Il colore viola – Alice Walker #AliceWalker #recensione #IlColoreViola

Il colore viola è un romanzo del 1982, considerato ormai un classico della letteratura nordamericana, grazie al quale l’autrice Alice Walker divenne la prima afroamericana a vincere un premio Pulitzer. E’ un libro tradotto in tutto il mondo, molto famoso anche per il film che Spielberg ne trasse due anni dopo la pubblicazione, il suo ottavo film, il primo non blockbuster della sua produzione. E’ un romanzo duro, controverso, moderno sotto molti aspetti, ricco di temi e significati: ambientato nella Georgia rurale dei primi del ‘900, racconta la storia di due sorelle, separate da bambine. La maggiore, Celie, nei primi quattro folgoranti paragrafi del libro viene stuprata appena quattordicenne dal padre, rimane incinta due volte, i neonati le vengono sottratti, probabilmente uccisi, e data in sposa a un vicino manesco e brutale. L’amatissima sorella Nettie scappa, appena adolescente, per salvarsi dallo stesso destino di Celie, senza più dare notizie di sè.

Celie, una donna povera, illetterata, a malapena libera dalla schiavitù razziale dei bianchi, ci racconta tutta la sua vita e i suoi dapprima inconsistenti e poi risoluti e decisivi tentativi di sfuggire alla brutalità e degradazione del suo matrimonio, e del rapporto di potere tra uomini e donne di colore. Seguiamo i suoi racconti per i successivi trent’anni, attraverso una serie di lettere che scrive, in preda alla solitudine e alla disperazione, indirizzandole a “Dio”, l’unica figura presente nella propria misera vita alla quale sente di poter parlare.

Devi difenderti, Celie, dice. Non posso litigare io al posto tuo. Devi difenderti.
Io non dico niente. Penso a Nettie, morta. Lei si è difesa, lei è scappata. Cosa ci ha guadagnato? Io non mi difendo, io faccio quello che mi dicono. Ma sono viva.

E’ un romanzo molto intenso, crudo, ricco di personaggi, particolarmente femminili, riusciti e splendidamente descritti, multidimensionali e credibili. La Walker costruisce un eccezionale lavoro di intreccio raccontando le storie di Celie e di alcune sue amiche e vicine, donne di colore oppresse da ignoranza, odio, mariti brutali e sessismo, portando alla luce importanti elementi di femminismo, sessualità, omosessualità e diritti civili. Le sue protagoniste sono donne che non sono più schiave, e vogliono essere indipendenti non solo dall’uomo bianco, ma dal dominio maschile in generale. Vengono picchiate e brutalizzate, non si abbattono, cercano di cambiare subendo in cambio odio e rabbia, e ricominciano la lotta, a volte da sole, ma sempre supportate silenziosamente dal gruppo unito delle altre donne. La stessa Celia attraverserà un cambiamento radicale incontrando figure femminili più emancipate e istruite che le daranno il coraggio di credere in sè stessa e quindi di imparare a farsi rispettare.

Il colore viola è anche un romanzo molto discusso per i suoi contenuti controversi da parte della comunità afroamericana, poichè quasi per la prima volta nella letteratura  i neri protagonisti non sono solo ingiustamente vittime (di violenze, razzismo, soprusi): molti degli uomini descritti dalla Walker sono brutali maschi sessisti, ignoranti e maneschi che trattano le donne come animali da soma. L’autrice confessò in seguito di aver passato il resto della sua vita dalla pubblicazione del libro a difendersi dalla comunità nera che la accusava per questi ritratti poco lusinghieri, quando per lei era evidente che non si poteva essere usciti da secoli di schiavitù e violenze senza portarne segni precisi di ignoranza, intolleranza, violenza di riflesso. Alcuni dei suoi personaggi maschi sono feroci, oppressivi, sessisti; le donne a volte così stanche dagli abusi subiti che non hanno istinto materno, dolcezza o pietà. Quasi tutti sono ignoranti, anche il linguaggio scelto per la scrittura fu criticato, perchè usa il cosiddetto “folk speech”, una lingua sgrammaticata e incolta, dato che “lo Standard English era la lingua studiata a scuola dagli oppressori. I miei nonni, i miei genitori e molti dei miei fratelli non poterono andare a scuola se non per pochi anni, studiare era un privilegio riservato ai bianchi, quindi usare la lingua dei bianchi non avrebbe reso giustizia alle loro storie”.

Si sveglia anche Harpo, trema tutto.
Accendo la lampada e resto vicino a lui, gli accarezzo la schiena.
Tutti dicono che io sono molto buona con i figli di Mr. ______. E’ vero, sono buona. Ma non sento niente per loro. Accarezzare la schiena di Harpo non è neanche come accarezzare un cane. E’ più come accarezzare un altro pezzo di legno. Non un albero vivo, un tavolo, un cassettone. Tanto nemmeno loro mi vogliono bene, anche se sono buona.

Come molti libri che vengono definiti seminali per qualche argomento, letto a più di trent’anni dalla pubblicazione ha qualche momento di stasi nella narrazione, se non di vera e propria noia, soprattutto dalla seconda metà, quando subentrano altri temi, in particolare il colonialismo e l’eredità della schiavitù nelle generazioni successive. Rimane comunque un libro molto importante che sono contenta di aver letto, perchè contiene un eccellente messaggio su femminismo e fede, potere della sorellanza femminile e importanza di essere indipendenti.

E poi è un libro che contiene davvero molta disperazione e tristezza, eppure ha dei personaggi indimenticabili che non puoi non amare, e rimarranno sempre con te.

Lorenza Inquisition

Sleeping beauties – Stephen King – Owen King #recensione #StephenKing

La morte ti cambia. A volte è un male. A volte un bene. In entrambi i casi, l’unica è mangiare una cazzo di braciola e tirare avanti.

“Due cuori son meglio di uno.” (Bruce Springsteen). Ma: due King sono meglio di uno solo (e che uno, il Re?) No.

Però. Due King sono meglio di niente King. E come diceva mia nonna, Pütost che nienta, l’è mei pütost.

Sleeping beauties è un buon libro, che mi è piaciuto anche se non l’ho amato di vero amore. Ha un messaggio molto importante che va letto e macinato, da tutti ma soprattutto dalle donne, e quindi lo consiglio e consiglierò a tutte, anche a quelle che hanno un poco paura di King perchè scrive cose horror (ma questo non è il caso).

Se l’avesse scritto da solo il King prima maniera, ma anche seconda o terza, sarebbe venuto fuori un capolavoro. Ma oggi abbiamo questo King qui, settantenne che ha scritto col figlio un libro da un’idea del figlio per una serie TV che a breve verrà prodotta (e d’altra parte quando non), e non si può cambiare. Non è un capolavoro, ma non è nemmeno lontanamente brutto come la trilogia di Mr. Mercedes, e per questo già andiamo ad accendere ceri alla Madonna.

Probabilmente un giorno lo rileggerò pure, questo Sleeping Beauties, perchè come ripeto, ha un messaggio importante e una serie di riflessioni sostanziose sulle quali voglio ritornare; purtroppo lo stile è a volte un po’ meh e l’esecuzione un poco mah, quindi non c’è da strapparsi i capelli gridando al miracolo, ma proprio penniente.

Quando si parla di un romanzo scritto a quattro mani, riferito a un autore che si ama molto, è normale chiedersi dove queste altre “due mani” saranno andate a finire, se sarà evidente cosa ha scritto King o se sarà tutto un colossale papacchione padre/figlio; con certezza, ovviamente, non è possibile dirlo. Però, so con certezza dove il Re è presente, perchè quando è lui è lui ed è lui: e quindi quando arrivano i topi, quando entriamo nell’Altro Mondo, quando una certa protagonista levita sulla branda con quel certo je ne sais quoi à la Randall Flagg. Questo è bello e soddisfacente, per la lettura; purtroppo non vedo il Re dove avrei voluto vederlo, per esempio nel momento in cui caratterizzare la miriade di personaggi che intasano il racconto.  Per me, il vero difetto di Sleeping beauties è che è troppo corto; è un libro di 700 pagine, ma per come avrebbe potuto scriverlo King, che parte pennellando persone e animali e poi mondi, galassie, universi, lasciandoti senza fiato, con le gambe che cedono, l’affanno, la tachicardia, la voglia di piangere per tanta bellezza, ti fa ridere e ti sbatte contro il muro, con la proprietà di linguaggio più affilata e puntuale dell’universo creato, eh, per quello, qui mancano almeno duecento pagine. Oppure, volendo, possiamo anche dire che è un libro troppo lungo, che non riesce comunque a caratterizzare bene come dovrebbe. Credo che sia l’unico libro di Stephen King, forse con l’eccezione di The dome, in cui c’è un elenco personaggi all’inizio; e questo, per un romanzo, vuol dire solo una cosa: se ci sono così tanti soggetti che ha bisogno di un indice, significa che l’editore stesso pensa che i lettori non sarebbero in grado di capire di chi si parla, chi fa cosa, chi ha detto quello e quando e a chi. Trame fitte di personaggi che sbucano da ogni dove non sono una novità, per King padre. Qui purtroppo il famoso indice serve eccome, e ahimè, rimane tutto un arrancare per la prima parte del parte del romanzo, fin verso la metà, senza avere idea di chi siano la maggior parte delle persone coinvolte, e quel che è peggio, molte le ritrovi verso la fine continuando a non avere idea di chi siano. Non ti rimangono in testa, non spiccano, non le riconosci, non ti parlano. E questo è un grande, brutto difetto di questo libro.

Detto ciò, tutta la negatività di cui dovevo parlarvi per Sleeping Beauties finisce qui, per fortuna. La storia prende, e ha un che di onirico surreale da fiaba nera: un virus pandemico nomato Aurora che si stende sul mondo un bel giorno, contagiando tutta la popolazione umana di genere femminile, che cade in un sonno profondo senza risveglio, come la principessa della fiaba. Non ci sono medicine, e non si risvegliano, anche se non sono morte. Gli uomini, i maschi, reagiscono come possono (generalmente male), scoppiano insurrezioni, disastri, scenari di guerriglia urbana. Nel frattempo le donne si risvegliano in un Altro Mondo, un aldilà, un mondo sottosopra, volendo, dove gli uomini non esistono, almeno finchè i bambini che alcune di loro portano in grembo non saranno nati, e scoprono di poter fare tante cose. Per esempio, creare un mondo migliore, allevando uomini migliori, meno ottusi, meno insensibili e grezzi a causa della società patriarcale che è stata l’unica organizzazione sociale che per millenni hanno avuto come riferimento, in cui il maschio domina, e la donna è proprietà. Proviamo, per esempio, putacaso, ad allevare per centinaia di anni dei maschi in un regime matriarcale. Vediamo che succede. Il tema fondamentale di Sleeping beauties è questo: tutti gli esseri umani sono fallaci e imperfetti. Ma qualcuno, per citare zio Orwell, è più imperfetto di altri, e se questo qualcuno ha i muscoli e per millenni è stato il genere dominante, ed è arrivato ai giorni nostri convinto che una sberla qui, un sopruso sessista là, e tutto è giusto e regolare nel mondo no, forse è meglio fermarci. Riproviamoci. Le donne, ci dice il dinamico duo king&King, non sono necessariamente senza peccato originale, ma il mondo dove vivono è violento e maschilista, si picchia, si uccide, si lascia governare il testosterone, forse è proprio da buttare. Lo buttiamo? Riproviamo nell’Altro Mondo, a fare qualcosa di meglio? O ci teniamo questo, e proviamo a cambiare qualcosa nella mentalità maschile? La scelta, in Sleeping beauties, viene fatta: quale sia, lo scoprirete a fine libro.

C’erano donne cattive e uomini cattivi; se esisteva qualcuno con il pieno diritto di affermarlo, quel qualcuno era Lila, che aveva arrestato parecchi di entrambi. Ma gli uomini si battevano e uccidevano di più. Ecco perché non c’era mai stata parità. I due sessi non erano pericolosi allo stesso modo.

Sleeping Beauties è un romanzo poco horror e un po’ supernatural, con qualche ammazzamento violento e un racconto un poco dark, un ibrido tra un romanzo apocalittico e una puntata di Ai confini della realtà. I King lo usano per veicolare una serie di loro opinioni e riflessioni politiche; questo ha creato nei fan americani una serie di scenari brutti di indigniazione che non sia mai che uno scrittore si metta a criticare nel suo libro la grande madre amerika. A me non ha dato fastidio: oltre a quello femminista, Sleeping beauties affronta su diversi piani e con una serie di riferimenti e battute molti aspetti dell’America di oggi: innanzitutto Donaldone Trump, poi le fake news (ribattezzate “false” news), la diffusione incontrollata di armi, e anche la questione della violenza razziale, più una serie di problemi sociali, che vanno dal bullismo a scuola alla dipendenza da droghe, dalla violenza domestica all’alcolismo in zone rurali disagiate e impoverite.

Lo consiglio, in sostanza? Sì. Se non avete mai letto il Re, però, ovviamente, non cominciate da qui. E’ come ascoltare Dylan per la prima volta partendo dall’album di Natale (che, per carità).

Baci.

Lorenza Inquisition

Sono un perdente, pensò. Beck deve avere composto la sua famosa canzone con me in testa. Eravamo tre contro uno, ma in ogni caso sono il re degli sfigati. Cominciò a zoppicare verso casa, perché la casa è il posto dove ritorni quando sei ferito e malconcio.