Avevano spento anche la luna – Ruta Sepetys #recensione

LEGGERE IL MONDO: LITUANIA

luna

Questo libro non rappresenta esattamente la letteratura lituana, in quanto è stato scritto da un’americana di seconda generazione, figlia di un rifugiato di quel Paese, che ha raccolto testimonianze sul genocidio dei popoli dei Paesi Baltici da parte di Stalin e ha provato a raccontarle qui. Il libro è stato un best-seller del New York Times, e la scrittrice ha ricevuto numerosi premi letterari per il suo lavoro di divulgazione culturale su quel periodo storico che vide il totalitarismo sovietico imperare su Estonia, Lettonia e Lituania con deportazioni nei campi di prigionia della Siberia. Nel 1940 l’Unione Sovietica occupò gli stati Baltici; in pochi mesi il Cremlino emanò elenchi di persone considerate antisovietiche che furono imprigionate, uccise, o deportate in schiavitù in Siberia: medici e avvocati, artisti e insegnanti, militari e intellettuali. Gli orrori che le popolazioni dovettero sopportare furono indicibili; e nel frattempo Hitler invase a sua volta gli stati baltici, che, intrappolati tra l’impero sovietico e il Reich, semplicemente scomparvero dalle carte geografiche insieme alle migliaia di deportati. Chi sopravvisse trascorse dai dieci ai quindici anni in Siberia, in campi di lavoro in condizioni inumane; potè tornare in patria solo alla metà degli anni ’50, per scoprire che i sovietici avevano confiscato i loro beni e le loro case. Il Cremlino concesse loro di vivere in zone assegnate, sotto il costante controllo del KGB. Parlare delle loro vicende era impossibile, pena una nuova deportazione; quindi questo rimase un segreto latente per due generazioni. I paesi baltici persero più di un terzo della loro popolazione a causa della persecuzione sovietica, i corpi delle vittime, che non saranno mai ritrovati, seppelliti in tombe anonime nel gelo delle terre siberiane.

Per le popolazioni del Baltico di Estonia, Lettonia e Lituania questa guerra è finita nel 1991, quando dopo cinquant’anni di brutale occupazione sovietica hanno riconquistato l’indipendenza.

Questo libro riesce in buona parte a veicolare l’orrore di questa pagina storica di cui non si parla molto, anzi quasi per niente, soprattutto da parte sovietica da cui non sono mai (ancora?) arrivati riconoscimenti delle empietà commesse durante l’occupazione. Lo consiglio, ma devo premettere che ha un difetto, che ahimè non avevo colto all’acquisto: è un romanzo inteso per la categoria young adult, un genere per definizione meno brutale, più leggero dei libri destinati agli adulti, perchè indirizzato a lettori adolescenti. Quindi pur trattando argomenti davvero disturbanti e drammatici come uccisioni da parte della polizia politica, deportazioni di famiglie intere in carri bestiame, bambini che muoiono di stenti e donne che si prostituiscono ai militari per qualche razione in più, c’è una ragazza protagonista bella e coraggiosa, e c’è pure un interesse quasi amoroso -per quanto possibile in un campo di lavoro siberiano – in un prigioniero belloccio. Ho apprezzato che l’autrice non abbia particolarmente sviluppato questa parte della trama, dato che questo non è un romanzo distopico su cui sognare; è la dura realtà di una inaccettabile parte della storia umana. Comunque questo aspetto è solo una parte del racconto che rimane peraltro sullo sfondo, forse introdotto per lasciare un messaggio di una certa speranza ai giovani lettori. Detto questo, sicuramente per il pubblico a cui è destinato è un libro che non risparmia molte brutalità e neanche scomode verità. La prima parte l’ho trovata un po’ noiosa, ma dalla metà in poi cresce molto in maturità, e l’ho letto senza problemi.

Se avete figli adolescenti che amano leggere, lo consiglio senz’altro, è un romanzo storico crudo ma senza eccessi, le vicende narrate attraverso la voce della protagonista quindicenne. Se siete adulti e interessati all’argomento ma Arcipelago Gulag vi pare troppo, potete cominciare da qui.

Lorenza Inquisition

Una casa di terra – Woody Guthrie #recensione #WoodyGuthrie

“La vita è dura …sei fortunato se ci arrivi in fondo”.

(W. G.)

Woody Guthrie non nasce scrittore, anche se ci aveva provato con questo libro, una sorta di versione folk di Furore di Steinbeck. Qui Guthrie porta avanti tutta la sua etica in favore dei deboli basata sull’amore per la terra attraverso il lavoro e la Casa, il posto dove stare, che ti appartiene e a cui appartieni, come fine ultimo degli sforzi umani.

«Procuratevi un pezzo di terra per voi e tenetevelo stretto. Così. E poi combattete. Combattete per tenervelo stretto così. Il legno marcisce. Il legno si rovina. Questo non è un paese dove conviene tenersi stretto qualcosa che è fatto di legno. Questa non è terra da alberi. Non è neanche un paese da arbusti. In questa striscia di terra qui ha poco senso combattere per tenersi stretto qualcosa che sia di legno, perché il vento e il sole e le intemperie qui sono un disastro per il legno. Non si può combattere come si deve se non si hanno i piedi ben piantati nella terra, se non si combatte per la terra».

Si percepisce nella storia l’elemento della polvere, il disfacimento degli oggetti, degli attrezzi, della terra, degli animali e degli animi delle persone durante la recessione tra le due guerre mondiali subita dagli Stati del Sud. Tutto si riduce in polvere (è chiara la matrice religiosa americana del libro), anche i sogni della giovane coppia, di cui Guthrie narra la storie, le speranze e i sogni. E il sogno è quello di partire dalla polvere, impastarla con l’acqua e dare origine ad una “casa di terra”, una casa che possa tener fuori le tempeste, gli assalti delle cavallette, i freddi inverni e le torride estati. Nella narrazione però Guthrie si perde nei meandri di un rapporto di coppia sondato fin troppo minuziosamente, con una prima parte che abbonda anche di particolari erotici, perdendo a volte il filo della narrazione. Dal punto di vista della storia, forse troppo lungo, come romanzo. Però ci sono anche le sue canzoni, e questo è un valore aggiunto in sè. Un libro aspro e a tratti davvero toccante, che non si dimentica.

Non ho mai aspirato a niente, se non ad avere un lavoro dignitoso da fare, e una casa dignitosa dove abitare e una vita dignitosa e onesta. Perché non possiamo avere abbastanza terra da tenerci occupati? Perché non possiamo avere abbastanza terra per campare, lavorare e vivere come esseri umani? Perché non possiamo?

– Non lo so, donna. La gente sta come i cani che si sbranano. Tutti che mentono, che imbrogliano, scappano e fanno i furbi e si nascondono e calcolano… è come cani contro cani. Non so altro”.

Nicola Gervasini

Il manoscritto originale di questo romanzo di Woody Guthrie, portato a termine nel 1947, era rimasto chiuso in un cassetto a Coney Island per anni e anni. Scoperto da pochissimo, è stato pubblicato negli USA da Johnny Depp, che ne ha scritto anche l’introduzione. “Una casa di terra”, l’unico romanzo completo del leggendario folksinger, è un ritratto profetico e potentissimo di due agricoltori cocciuti e disperati che combattono per sopravvivere alla furia cieca e distruttiva degli elementi (ma non solo) durante la Dust Bowl, la serie di tempeste di sabbia che colpirono gli Stati Uniti negli anni Trenta, mandando in rovina migliaia di contadini. Soffuso della elementare poeticità e della devastante autenticità che hanno reso leggendarie le ballate di Woody Guthrie, il libro è la storia del normalissimo sogno di una vita migliore da parte di una normalissima coppia e della sua ricerca di amore in un mondo sempre più corrotto. Tike e Ella May Hamlin si ammazzano di fatica per coltivare la terra arida del Texas, vivono precariamente in una catapecchia di legno e sognano un’abitazione solida in grado di difenderli dalla terribile violenza degli elementi. Grazie a un opuscolo pubblicato dal governo, Tike apprende le nozioni necessarie per costruirsi una semplice casetta fatta di mattoni di argilla, paglia e sabbia, a prova di fuoco e vento: una casa di terra.