Acqua nera – Joyce Carol Oates #JoyceCarolOates #AcquaNera #recensione

La Toyota a noleggio, guidata con impaziente esuberanza dal Senatore, filava lungo la strada sterrata senza nome, imboccando le curve con vertiginose sbandate, strisciando sul terreno, poi, all’improvviso, uscì chissà come di strada per finire nell’impetuosa acqua nera dove, inclinata sul lato destro, affondò rapidamente.
Devo morire?… così?

Il 18 luglio 1969 l’allora senatore Ted Kennedy perdeva il controllo della sua auto sulla quale viaggiava con la sua segretaria Mary Jo Kopechne. L’auto finì in un canale, il senatore si salvò, la ventottenne segretaria rimase intrappolata a morire in attesa dell’arrivo dei soccorsi che furono mandati non appena il senatore avvertì le autorità, circa 10 ore dopo.
Da questo drammatico fatto di cronaca Joyce Carol Oates parte per raccontare la fine di Kelly Kelleher, alter ego della povera segretaria, e del suo personale dramma nel momento in cui l’auto attraversa il nero specchio d’acqua dell’ Indian River. Il passato ed il futuro si impastano nel presente, dal pensiero di Kelly scopriremo tutta la storia, tutti gli eventi che l’hanno portata a quel momento fatale vengono rivisti, ancora ed ancora, eternamente presenti, Kelly si ferma in quell’attimo per sempre, aspettando invano l’intervento del senatore che nel frattempo si preoccupa di sistemare le cose ed evitare lo scandalo.

Ho appena finito di leggere un altro libro dell’immensa Oates, ACQUA NERA” ed. Anabasi. Io aggiungerei il personale sottotitolo “Cronaca della morte di una Donna“. A caldo ho scritto quello che ne pensavo, sperando che a qualcuno venga voglia di leggerlo. E’ breve e claustrofobico, uno dei libri preferiti, giustamente, da Fernanda Pivano.

Ingenua, insicura, borghese ed istruita, impegnata, pulita, educata. Per l’anagrafe: Elizabeth Anne Kelleher; per tutti noi: Kelly, la protagonista di questo libro. Joyce Carol Oates vuol dare a questa ragazza, morta in un incidente d’auto subìto, l’importanza che la cronaca reale non le ha dato. Per tutti, per i giornali, la definizione semplice che la inquadra nella morte è “la segretaria di…“, perchè sono impegnati a ricordare l’episodio, solo per l’altro protagonista dell’incidente stesso, maschio, famoso e potente e… cristo santo: illeso! Niente meno che un Kennedy,  (Ted). Ma per Kelly che sta per morire, per Carol Joyce, per me e tanti lettori e lettrici, qui soltanto il senatore. Un omuncolo, che messo alla prova di umanità, si rivela piccolo, vile, cinico, freddo, egoista. Tale e quale a quegli occhi azzurri intensi, “come vetro colorato, con niente dietro”. L’autrice è impietosa con lui, ma in fondo,  come potrebbe non esserlo? Da una parte, a ondate ci fa rivivere i flashback che la mente sofferente della vittima, fa della sua vita. Kelly, eccelsa in nulla, una normale, brava ragazza americana, come tante, che crede, dopo una batosta subita da un altro uomo più grande, che per una volta la fortuna girerà a suo favore.

“Povero Scorpione, così facile da ferire. Così facile da dissuadere… quando il suo amico l’aveva amata lei era bella. Quand’era bella il suo amico l’aveva amata”.

La sua colpa (non lo è, in realtà. Ma penso che la Oates rifletta sul suo puritano Paese e faccia dire a Kelly molte parole per giustificare la sua presenza accanto a quest’uomo nell’ultimo giorno della sua vita, a genitori, amici e spettatori) averci creduto, aver seguito senza una ragione avrebbe detto De Andrè, un uomo, sostanzialmente a lei sconosciuto, “conoscenti freschi, freschi, il che equivale ad essere estranei”, ma potentissimo e famoso, che al momento dell’incidente però fugge e non le presta soccorso, lasciandola agonizzante in quelle acque nere, preoccupato solo di ripulirsi, con scuse e bugie che coprano il possibile scandalo. Con un cognome altisonante, ma inchiodato dalla scena principe del libro dalla Oates, che a futura memoria, ci descrive quest’uomo che, per crudele contrappasso, ripetutamente definisce SCONOSCIUTO, scappa dall’incidente. L’autrice sembra voler dar giustizia e vendicare la memoria della povera ragazza, aggrappata ancora alla gamba del senatore, nella speranza di uscire dalla trappola di una macchina impantanata nello stagno, ricevendo, in cambio, dei calci scomposti. Quell’uomo, in TV così carismatico, (“che parola stupida”), che parlava con Kelly e i suoi amici “come fossero” suoi pari, quell’uomo che ha scelto, dopo un po’ di birre, proprio lei, baciandola, per quel piccolo viaggio che la morte ha interrotto. Mosso, come talvolta fanno gli uomini, dal “bisogno di vedere, di sentire quella piccola fitta di dolore nei vostri occhi (di donne)”; negli occhi della povera piccola Kelly, il cui cuore assurdamente perse un battito e il cui volto s’infiammò nel sentire che il senatore in persona l’aveva chiamata per nome, così disinvoltamente, così intimamente, come se mi conoscesse, come se provasse affetto per me. Kelly chenon può credere che lui si sia allontanato e l’abbia lasciata lì (a chiedere aiuto naturalmente) a morire da sola (Ma lui non le aveva forse promesso? sì. Ma lui non l’aveva forse abbracciata, baciata? sì…nessun dolore! nessun dolore!), mentre l’acqua nera filtra in quello spazio che la racchiude come un utero…acqua che puzzava di fogna, di benzina, di gasolio, della sua stessa urina, il cervello stesso stava imbarcando acqua sporca: lui l’aveva colpita, è vero, con dei calci, ma era panico. Lei lo capiva. Aveva fiducia.
Di questo parla la Oates: del tradimento della fiducia, di quanto ti faccia scendere lì, in quel buco nero, quando lo subisci, incapace fino alla fine di accettarlo come possibile, come un bimbo che supplica: “Aiutami. Non dimenticarmi. Sono qui.”

“Mentre l’acqua nera le riempiva i polmoni e lei moriva.”

Terribile. Bellissimo.

Alessandra Gianardi

1984 – George Orwell #1984 #GeorgeOrwell

LA GUERRA È PACE.
LA LIBERTA’ È SCHIAVITU’.
L’IGNORANZA È FORZA.

orwell-1984-propaganda

Quando si arriva a non distinguere più il bene dal male e il vero dal falso, quando non sai più nemmeno se tu stesso sei reale oppure immaginario, quando dubiti delle tue stesse parole e dei tuoi stessi pensieri, quando non hai più memoria del passato, allora ecco che il totalitarismo ha sconfitto l’umanità e l’umano. Missione compiuta.
Questo non è solo un romanzo profetico, come sempre abbiamo detto, è un romanzo scritto da una persona che il totalitarismo lo ha vissuto sulla sua pelle, quindi è uno sguardo nel passato e nel presente, è un libro critico sul presente dell’autore, e, solo dopo, un ammonimento severo al futuro.
Ecco che allora preservare la memoria, conservare la lingua originaria, così come l’arte, la scrittura, la cultura, divengono obblighi per chiunque tenga alla libertà.

«Egli era un fantasma isolato, che proclamava una verità che nessuno avrebbe mai udito, ma finché avesse continuato a proclamarla, in un qualche misterioso modo l’umana catena non si sarebbe spezzata. Non era facendosi udire che si salvaguardava il retaggio degli uomini, ma conservando la propria integrità mentale. Tornò al tavolo, intinse la penna nell’inchiostro e scrisse:
Al futuro o al passato, a un tempo in cui il pensiero sia libero, gli uomini siano gli uni diversi dagli altri e non vivano in solitudine… a un tempo in cui la verità esista e non sia possibile disfare ciò che è stato fatto. »

Se verranno distrutte o occultate o modificate le parole, sarà la morte della letteratura, sarà la morte del pensiero libero. Senza pensiero non esiste lettera. Più riduci la capacità di linguaggio, più riduci la capacità di esprimere un concetto e un giudizio, la capacità di riflettere e dunque di agire in conseguenza a quella riflessione.

« Chi controlla il passato controlla il futuro.
Chi controlla il presente controlla il passato. »

Esisterà il bispensiero, la capacità di sostenere due verità opposte tra loro, considerandole entrambe possibili, entrambe sostenibili allo stesso momento.
2+2 farà 4, ma anche 5, se il Grande Fratello deciderà che sia così.

«Il potere non è un mezzo, è un fine. Non si stabilisce una dittatura nell’intento di salvaguardare una rivoluzione; ma si fa una rivoluzione nell’intento di stabilire una dittatura. Il fine della persecuzione è la persecuzione. Il fine della tortura è la tortura. Il fine del potere è il potere. Sapere e non sapere; credere fermamente di dire verità sacrosante mentre si pronunciavano le menzogne più artefatte; ritenere contemporaneamente valide due opinioni che si annullano a vicenda; sapendole contraddittorie fra di loro e tuttavia credendo in entrambe, fare uso della logica contro la logica; rinnegare la morale propria nell’atto di rivendicarla; credere che la democrazia sia impossibile e nello stesso tempo vedere nel Partito l’unico suo garante; dimenticare tutto ciò che era necessario dimenticare ma, all’occorrenza, essere pronti a richiamarlo alla memoria, per poi eventualmente dimenticarlo di nuovo. Soprattutto, saper applicare il medesimo procedimento al procedimento stesso. Era questa, la sottigliezza estrema: essere pienamente consapevoli nell’indurre l’inconsapevolezza e diventare poi inconsapevoli della pratica ipnotica che avevate appena posto in atto. Anche la sola comprensione della parola “bispensiero” ne implicava l’utilizzazione.»

Orwell si scaglia contro la politica, che detiene ogni leva del potere. Ma si scaglia soprattutto contro l’Idea di un Cosmo Ideale, da qualunque parte politica arrivi questa proposta. Il Mondo Ideale presuppone libertà per tutti, desideri realizzati per tutti. Ma, nella realtà, si verifica solo un mondo prigioniero, incatenato, un mondo dove ogni aspirazione dell’individuo deve essere cancellata e piegata al volere del Potere dello Stato. Lo Stato immutabile per sempre, l’individuo schiavo e finalizzato al solo mantenimento della stabilità del Potere dello Stato. Non c’è più nemmeno un confronto col passato, il passato viene del tutto cancellato, esiste solo questo presente, e solo a questo si può fare riferimento, non puoi fare paragoni e pensare che prima si stava meglio, perchè il prima, semplicemente e terribilmente, non esiste più.

Non c’è la minima speranza, qui. La speranza è morta, vaporizzata, per essere più coerenti col testo.

Non siamo più ne La fattoria degli animali, dura allegoria, ma pur sempre allegoria, e non del tutto chiusa alla speranza di un cambiamento. No, qui siamo all’angoscia totale, alla chiusura di ogni spiraglio, i protagonisti del romanzo sanno cosa li attende ben prima che questo si verifichi, sanno che falliranno. Conoscono la storia dal primo momento, sanno che tutto quel che vivono è dittatura, sanno che si ribelleranno, sanno che saranno piegati. Ed è questo il vero simbolo della sconfitta.

Pochi altri libri sembrano darti la stessa pesante sensazione di soffocamento.

«Dovevate vivere (e di fatto vivevate, in virtù di quell’abitudine che diventa istinto) presupponendo che qualsiasi rumore da voi prodotto venisse ascoltato e qualsiasi movimento — che non fosse fatto al buio — attentamente scrutato.
Prese dalla tasca una moneta da venticinque centesimi. Anche qui, in caratteri chiari e netti, erano incisi gli stessi slogan. Sul rovescio, la testa del Grande Fratello, i cui occhi anche qui parevano seguirvi. E lo stesso valeva per i francobolli, le copertine dei libri, gli stendardi, i manifesti, i pacchetti di sigarette. Quegli occhi vi seguivano ovunque e ovunque vi avvolgeva la stessa voce. Nella veglia o nel sonno, al lavoro o a tavola, in casa o fuori, a letto o in bagno, non c’era scampo. Nulla vi apparteneva, se non quei pochi centimetri cubi che avevate dentro il cranio. »

L’unico vero ed ultimo baluardo al trionfo del Male resta sempre la Letteratura.
La traduzione in “Neolingua” dei classici come Shakespeare, Dickens, Byron resterà il compito più difficile da parte del Regime, quello che richiederà più sforzo e più tempo. Fino ad allora la Dittatura non potrà ancora dire di aver vinto.

Musica: 2+2=5, Radiohead
https://youtu.be/Oz7d6IL2cYc

Carlo Mars