmosfera dei luoghi, la freschezza della prosa (e qui forse ho avuto la fortuna o l’accortezza di scegliere l’ottima traduzione della nuova edizione Feltrinelli, a cura di Gaia Panfili), ma soprattutto l’implacabile lucidità nella costruzione di una trama praticamente perfetta.

A chi ancora dubitasse se intraprendere o meno la lettura di un tomo così voluminoso, datato, spesso (erroneamente!) relegato nelle categorie “basse” della letteratura d’appendice o per ragazzi, io dico: fidatevi, lasciatevi andare e immergetevi serenamente in questo impetuoso flusso di parole; ne uscirete inconsapevolmente arricchiti e dolcemente estasiati.

Francesco Pisano

  • La prima parte di Montecristo, fino alla scoperta del tesoro, è un pezzo perfetto di racconto a effetto; non c’è mai stato un uomo che abbia partecipato a queste commoventi avventure senza un fremito, eppure Faria è un personaggio di cartapesta e Dantès poco più di un nome. Il seguito non è che il dilungarsi di un errore, cupo, sanguinoso, innaturale e stupido; ma quanto a questi primi capitoli, non credo esista un altro volume nel quale si possa respirare la stessa inconfondibile atmosfera di romanzo. (R.L. Stevenson)
  • [Il Conte di Montecristo] è forse il più «oppiaceo» dei romanzi popolari: quale uomo del popolo non crede di aver subito un’ingiustizia dai potenti e non fantastica sulla «punizione» da infliggere loro? Edmondo Dantès gli offre il modello, lo «ubbriaca» di esaltazione, sostituisce il credo di una giustizia trascendente in cui non crede più «sistematicamente». (A. Gramsci)
  • Ancora oggi può interessare la grossa ma genuina facoltà inventiva, che associa, in un rapido susseguirsi, senza preoccupazioni di una trama ragionata e verosimile, le più straordinarie avventure, raccontate con l’ausilio di uno stile che non manca di agilità e di movimento, anche se numerosi luoghi comuni guastino la verità psicologica dei caratteri e la coerenza delle vicende. (Amelia Bruzzi)
  • Il Conte di Montecristo è senz’altro uno dei romanzi più appassionanti che siano mai stati scritti e d’altra parte è uno dei romanzi più mal scritti di tutti i tempi e di tutte le letterature. (U. Eco)
  • Il Conte di Monte-Cristo è una sterminata hilarotragedia, dove il riso e il delitto, il gioco e il Male Assoluto si sfiorano e si intrecciano. Il lieve tocco ironico, lo spirito settecentesco, l’allegretto sono presenti in ogni capitolo. (P. Citati)
  • Il quadro socio-storico, nel Conte di Montecristo, forse è la componente di maggiore rilievo: la facilità del guadagno, dello sperpero di danaro, delle corse irrefrenabili su per la scala sociale di affaristi spregiudicati e funzionari di mezza tacca che sapevano sfruttare la politica, le amicizie di qualità a unico profitto personale; quindi il precipizio in cui tante improvvise fortune finanziarie piombavano a terra con la velocità del suono, e travestimenti conseguenti, lacrime per alcuni e per altri gioie: questa la vera sostanza del romanzo. (E. Siciliano)
  • Un motivo che riveste un fascino perenne: il nesso maestro-allievo. Tra Faria e Dantès si stabilisce il rapporto, l’intesa, la complicità, la devozione che nasce tra maestro e allievo. Dantès deve tutto al vecchio: ma non importa tanto il tesoro abbagliante; gli deve la conoscenza. (L. Canfora)
  • Mio nonno, che era quasi analfabeta (sapeva leggere ma non scrivere), mi raccontava storie meravigliose attingendole a una miniera segreta. Prima di morire, mi ha consegnato la sua biblioteca: era fatta di due libri e uno era Il Conte di Montecristo. E così ho scoperto dov’era la sua miniera segreta; perché nel Conte di Montecristo c’è tutto: l’amore, il tradimento, il sopruso, la vendetta, la voglia di resistere e il coraggio di soccombere. (A. Perissinotto)