
Rob Pulce Molteni
Il grande studioso Roland Barthes giace riverso per la strada, investito da un furgone della lavanderia, il 25 febbraio 1980, appena dopo un pranzo con François Mitterrand. L’ipotesi è che si tratti di un omicidio: negli ambienti intellettuali e politici, nessuno è al di sopra di ogni sospetto. È così che ha inizio la spericolata e avvincente ricerca della verità da parte del commissario Bayard, incaricato del caso, e di Simon, un giovane studente “reclutato” da Bayard per sfruttare le sue conoscenze nel mondo universitario. Insieme, incontreranno il presidente Giscard all’Eliseo, Foucault tra lezioni in aula e saune per omosessuali, Bernard-Henri Lévy alle prese con donne da sedurre e anziani colleghi da onorare, e si imbatteranno nei nuovi membri di una società segreta in cui, alla fine di ogni sfida, al perdente viene tagliato un dito. Seguendo la pista di un intrigo internazionale che vede affrontarsi spie bulgare, russe e giapponesi, Bayard e Simon arriveranno a Bologna, dove incroceranno Umberto Eco, Michelangelo Antonioni e Monica Vitti. Sfioreranno persino la bomba alla stazione, prima di partire di nuovo e attraversare l’Atlantico alla ricerca di un documento misterioso che potrebbe risolvere il caso. In pochi mesi, Simon viene trascinato in più avventure di quelle che avrebbe mai immaginato di affrontare in tutta la vita: come in un romanzo, più che in un romanzo.
I due protagonisti sono una coppia apparentemente mal assortita: da un lato abbiamo Jacques Bayard, l’investigatore esperto e disincantato, abbastanza tipico, che ben presto, però, si rende conto di muoversi su un terreno a lui sconosciuto e che non fa mistero di detestare.
Dall’altro, abbiamo Simon Herzog, l’intellettuale brillante e un po’ sfigato (secondo gli standard dell’investigatore) che si trova suo malgrado ad affiancarlo e a guidarlo su quel terreno, dopo aver dato prova di grande acume (alla Sherlock Holmes, per intenderci) al Presidente Valéry Giscard d’Estaing in persona.
A questi si affiancano altri personaggi di fantasia minori e personaggi reali: politici e intellettuali che dominavano le rispettive scene, continentali e d’oltreoceano, negli anni ’80, che Binet si diverte a caratterizzare in modo alquanto improbabile.
Così, guidati da un narratore che non cerca in alcun modo di rendersi discreto, seguiamo Simon e il Commissario Bayard da Parigi a Bologna, fino a Ithaca (New York), passando per Venezia e Napoli, sulla pista di una fantomatica settima funzione del linguaggio e di tutti i personaggi che vorrebbero metterci le mani, impedendo al contempo agli altri di fare altrettanto.
Non certo una lettura da ombrellone, per così dire: in alcuni passaggi le citazioni colte sono veramente pesanti. Tuttavia la storia, vista nel suo insieme e senza la pretesa di essere presa sul serio, funziona, e funzionano i personaggi, se tali li consideriamo, anche quando si chiamano Umberto Eco.
Michela Alfano, ThrillerNord
La settima funzione del linguaggio – Laurent Binet
Traduttore: Anna Maria Lorusso
Editore: La nave di Teseo Collana: Oceani