“The Quick” – Lauren Owen (Misteri, Vampiri e Sale da tè) #LaurenOwen

Buongiorno a tutti! Avete voglia di leggere una storia di Vampiri “old Style”, ambientato nella Londra vittoriana di fine 800? Io l’ho fatto e mi sono divertita un casino. (non ci sono spoiler)

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“The Quick” è stato l’esordio folgorante di una giovane autrice, Lauren Owen. Questa ragazza, poco più che trentenne, è riuscita ad imbastire una storia di vampiri “vecchio stile” che cattura fin dalle prime righe, trasportando il lettore in un mondo antico ed arcaico, in cui la fantasia domina la realtà rendendo molto difficile distinguere ciò che è leggenda da ciò che è storia. I vampiri, figure mitologiche le cui origini si perdono nella notte dei tempi, non smetteranno mai di affascinare i lettori di ogni generazione e di essere la fonte principale di ispirazione per chi di mestiere scrive storie da brivido: a cominciare da Bram Stoker, capostipite del genere e creatore di Dracula, fino a Stephen King, che ci ha condotto per mano lungo le stradine buie di Jerusalem’s Lot facendoci tremare le viscere. Nella tranquilla cittadina del Maine, il risvolto psicologico dei protagonisti si mescola a paletti di frassino e teste d’aglio, creando un amalgama perfetto, da non dormirci la notte.
Le saghe più recenti (Twilght in testa) hanno rivisitato la figura dei Vampiri giocando molto sul loro aspetto fascinoso, umanizzandoli a tal punto da instillare in loro il sentimento per antonomasia: l’amore. Per me si tratta di blasfemia e su questa considerazione mi fermo, perché non voglio infierire su ciò che è già triste di suo. I vampiri hanno una loro dignità, ed una storia millenaria che li ha sempre resi i protagonisti indiscussi delle nostre paure: Loren Owen restituisce un’immagine di spietatezza a queste creature, e di questo le sono davvero grata. I vampiri bellocci che si innamorano di adolescenti non fanno proprio per me.
Lo sfondo in cui l’autrice colloca i suoi protagonisti è la Londra vittoriana di fine ottocento, un’ambientazione molto suggestiva che aiuta il lettore a calarsi perfettamente nella storia. La capitale inglese alla fine del XIX secolo rappresentava uno dei maggiori fulcri di stabilità e di benessere economico: rivuluzione industriale, espansione coloniale, assenza di guerre. Ma questa nuova ricchezza portò con se anche molti aspetti negativi, creando lacerazioni profonde nel tessuto sociale.
I risvolti delle nuove politiche economiche furono devastanti: il divario tra nuova borghesia e nuovi poveri non fu mai così ampio come ai tempi della Regina Vittoria. I contrasti interni erano stridenti, il tasso di delinquenza elevatissimo, i sobborghi erano fogne a cielo aperto impestate di malattie e di prostituzione. L’epoca vittoriana diventò tristemente nota per la diffusione del lavoro minorile ed il conseguente analfabetismo. I nobili ed i banchieri arricchiti si trinceravano nei loro club esclusivi a parlare di affari e a sorseggiare tè con superficiale ottimismo, forti di una condizione non sarebbe mai mutata, mentre a due passi dalla City la fame mieteva vittime e cresceva orfani. Questo aspetto storico è una parte fondamentale del libro, perché anche i Vampiri, conformati alla società del tempo, seguono l’ombra delle vite che hanno strappato rimanendo legati loro malgrado al susseguirsi degli eventi. Sono creature che si adattano ai tempi in cui vivono perché ne sono la macabra prosecuzione, ma disprezzano profondamente l’essere umano e rifuggono il contatto con essi. Li considerano esseri inutili, inferiori. Sentono il loro tanfo a diversi passi di distanza e ne sono infastiditi, i loro luoghi di aggregazione li inorridiscono. L’unico istinto che li guida verso l’uomo è il bisogno di sangue, di cui non possono fare a meno. L’uomo comune, stolto e pusillanime, è solo un enorme sacca da cui trarre alimento e nient’altro. Nessuna emozione potrà mai guidarli verso altre strade.
La nostra storia inizia in una decadente dimora della campagna inglese, in cui vivono due ragazzini: Charlotte e James. I due fratelli dopo la morte della madre crescono molto uniti ma terribilmente soli, con un padre quasi sempre assente per lavoro e l’anziana governante. Il padre in realtà tornerà da loro, ma solo perché la sua salute non gli consente più alcun tipo di spostamento: morirà poco dopo. L’ambiente isolato ed i pochissimi contatti umani alimentano nei due giovani un forte desiderio di evasione, attratti dalla vitalità e dal fermento culturale di Londra : James si sente particolarmente portato per la scrittura, e decide così di approfittare della rendita paterna per recarsi a studiare nella grande città. A questo punto le vite dei due protagonisti si dividono: lasciamo da parte Charlotte, ancora immersa nei doveri verso la famiglia, per avventurarci insieme a James nella sua nuova esistenza. I primi giorni a Londra sono molto confusi per lui, ingenuo ragazzo di campagna, fino a quando incontrerà Christopher Paige. Christopher, un dandy affascinante dedito un po’ troppo all’alcol e ad altri vizi, appartiene ad una ricca famiglia della città e stringerà con James una forte amicizia. Andranno a vivere insieme da un’affittuaria e sarà proprio Christopher ad introdurre James nel cuore della vita mondana londinese. Cene eleganti, teatri, club esclusivi… James viene iniziato ai piaceri della vita cittadina e la sua carriera come commediografo stenta sempre di più a decollare. Sono due gli avvenimenti che segneranno inesorabilmente il suo destino: l’incontro con il presidente dell’esclusivo club “AEgolius” e la scoperta dell’amore, laddove non l’avrebbe mai cercato. Dopo poco, James scompare. Charlotte è molto preoccupata perché suo fratello non risponde più da mesi alle sue lettere e così, finalmente libera da impegni domestici, decide di partire alla volta di Londra per cercare di capire cosa sta succedendo a James.
Charlotte scoprirà come tra le vie di Londra si annidi un sottobosco di creature ibride, chiamate gli “Spenti”, in contrapposizione con gli “Animati”, appartenenti invece al genere umano. Dal momento che i vampiri sono costretti a seguire l’evoluzione umana, la stratificazione sociale della Londra vittoriana si rifletterà anche nel loro mondo e darà vita a feroci lotte tra i vari clan presenti nel territorio urbano. Gli esponenti della nobiltà in decadenza e i nuovi ricchi fanno tutti capo al misterioso AEgolius, di cui James ha già scoperto l’esistenza. Il loro scopo, oltre a quello banale della mera sopravvivenza, è attirare nelle proprie fila i personaggi più in vista della città e giovani promettenti con determinate qualità intellettuali: vogliono cambiare le cose per sempre, instaurando una vera e propria egemonia di Spenti. Questo nuovo ordine avrebbe dominato da principio l’intera Londra, per poi espandersi ovunque. La loro sete di potere, unita al desiderio di mantenere intatti i privilegi di cui godono, guida il loro implacabile istinto sanguinario. Dall’altra parte del Tamigi, tra i fumi delle industrie e la puzza di marcio delle vie suburbane, vivono gli Alia. Gli Alia sono i miserabili, i pezzenti, sono rozzi succhiasangue privi di qualsiasi regola morale. I loro capo è una donna, che offre loro riparo e mezzi di sostentamento in cambio di totale abnegazione. Fra gli Alia vi sono molti bambini, un tempo orfani, dimenticati o creduti morti dai loro genitori. Scorazzano per la città in cerca di sangue fresco e obbediscono agli ordini della loro padrona, sono privi di qualsiasi tenerezza infantile e giocano tra gli Animati sperando di riuscire ad addentarli quando la fame si fa sentire. Perché non è così facile distinguere gli Spenti dagli Animati. Si confondono perfettamente nella folla, ma la loro velocità di spostamento è sovrumana. Hanno ferite impercettibili sul corpo, segno delle loro appartenenza, ed occhi immobili in cui galleggia il vuoto. Hanno fame, e spesso questo li tradisce, ma per il resto sono perfettamente integrati nella società. E soprattutto nessuno di loro accetta di essere chiamato per quello che è veramente: un vampiro.
Chi ha rapito James? Perché i membri dell’AEgolius si avvalgono di uno studioso che usa alcuni di loro come cavie? Cosa hanno scoperto sui vampiri moderni? Cos’è lo “scambio” e perché è una regola così pericolosa da contravvenire?
Charlotte si ritroverà suo malgrado coinvolta in queste lotte di classe per salvare se stessa e suo fratello da un terribile destino, e nel farlo verrà aiutata da una strana coppia di cacciatori di vampiri e da un sopravvissuto al piano dell’ AEgolius.
C’è forse un sovraccarico di misteri e di inversioni di rotta in questo romanzo, ma il tutto è ampiamente compensato da una scrittura fluida, perfetta, pulita. Ogni descrizione, da quelle della malinconica e dolce campagna inglese fino a quelle della cupa e fumosa Londra di fine ottocento, ci fanno immergere completamente nelle atmosfere gotiche di questa storia. I vampiri sono un tema ampiamente sfruttato dalla letteratura di tutti i tempi, eppure in questo romanzo non vi stancherete mai di sentir parlare di loro, anzi: ne vorrete sapere sempre di più, incollati a pagine che sfoglierete avidi una dopo l’altra. Troverete comunque qualcosa di nuovo, di appetitoso, di stuzzicante e al tempo stesso di terrificante. Sentirete sempre un sottile senso di angoscia strisciare tra le mura di casa vostra. Scapperete anche voi tra i vicoli fuliginosi di Londra in cerca di un nascondiglio, perché il buio non riesciurà ad offrirvi abbastanza riparo; e quando leggendo dei bambini vampiri passerete aldilà del Tamigi, sentirete uno sbuffo gelido alitarvi sul collo.

Paola Castelli

Madame Bovary – Gustave Flaubert #MadameBovary

I classici qui non si contestano nè si recensiscono, noi stiamo con la testa sotto i loro piedi e muuuti, e comunque un mio ripasso attuale de La signora Bovary non potrà mai aggiungere nulla a un lavoro critico che si è esercitato quasi ininterrottamente sul romanzo per centosessant’anni, un capolavoro di tutti i tempi. D’altra parte essendo un classico fornisce a ogni lettura e a ogni nuovo lettore spunti ulteriori di riflessione, che vado comunicandovi.

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Quand’ero al Liceo era assegnato come compito di leggere almeno un libro di ogni autore che si studiava nelle grandi letterature. Ai tempi la cosa mi rompeva un po’, anche se a posteriori a ripensarci, Che compito hai questa settimana per letteratura francese? eeeeh devo leggere UN libro, e capirai. Comunque ringrazio di tutto ciò le suore orsoline orsacchiotte perchè alla fine a diciott’anni avevo già il mio bravo bagaglio di opere classiche, e se alcune mi avevano annoiato a morte, altre le ho portate sempre con me con tanto ammòre. Madame Bovary mi era piaciuta, per esempio, così tanto che l’avevo poi voluta rileggere dopo pochi anni all’Università. Questa seconda volta tuttavia mi aveva meno entusiasmato, quindi l’ho lasciata lì a sedimentare, seppur con un buon ricordo. Adesso dall’alto delle mie quarantblettaprrrt primavere l’ho riaccostata, e sono contenta di annunciare che ho fuso le mie due versioni passate, diciottenne e venticinquenne, con la attuale, in un tutt’uno di accettazione e partecipazione della Emma Bovary, che la capisco e le voglio bene, anche se ciò non toglie che sia per certi aspetti un personaggio innervosente ai massimi livelli, e tutto ciò, avendo ella ormai la bellezza di 160 anni, depone solo a suo favore.

Un aspetto incredibilmente affascinante del romanzo, che ho sempre amato in tutte le mie versioni, sono le descrizioni dei sogni, delle fantasticherie e della letteratura in cui Emma indulge per gran parte della propria esistenza: gli amori cavallereschi e le fiabe romantiche, gli abiti delle dame e le corti, i grandi amori e gentiluomini, tutto ciò ha rovinato lei da giovanetta ma anche qualsiasi lettrice appassionata di romanzi come me. Il bovarismo, quell’atteggiamento psicologico che fa continuamente sognare grandi sogni a occhi aperti, rifiutare la propria grigia esistenza, odiare persino il quotidiano, in genere veicolato dai libri ma non è detto, non per tutti, a diciott’anni  per una ragazza è di rigore, penso: ricordo ancora la prima volta che ho pianto disperatamente perchè uno dei personaggi di Shannara moriva, era il primo fantasy che leggevo e mi ci ero immersa completamente. Ne uscii distrutta per due giorni, con Bobby che per tirarmi su mi citava Henry Miller: lo Scorpione è un segno che si immerge completamente nella storia, vedrai che poi passa. Quanta saggezza! Come lettrice, è  impossibile non provare empatia per Emma, con il suo culto dei grandi romanzi e la passione con cui li vive, che le fa sormontare la banalità del quotidiano, chi di noi non ha sognato chiudendo un bellissimo libro di poter vivere con i protagonisti e non doversi alzare e tornare al grigiume di preparare la cartella, la cena, la presentazione del giorno dopo al lavoro?

E’ chiaro poi che ognuno ci ha la sua sensibilità, e vivere troppo sulle note blu comunque non fa apprezzare i lati positivi della propria vita, perchè si tende a proiettare le proprie speranze in sogni irrealizzabili. Questo noi lo capiamo, più o meno, avanzando con gli anni. Madame Bovary vive tutto su un registro eccessivo, sia esso quello della virtù – la dedizione perfezionistica alla casa e alla famiglia che la prende a tratti – o quello della trasgressione morale, che spesso autogiustifica ai propri occhi pensandolo dovuto all’intensità della passione amorosa. La signora Bovary è a suo modo coraggiosa, spavalda addirittura nell’assecondare le ragioni del cuore e del sentimento rispetto al proteggere la morale e ad assecondare l’intelletto. Incurante della riprovazione sociale commette adulterio, consapevole di quello a cui corre incontro, ma per lei devono sempre vincere i moti dell’anima e la volontà di spezzare le catene del pregiudizio che la società ottocentesca impone. E’ per questo che Emma è diventata anche, in varie epoche, un simbolo femminista: una figura tragica che incarna il  rifiuto di accettare un’esistenza mediocre, senza orizzonti, mortificata nell’adempimento dei doveri quotidiani iscritti nel ruolo di donna.

C’è da dire però che questo aspetto a me ha sempre colpito meno; capisco il significato addirittura eversivo che culturalmente ha avuto all’epoca, che una donna cristiana potesse fare quella vita e che se ne potesse addirittura scrivere era scandaloso, una borghese che non accetta il proprio ruolo e nemmeno si rifugia nella religione, però non sono mai riuscita a identificarmi in questo. Quand’ero giovane, perchè tutto sommato irridevo la sua scelta affrettata di sposare un uomo scelto male e in fretta, che evidentemente non le suscitava passione. Adesso, perchè penso esistano altri mondi in cui rifugiarsi, per qualcuno è la letteratura, per altri la musica, o altre persone, o viaggi. Penso che ci sia una Emma Bovary in ognuno, sempre pronta a saltar fuori in ogni momento in cui la vita, l’ennui, la fatica arrestano un po’ i sogni in cui si perde in modo sano, e ci si ferma a pensare E’ tutto qui? questa è la mia vita? davvero? Ma bisogna combatterla quella Emma lì,  magari ci si fa un piangerino o un giro in moto, o una corsa col cane o una seduta compulsiva di shopping, e la vita torna a essere bella, anche se magari non è proprio quella che sognavi da giovane. Questo, ovviamente, per noi. Lei, la Emma, è oltre, e lo sarà per sempre.

Queste sono solo mie umili riflessioni ai piedi di un personaggio immenso, che travalica il suo tempo, l’incarnazione triste e dolorosa dell’insoddisfazione femminile e dell’irresistibile bisogno d’evasione dalla mediocrità provinciale e borghese, dal muro di una realtà noiosa, incolore, abietta.

Ho rivalutato, con il tempo, il personaggio del marito: da giovane mi pareva un uomo detestabile, mediocre, terribilmente limitato nella sua angusta ottica piccolo-borghese, di una normalità che rasenta l’imbecillità. E lo è, è davvero tutte queste cose, il povero Charles. Però, come dice la Maraini, non va sottovalutato: “Rozzo, goffo e pigro, si direbbe persino scemo, in realtà si mostra capace di ciò che nessuno dei personaggi flaubertiani sa fare: amare con dedizione materna, con tenerezza protettiva, con generosità infinita, la persona che ha scelto di amare”.  E’ ovvio che essere sposate a un uomo così privo di immaginazione, di intuizione psicologica, di fantasia e di voglia di acculturarsi sarebbe una dannazione per chiunque con un minimo di sensibilità artistica. Ma dal punto di vista di lui, innanzitutto c’è da sottolineare come egli non abbia, al contrario per esempio dei due amanti di Emma, che giungono a disamorarsene incapaci di tollerare la sua intensità passionale, sentimenti volgari o dozzinali. Charles ama sinceramente la moglie, si dirà forse che non la capisce; è vero, ma il suo sentimento non è meno vero, per questo. E’ un goffo, un vinto, capisce di essere incapace di soddisfarla, e perciò non pone alcun limite alla sua libertà e alla sua autorealizzazione, non interferendo mai nei disperati tentativi di evasione della moglie. Un uomo più meschino l’avrebbe punita, un uomo più volgare soggiogata. Egli invece la spinge a dedicarsi alla musica, asseconda il suo gusto per il lusso, non è un grande eroe romantico, la sua personalità si esprime nel comportamento, non in parole fiorite e inutili. Nel complesso, insomma, un brav’uomo, la cui mediocrità è riscattata dal fatto che, preso atto delle colpe di Emma, riesce a perdonarla e a serbarle amore nel suo intimo, fino alla morte per crepacuore.

Certo, il loro matrimonio, così male assemblato dall’inizio, ha un inevitabile, fatale epilogo. Emma è incapace per carattere di sopportare la monotonia del suo matrimonio e la mediocre semplicità del suo compagno, che pur amandola sinceramente, non è minimamente in grado di colmare il suo vuoto esistenziale che si trasforma, pian piano, in una voragine in cui tradimenti, malesseri, estasi religiose e passionali la porteranno ad un tragico finale, una vicenda resa mirabilmente, davanti alla quale è impossibile rimanere indifferenti, anche oggi in questa modernità iperattiva e spesso superficiale in cui ci muoviamo.

Lorenza Inquisition