“Proseguire è sempre una scelta, anche quando scegliere non sembra possibile”

Mettiamola così: dire le trasparenze e gli abissi, farlo senza inciampare nei sassi delle melasse o delle sentenze, non è poi così semplice. A mio avviso queste 213 pagine più 2 ci riescono: dicono l’amore, la tragedia, la solitudine, la scelta, l’umanità, l’abominio, il lusso degli affetti, la solidità di certi legami, il mare, le contraddizioni dei confini, la spontaneità, la famiglia, il cuore, le mani e lo stupore senza cadere mai in nessuna trappola, non quella di certe furbastre smancerie, non quella dell’orrore usato a consumo dei consensi. Salvatore e Giulia si amano e continueranno a farlo, da che si riconoscono, bimbi, a che si ri-sceglieranno, adulti. Lampedusa è IL luogo, sacro e ferito, che custodisce il segreto di questo nodo, il loro, di chi li incontrerà, delle anime in cui si perderanno, che, loro malgrado, finiranno per averli salvati. L’importanza del racconto e della memoria legano i corpi e i sensi, dall’inizio alla fine, tenendo dritte le schiene davanti alla miseria e al dolore delle fughe, tutte, quelle che portano alla salvezza, quelle che finiscono con il naufragio. C’è l’adesso dentro a queste pagine, un adesso d’odio e ignoranza e paura che troppo spesso ci urla in faccia l’abominio delle colpe senza lasciare spazio alla benché minima dose di umanità. Lampedusa, il cristallo della poesia, il nero della morte: la bellezza feroce dell’isola, l’orizzonte che si macchia di viaggi disperati, il continente, un altro, che è per ognuno, il miraggio dell’ossigeno che manca. Di una semplicità disarmante, commovente, generoso, vero, tutto fuorché ambizioso, come sanno essere le mani che si protendono a dire e a dare resistenza. Bello, davvero. Importante, oserei, come lo sono gli sguardi che scelgono di non voltarsi dall’altra parte.
rob pulce molteni
Descrizione
Un’isola è libertà e prigione. Lo sanno bene i ragazzini che corrono nei sentieri arsi dal sole, tra i rovi e la polvere, con il mare sconfinato sullo sfondo. L’isola, mai nominata ma riconoscibile, è Lampedusa. Salvatore vive con i genitori, il padre pescatore e la mamma che cuce centrini per i turisti. Giulia vive a Milano, con il padre architetto di successo emigrato nel continente e la madre casalinga. Da sempre Giulia e Salvatore aspettano l’estate per ritrovarsi ogni anno, diversi eppure uguali. Sui sellini delle biciclette, con i pedali premuti al massimo e uno spazio da colmare di parole e promesse. Mani strette prima di una nuova partenza e tante lettere in una busta rosa per non restare soli nel freddo dell’inverno. Finché, una mattina, nell’estate in cui tutto cambierà, Giulia e Salvatore scoprono il mondo che sta dall’altra parte: il corpo di un ragazzino che rotola sul bagnasciuga come una marionetta e tanti altri corpi nell’acqua, affogati per scappare dalla fame, dalla violenza, dalla guerra. Gli sbarchi dei migranti cominciano e non smettono più. L’isola muta volto, i turisti se ne vanno, gli abitanti aiutano come possono. Quando Giulia torna a Milano, il filo che la lega a Salvatore si allenta. La vita non è più solo attesa dell’estate e amore sincero. La vita è anche uno schiaffo, un risveglio, la consapevolezza del dolore e delle differenze. Una scoperta che travolge i due ragazzi e che darà valore a tutte le loro scelte, alla distanza e alla vicinanza.